Archivi categoria: Sebastiano Aglieco

A prima lìttira

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Forsi, stu scantu
è na jastìma ‘nfracirùta ri tantu tempu
n’ùmmira senza raggia, lassàta a
stutàrisi rarrèri a ‘m muru
ri muffa e rina, e ora ti nnòmina
ti vuli canùsciri.
Jucàunu ‘n terra
– c’era n’aria ri mari, u piccirìddu
sintju na uci ca unciàva a stanza
‘n ciàuru ri rosi sicchi
na navi ‘mbriaca.
Effcomu focu
comu patri e matri.
Nun c’era chiù tempu prima ri ogni
eff, prima ri ogni zita.
La prima consonante
Forse, questa paura/è una maledizione infracidita da tanto tempo/un’ombra quieta/lasciata a spegnersi dietro a un muro/di muffa e sabbia, e ora ti chiama per nome/vuole conoscerti./Giocavano a terra/– c’era un’aria di mare/sentì una voce che gonfiava la stanza/un odore di rose secche/una nave ubriaca./Effcome fuoco/come padre e madre./Non c’era più tempo prima di ogni/eff, prima di ogni sposa.
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Matri njura

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Chiama ra ‘n fossu, nu ruppu ri
tammùru ca ‘nfùnnica u sancu
ti fa vèniri ri sciancu e i to
manu m’abbràncicunu.
Veni versu a mmia
ràpiti na strata nna l’occhi
nno chiantu scuru re ucchi.
Njura, comu ti visti, comu nun
ti chiancji; stiddàta.
I frazzi sèntunu u pisu
i nnomi s’ammùccunu cu chiama.
Chisti fùrunu i spadi: bestèmmji ca
‘ncùcciunu petra e celu.
Assisi, 27/03/2005
Madre nera
Chiama da un fosso, un groppo di/tamburo che sprofonda il sangue/giungi dal fianco e le tue/mani mi afferrano./Vienimi incontro/apriti una strada negli occhi/nel pianto scuro delle bocche./Nera, come ti vidi, come non/ti piansi, stellata./Le braccia sentono il peso/i nomi divorano chi chiama./Queste furono le spade: bestemmie che/spaccano pietra e cielo.
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Scrivo da questa altezza

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Scrivo da questa altezza
Binario 21, vertigine dei miei giorni.
Liberami, signore, da questi lacci
contempla il tempo mio tutto
nella vertigine e nella gola
spalancami negli occhi dei bambini
liberami di me, da me stesso
dalle mie parole.
Io volevo parole per tutte le cose
ma le cose, nutrite, morivano.
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Via degli Orti

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

I
Guardami, signora dei viandanti, dal
gradino della nostra notte buia!
Ho tanto camminato nella notte di
questo tempo, sconosciuto a me stesso
portando la mano al petto e
genuflesso per consolazione.
Le ho fermate tutte le parole
il peso che mi stringe le ginocchia
gli alberi posati e respirati
con l’animo leggero dei bambini.
Io ho questo soltanto: questo
peso che schiuma nella gola
la mano col seme degli alberi
i fiumi che si stringono al mio tempo.
A moltitudini giungo a te
e mostro il fango nelle scarpe
piccole rese delle bocche
qui, a distanza di anni
senza onore e senza timore
il fiato genuflesso della piccola preda.
Guardaci, guardaci
per sempre con lo sguardo buono
delle bestie, del bambino nel tuo
baratro, tendi le mani
risorgi nel gonfalone dell’amore
la più alta spina verticale.
Veniamo a te nella distanza
col tamburo lanciato nel sangue
nell’angolo in cui gli occhi
si fermano davanti al muro
e ricordano, e ritornano al corpo
pesato in grammi
disperdono, nel grande ventre
le prime parole tramandate
dimenticano il desiderio
l’orto fiorito dei giorni antelucani.
Ora del crepuscolo.
Fine della luce.
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Siate sereni e docili alla morte, tutto

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Siate sereni e docili alla morte, tutto
questo è per gli umiliati che non sanno
di un confine: essere nell’assenza dei bambini
come una consolazione. Non dicono
stringono le mani —malleoli, occhi
nella mia bocca annusano la tua morte
come i cani che si svegliano la notte.
Sanno del loro semplice potere
i Nominati, la prima volta che
veniamo, la prima volta che
ce ne andiamo. E mi stringono
nell’impazienza della resa
ti riconoscono al tatto, sputano il
latte della giornata. Siamo con te
dicono, non andartene oltre
lasciaci il pane, il rimprovero
le parole che ti dobbiamo.
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

Piove, piove, piove

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Piove, piove, piove
devo tornare a casa
fermare la tua immagine distanziata
in un colore freddo della non-memoria
dove tutto è contenuto in un altro tempo
un tempo più pulito e più sincero
riaperto alle mani
al mondo dei bambini.
Circondatela nello stare quieto e nella
misura, nel mondo piccolo delle
piccole voci, sicura, nell’affetto delle voci.
Circondatela stretta fra i limoni
le more selvagge delle strade
gli amati melograni
la granita al limone.
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

Nero Seppia

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

In questo paesaggio
rimangono due mani che vangano la terra
un albero gira ed è tutta la preghiera.
Vorrei essere semplice nel dire
come questo tuo parlare senza colore
l’inizio del segno, o solo la sua conclusione.
Gli uomini sono nel mezzo.
Qualcuno si è allontanato e
ci ha lasciati soli
i poeti rimangono in un cappotto
sono attenti, nella distanza delle mani.
Chi è necessario dice ciò che resta
e non vuole niente.


Sebastiano Aglieco (Sortino, 1961) da Giornata (Ed. La vita felice, 2003)

La mamma ha portato l’acqua, un dono

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

La mamma ha portato l’acqua, un dono
per le campagne, l’acqua nella sua bocca
dissetata. Senti? Un rosario ci accoglie
dalla distanza della casa per la pace nostra
perché tu possa ritrovare nello specchio di
Dio il viso delle origini, la dimenticanza
nel dono del battesimo; entrare nella
vita con la corona dei santi
il bianco virgineo delle pupille
un odore di fragola che presto dimentichiamo.
Ti porti questo canto alle porte
e sulla soglia della casa
non più dimenticata
non più ti perderai.
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

Il mastice sutura la tua bocca

Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco

Il mastice sutura la tua bocca
in questo silenzio abissale delle bocche
ma io rimango un po’ distante
nessuno osa toccarti la faccia.
Questo ho tracciato tra i
miei occhi e i tuoi, questa
pioggia attesa, questo
freddo delle tue giunture.
Avrai il tempo diguardarmi, come
si guarda il bambino per laprima volta
ti accoglieranno i bambini come
hanno fatto oggi:
“Ben tornato, maestro
faremo del nostro meglio”.
Contro la cattedra
stretto nei loro corpi luminosi, in coro.
I bambini si mangiano la morte.
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)