Non penso mai di essere arrivato, anche se sono alla fine del viaggio. Ho preso una strada lontana dalle vette ma fatta di domande e che mi porta giù verso una casa, a quell’altra terra. So che la mia carne intaccata dai morsi è scampata alla frenesia dei pesci dentro la ruggine delle chiglie… Ma me li sono lasciati dietro nel mio cammino e così è andata col vino e col pane Non li ho mai divisi con la sconfitta né con la fame Me li sono lasciati dietro nel mio cammino. Non penso mai di essere arrivato, anche se un segno d’amore e di benvenuto mi attraggono verso casa Gli usurpatori brindano nella mia coppa ogni banchetto un’ultima cena
Traduzione diLuigi Sampietro
Poesia n. 313 Marzo 2016 Wole Solyinka. La furia del dio del ferro a cura di Luigi Sampietro
(per Julius Nyerere) Il sudore non è un tributo ma è il lievito Che si affida alla terra. La terra florida non chiede Che sulla terra si fatichi per renderle omaggio. Il sudore è il lievito della terra e non un tributo Che si deve a una divinità barricata in una fortezza. Sono le mani nere della tua terra Che liberano le speranze dalle catene Messaggere di morte, dall’inbreeding Di dogmanoidi più mortiferi della Morte, Insaziabili predatori di carne umana. Il sudore è lievito, pane, Ujamaa Pane della terra, per la terra Dalla terra. La terra è tutta la gente.
Traduzione diLuigi Sampietro
Poesia n. 313 Marzo 2016 Wole Solyinka. La furia del dio del ferro a cura di Paolo Statuti e Antonio Sagredo
Non nascondete le cicatrici Nella distilleria dove si spilla il sangue ho sentito un odore famigliare di narcotici Non nascondete le cicatrici Il nostro comune rizoma di carne quando lo si calpesta dentro la terra si attrezza contro la morte e tutto bardato si lancia in direzione del sole se non altro per il timore di scoprire che il guscio è vuoto e che lo stelo degli ultimi germogli affonda in un nulla di contraffazioni Non strappate la pelle della terra per coprire i tagli della pelle del tamburo Non nascondetevi sotto una crosta trasformando il dolore nel lamento a mezza bocca di un pagliaccio con le bende dipinte sulla maschera e la gola secca per mancanza di bile, un cuore di pezza e il ghigno di un teschio che cerca di aggirare la severità dell’esorcismo. Le pitture non durano. E voi lasciate che a seguire un cuore che pulsa come un pezzo di legno siano quelli che vanno dietro all’ultima onda.
Traduzione diLuigi Sampietro
Poesia n. 313 Marzo 2016 Wole Solyinka. La furia del dio del ferro a cura di Paolo Statuti e Antonio Sagredo
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