Nell’ordine delle cose ci sono i pomeriggi e le sere di vento, la casa vuota, la voce al telefono, frasi che andrebbero dimenticate e che ritornano come una febbre leggera sotto alla pelle, alle cinque: un aria appena più densa, qualcosa che riaffiora dal vano sulla soglia. Ma dimmi, cosa importa dei rimpianti? di sotto all’apparenza e alle occasioni c’è solo il lento passare del tempo: gli strappi ce li siamo immaginati, gli sguardi dati e le ultime volte, messi sui giorni come trasferelli, si staccheranno lenti E con grazia la melodia del sintetizzatore suona ogni volta, ma senza rancore, la sigla del game over nel tuo gioco.
Quando il cielo ci pesa come un giorno di troppo e la pioggia cancella coi suoi fili taglienti l’orizzonte disperso nel silenzio dell’aria e la vita ci lascia solo un aspro rimorso allora non fai più poesie, canzoni. Quando piangi nel sonno senza averne ricordo quando l’alba che porta la routine dei saluti sembra un mare di acciaio o di freddo mercurio, sterminato e deserto, sempre uguale a sé stesso allora non fai più poesie, canzoni. Quando il tuo desiderio prende strade diverse, ma di quelle tu adesso non ricordi più il nome; quando l’ansia del vuoto come piombo avvelena la rovina mostruosa delle cose e del tempo allora non fai più poesie, canzoni. Quando anche il dolore è una nausea senz’occhi, senza nere bandiere, senza funebri onori, la corrente trascina piatte nuvole grigie lungo nastri di ore che riavvolgi in silenzio allora non fai più poesie, canzoni. Quanto poi il fallimento o la disillusione ci divora il respiro e ci spenge lo sguardo come fiocchi di ghiaccio in un vento violento, come un’eco che brucia ogni volta più forte allora non fai più poesie, canzoni. (Adesso una malinconia sottile, Esile come Una pioggia estiva che ha il colore di uno sguardo ostile, confonde giorni grigi senza nome e senza storia senza calendario) (diesel in sosta coi motori accesi, musica pop dentro ai bar-latteria, fumo azzurrino e bassa pressione) (tristezza senza altrove, nebbia vela tutto l’orizzonte e le colline) (piombo tetraetile, biossido d’azoto, musica melodica italiana giro di do e di NO2 per quell’erezione triste, ecco cos’era) (la finta rossa di bologna intanto legge assorta sull’autobus astra e getta sguardi di attesa assonnata un po’ al futuro un po’ alla fermata)
Dopo c’è l’aria fresca della sera: intorno sembra tutto rarefatto, distratto dalla gravità leggera fra le nebulose dei desideri, spazi esterni al di fuori di noi, costellazioni estranee sconosciute, galassie lontane e nuovi orizzonti, soli lontani indifferenti e freddi. La musica cifrata delle pulsar, freddezza di gesti e di proporzioni che si ripetono in tempo E in spazio (bombe su Hanoi Baghdad e Belgrado), tracciano architetture e paesaggi come equazioni che rendono chiare le leggi, la p del desiderio capitale: vuoi esaurire i futuri per essere eterno come un deserto di ripetizioni senza un inizio o una fine: ma tu non fermarti / gioca gioca dai… (vuoi vivere per sempre? Per davvero?) Un giorno mi cercherai, ti dirai è ora che tu venga, ma ormai sarò passato come una stagione che declina anche se noi e il clima non vogliamo quando il sole cambia posto attraverso il cielo. Ma importa se moriamo tutti e uno dopo l’altro? È silenziosa e non ha nome né colore Questa guerra che urla e si combatte dentro Che cresce e che attraversa tutti noi negli anni. È grigia e fredda, E non fa rumore quando Spazza le strade e le stanze, I mesi e le ore, I nostri soggiorni E i bui disimpegni, I living Room e gli Appartamenti, Ognuno da solo, Le sale vuote d’attesa, Le nostre stagioni E quelle morte,Le nostre stazioni (e il restare) Riempite di spazio, E sempre più povere e vuote «ridicolo pensare che l’amore possa rispondere all’amore la gente muore intorno tutto qui» One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville,Forever Young
Morti e ferite non hanno pietà: un tempo l’oro, il colore dei sogni, ora nemmeno il colore degli occhi cercati in fondo A sere su sere nel piccolissimo mondo dove io Sarò io, nei sotterranei Adolescenti di tormalina, di amaro rimorso… saremo come pioggia che trascorre lasciando che la notte ci catturi non avremo più paura, perché è questo il terribile calcolo differenziale e molto più duro delle algebre vaghe del nostro bisogno. Ma importa se moriamo tutti e uno dopo l’altro? Significa avere risposto di sì anche solo averti ascoltato, domanda distante che vieni dietro l’azzurro crinale del tempo trascorso, sapore di vicino e di lontano, di vento di febbraio e dell’odore delle costellazioni A venire, profumo insieme di assenza e presenza. Sei l’onda di vento sull’orlo di stelle del tetto tu voce uguale all’indaco nell’occhio (la poesia che torna da quel passato, storie che noi viviamo, che viviamo tutti), sei mille persone, nessun segreto ma quello che sei è il nostro respiro il centro di tutte le nostre pupille: disegnerai dentro il blu la mia via? Se allora resterà di noi qualcosa, del mezzogiorno All’ombra dei pioppi passato insieme davanti alla scuola, dei giorni sotto Al sole di maggio, gramigna a boccate, pianto negli occhi, le frenesie di Alma venùs, le feste del pomeriggio, le sere d’estate vendicate dal tramonto (l’amore infinito un altro futuro), che sia almeno la sabbia sottile di queste giornate, un loess di semi che l’austro si porti lontano. explicit (fading): It’s so hard to get old without a cause I don’t want to perish like a fading horse Years like diamonds in the sun And diamonds are forever So many advantages given up today So many songs we forgot to play So many dreams swinging out of the blue Oh let it come true Oh let it come true Chorus… Solo… Chorus… One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville,Forever Young
Cos’era a mutare Il piombo in quegli anni (ma in cosa) quale alchimia, necromantico rito segreto formula cieca, rondò new romantic del cuore (due saranno uno solo E uno poi nulla), per essere ancora di nuovo E sempre rinati e giovani tutti nel mondo che è piccolo e grande? Il mondo, sai, adesso assomiglia già a te / volerò nella tua radio / Olimpo hollywood / Ali grandi cielo energia pensiero / respira aria cosmica luce (black-out) dopo il buio / E missili (cruise) battiti nuove frontiere coraggio / Arriva la grande novità / la nuova era il tempo delle macchine ormai non puoi più farci niente è già qui il mondo che vuoi tu / ed è il miracolo di elettronica e lampi di blu per noi che siamo giovani / per noi che siamo automatic Kids superboy non devi aver paura / gioca gioca dai / tra le stelle nel cielo infinito Festa di piccole luci, di pixel, vaghi riflessi perduti nel buio, soltanto Impressioni di noi stessi di scorcio nei tornanti del passato, frammenti luccicanti di paesaggio,codici di centinaia di computer, granelli di sabbia su mille spiagge,destino taciturno che si evolve intorno a noi, Amaro movimento, acrobatica decomposizione, rovina tranquilla che ci accomunanelle macerie del cielo, nei vuoti fragili epigrammi di caligine: balza cento volte In un’attesa, danza negli angoli dell’allegria,non muore mai resta una scia fumosa davanti agli occhi per tutto il giorno nell’insistente vacuità del cielo; mette a nudo la nostra debolezzae l’incapacità di un equilibrio (che ci disperde e scioglie nel tramonto). One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool songper Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville,Forever Young
L’età dell’oro, la flebile arcadia era una festa di sangue, Il cui ricordo non si sotterra, Il caldo odore vischioso che hanno le macellerie d’estate, sporco milione di mosche che tornano sempre. Cent’anni E cento milioni si sono Estinti negli ultimi venti E cinque con l’urlo di tutte le voci dei morti nel pianto del puer divinus che nasce e rinasce (et iam redit virgo) forever young: come piante che crescono sulla carogna portando con sé il cimitero nel bel ritornello della lacuna, il sapore del verme e di Ossa, la muffa, la fine nascosta In fondo alla svista, tutte le volte che ancora morranno I morti. dentro alla festa E dietro alle luci c’è sempre la voce grigia Aggrappata al muro, le cagne del rimorso, la vergogna: altri protegge una notte in cui nulla si compie, il mio passato è un fiume avvelenato. Il fiume portava nell’oscurità sostituendo a vivide immagini i gorghi di luce di ogni passato, gli scorci risolti in vastità fumose, le porte chiuse e dimenticate; poi si cammina per giorni interi immersi nel sangue fino al ginocchio e cento volte uccidendo l’occhio nel grido inumano, nel lampo incessante, nel pianto e nello stridore urbano. Luci spossate scalano il buio nell’esile dolore della pioggia e nel crepuscolo dell’orizzonte gettò un grido rosso sull’orizzonte un cielo ormai tutto violetto, forse una volta un bacio perfetto ora piuttosto sorriso smagliante appena intuito all’orlo di spazi attraversati come un diamante dai cento anni di sangue scarlatto (come il tramonto e la rabbia dentro) One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville, Forever Young
C’è così tanto da fare in questi alti palazzi, cento anni di sangue scarlatto tradotto in cristalli, brillanti scintille (diamanti) memoria (per sempre?), le ore costrette nel buio, un tempo il futuro fu una promessa, la vasta galassia che hai visto dal televisore b/n a portata di mano: bianco il rumore che dalla città ci sussurra e il panorama che taglia lo zero di un equatore sottile e incostante che ci avvicina, In ogni suo punto, tutti al bordo Insensibilmente Uguali; nero il riflesso di schermi Opachi E spenti piani lontani, ma tutti sfiorati dal fioco tocco di cariche inquiete, una tenue carezza, brivido Elettrostatico, Increspatura di un magnetismo rimasto sospeso. La linea del non c’è corre tra i tetti: non la vediamo troppo spesso dalla strada, ma si offre soltanto agli sguardi dai bordi e dall’alto, campione Omaggio di solitudini attente La luna calante brillava indifferente sulla danza dei tetti sotto al cielo (carte da gioco alla luce elettrica) ed il lampione sotto alla finestra illuminava un altro breve scorcio come il panorama dietro a un sorriso (o il tasto ingiallito di un pianoforte):dopo lo rivediamo nella strada nelle decorazioni natalizie, riso ironico che suggerisce che il passato non è mai passatoo che c’è un vuoto In ogni esperienza. Forse la nota gracchiata dalla radio nel fermo silenzio del pomeriggio, nell’occhio maligno tra foglia e foglia. Forse il silenzio delle tenebrose nubi sull’orizzonte dove prima c’era il sole; altri echi un feed-back biologico (o forse ipotesi non necessaria) One Hundred Years (Eine Berliner Kindheit) cool song per Georgia Lepore «just like the old days…» Let’s start in style, let’s dance for a while Heaven can wait we’re only watching the skies Hoping for the best, but expecting the worst Are you gonna drop the bomb or not? Alphaville, Forever Young
La piu grande biblioteca online di poesie in italiano