Quella volta che hai trattenuto il sorriso per un tempo lungo, come un colore. Quella volta che lo hai tenuto nel viso prima della forma, prima del dolore che ne sagoma il contorno. Ci sono i parchi, le stagioni. Oggi sono due giorni che piove a dirotto. La terra fuori deve essere fradicia di cielo e ad ogni passo dovresti sentire un rumore. L’intrusione delle nuvole. La sagoma del sorriso. Cielo e viso sono sentieri. Tommaso Di Dio (Milano, 1982), da Favole (Transeuropa, 2009)
L’uomo teneva alzato il braccio davanti alla grande magnolia. Era una festa una ricorrenza del calendario civile italiano; e molti parlavano. L’uomo aveva ricevuto un fratello morto, un’esplosione grande che aveva spaccato il giudice Paolo faccia cemento e corpi, molti anni fa. Ciò che muore e ciò che non può morire, trovo scritto in un grande libro del passato. Ho sbagliato tutto. Invece ho sbagliato tutto, quell’uomo ripeteva e teneva il braccio alzato. Ciò che muore è ciò che muore; e soltanto qui ogni cosa sta compressa. Coagula caglia. Aspetta il punto vivo sangue tuo dove trapassa. Occorre che tu la rifaccia questa vita altrove. Tommaso Di Dio (Milano, 1982), inedito – consigliato da Tommaso Di Dio
Il giorno che s’avvera; da qualche parte nella mente l’erba, ogni singolo mattone che all’alba prende luce e presenza. Poi la salita lungo i boschi, la spianata la casa bassa e le poche finestre i vetri e l’opaco, la porta che si apre e sei cielo di sguardi dentro tutto questo sogno innocente. Ma dopo la notte c’è l’aria fredda e la scura discesa nella metropolitana; dopo arriva la catena regale degli abbracci gli sputi la cenere da scacciare via a viva forza. E lei è lì; prega storta e disancorata. Sempre lei balla cade offende, fa di tutto perché mai tu l’ameresti così come ora l’ami tua e di tutti, questa vita reale più ricca e sgualcita dal niente che non l’abbandona. Tommaso Di Dio (Milano, 1982), da Tua e di tutti (Lieto Colle – Pordenonelegge, 2014)
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