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Qual è la sinistra della parola / antologia, Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

Qual è la sinistra della parola,
come si muove nello spazio,
dove proietta la sua ombra
(ma può una parola fare ombra?),
come osservarne il retro
o poggiarla di scorcio?
Mi piacerebbe rendere in poesia
l’equivalente della prospettiva pittorica.
Dare ad un verso la profondità del coniglio
che scappa tra i campi e renderlo distante
mentre già si allontana da chi osserva
dirigendosi verso la cornice
sempre più piccolo
ma fermo tuttavia.
La campagna lo osserva,
e si dispone intorno all’animale,
al punto che la fugge.
Valerio Magrelli (Roma, 1957),da Nature e venature(Mondadori, 1987)
Esempio perfetto di metapoesia (vale a dire di testo che, dall’interno, s’interroga su natura e modalità del fare poesia), questo componimento comincia chiedendosi qual è la vera natura della parola: non un semplice medium comunicativo, va da sé, una zavorra atta solo a trasmettere un senso logico; ma un prisma ricco di sfaccettature e di implicazioni, capace di irradiare una polisemia di significati e di suggestioni, di suoni e di visioni. Che cosa prende forma dall’altra parte, rispetto alla “destra” dei referenti concreti? La parola occupa spazio, designa oggetti, dichiara sentimenti, ragiona: ma apre e crea anche una dimensione prospettica. E se è un corpo solido farà ombra, avrà un davanti e un dietro. Nel creare un mondo che non è solo realtà descrittiva, oggettivamente percepibile coi sensi comuni, la parola poetica può costruire una prospettiva pittorica, con la sua fisionomia multiforme e multanime, che fa interagire musica e pittura, logos e istinto drammatico-dialogico. Allora, se è vero che tutto il mondo che abitiamo è un sistema spettacolare, quasi al modo di un Truman show di massa (si pensi all’estetica attuale di selfie e messaggini), è vero anche che alla poesia è concesso di creare uno spicchio di mondo più autentico dell’esperienza vissuta e fuggitiva, un quadro di realtà strutturato da una”cornice”, in cui l’atto del nominare per esempio un coniglio in fuga lo sottrae all’illusorietà dell’istante effimero, per consegnarlo a una dimensione figurale dotata di profondità e prospettiva, perfetto fotogramma in miniatura. Anche il paesaggio circostante, allora, diventa cosa viva, “osserva” il suo piccolo abitatore e si dispone attorno a lui. E noi lettori siamo a nostra volta dentro il quadro, rassicurati da questa nuova profondità che ci avvolge, assicurandoci orientamento e direzione: e la parola che ci attraversa assicura solidità all’immagine, presenza e senso concreto, da toccare con mano, oltre che con vista e udito.
(Alberto Bertoni)

Ogni volto fotografato

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

Ogni volto fotografato
è un immagine bellica,
il punto di tangenza
tra l’aereo nemico e la nave
nell’attimo che precede l’esplosione.
Fermo nell’istantanea,
nel contatto flagrante tra due sguardi
immolato, ripreso
mentre le fiamme covano già
nella fusoliera crescendo
dentro i suoi tratti, vive
soltanto il tempo necessario
a compiere la missione del ricordo.

Valerio Magrelli

(Roma, 1957), daNature e venature(Mondadori, 1987)

Io sono ciò che manca

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

Io sono ciò che manca
dal mondo in cui vivo,
colui che tra tutti
non incontrerò mai.
Ruotando su me stesso ora coincido
con ciò che mi è sottratto.
Io sono la mia eclissi
la contumacia e la malinconia
l’oggetto geometrico
di cui sempre dovrò fare a meno.
Valerio Magrelli (Roma, 1957), da Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980)

Gian Mario Villalta consiglia “Parlano” di Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

C’è intorno una tale quiete che quasi si può udire
il tintinnare di un cucchiaino che cade in Finlandia
(I. Brodskij)

Ma perché sempre dietro la mia parete?
Sempre dietro, le voci, sempre
quando scende la notte iniziano
a parlare, latrano o addirittura credono
che sussurrare sia meglio. Mentre mi sento
questo filo d’aria fredda delle loro parole
che mi gela, che mi lega
e mi tormenta nel sonno.
Sempre dietro la mia parete. Ero
ai confini del circolo polare, e anche laggiù
una coppia piangeva nella sua stanza
oltre un muro trasparente, piangeva,
luminoso, tenero come la membrana
di un timpano, e io stavo lì vibrando
facevo da cassa armonica
alla loro storia. Fino a che, a casa mia,
hanno rifatto il tetto, le tubature,
la facciata, tutto, e battevano
ovunque, sopra, sotto, e battevano sempre
chiacchierando tra loro solo quando dormivo,
solo perché dormivo,
solo perché facessi da cassa armonica
alle loro storie.
Valerio Magrelli (Roma, 1957), da Esercizi di tiptologia (Mondadori, 1992)
Una epigrafe che mi è cara, per una poesia che ha ascendenze fonde nella tradizione italiana, dove non c’è solo il fulmineo ermetismo, ma si incontrano anche volute, festoni, spirali di pensieri collegati mirabilmente in poca ipotassi e molta paratassi: ricordiamo il Montale dell’Anguilla(a questo proposito, dello stesso Magrelli, si leggaChe la materia). Una poesia dove alla fine ci si trova in un altro posto, rispetto al luogo di partenza, dopo aver attraversato uno spazio che pareva ben delineato, avendo vagato al limite tra quello che è già esperienza nostra e quello che invece si apre all’inatteso, sorpresi di essere arrivati, in così poche righe, fin là.
Gian Mario Villalta

E gli altri?

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

Io sopporto ingiustizie dalla nascita,
a cominciare ovviamente dalla nascita.
Lo Stato che depreda, gli amici che tradiscono,
il nepotismo, le sopraffazioni fisiche
o burocratiche, ogni variante dell’illegalità,
e adesso anche il voto rubato per essere offerto al nemico!
Ma la roulotte è troppo.
Sequestrare la strada,
impormi con violenza un’andatura non mia,
occupare lo spazio di tutti solamente per sé:
questo è troppo.
Dov’è il rispetto per l’altro, per la sua libertà?
Come è possibile essere tanto indifferenti verso il prossimo?
IO, IO, IO, IO, IO, IO, IO, IO, IO, IO!
E’ un io che precede l’avvento dei mammiferi,
un io da rettili, da uccelli predatori.
No, la roulotte è troppo.
La roulotte è davvero troppo.
No, no: è davvero troppo,
la roulotte.
Nota. La roulotte è accettabile negli Usa, dove il sistema viario prevede carreggiate di due, tre o quattro corsie. Di conseguenza il buon senso vorrebbe che in Italia, per non incorrere nel reato di “occupazione di suolo pubblico”, a un veicolo simile fosse permesso circolare esclusivamente in autostrada.Ciò detto, restano due domande: a) Vorrà dire qualcosa il fatto che la prima caravan, con il nome diWohnauto(“casa viaggiante”), vide la luce in Germania, nel 1931? b) Esisterà un possibile rapporto fra la prepotente annessione del terreno comune da parte della roulotte privata (“Anschluß”), e il dato biografico secondo cui, prima di dedicarsi alla sua egoistica invenzione, l’ideatore, Arist Dethleffs, lavorasse a lungo, come addetto alle vendite, nella fabbrica di fruste del padre?
Valerio Magrelli (Roma, 1957)

Così si percorre la vita

Valerio Magrelli

Valerio Magrelli

 

Così si percorre la vita,
con l’ansia del commensale
tra portate che non arrivano.
Si mangia molto pane e si beve,
molto si conversa di favolosi cibi,
universi d’origano, foreste
d’inauditi sapori. È già tardi
e sul limitare del pasto
in un deserto di molliche dalle segrete forme
(e questo è un piede sinistro, si vede),
la nera morte araba ci congeda.
Valerio Magrelli (Roma, 1957), da Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1981)