Davide Bonacini
Da lontano le maree verderame lucidavano
L’oro carico di frutti dalla buccia sottile
Fra le braccia di flutti spumosi del re dei giovani oceani.
Ce ne stavamo in disparte a pascolare formiche e cicale
E le onde sciacquavano le ombre che ci tenevano
Legati in sudari impauriti e muti,corpi svenduti
Ad alghe salate e putrescenti.
Non era il colore avido e ribollente
Del cielo mare dal ventre gravido di stelle soli.
Noi sempre soli abbracciavamo le messi
Di grano nero di silenzio scostante.
Le nostre montagne bevevano neve nutrimento accecato
Di bianco senza meta.
Noi,metà seta e metà tela grezza di canapa rattorta.
Noi,da pagine di cellulosa di candido carminio venate.
Noi,che rivoltammo l’estate in grumi nodosi di gelo.
Noi,dai veli sfrangiati,impudicamente svelati e mai salvati.
Noi,dalle ombre oblique di granchio a cacciare parole in fuga sudata.
Noi,che da lassù non verdeggiava affatto la brulla vallata
Noi, la strada di sale da solcare a piedi nudi,serpe di polvere contorta.
Noi,oltre la porta su vestiboli di marmo e carta.
Noi,nere pupille intrecciate.
Noi sfiniti,ebbri di calici di vino rosso e fiele.
Noi, annegati nel miele.
Noi, prima del poi ancora eroi cavalieri d’amore.
E si tuffò il mare dalla scogliera nel segno solcato
D’alba stinta in sera lattea di nebbia ingoiata.
Noi, amata notte incatramata e disarmata.
9-2-11