I fari illuminano le capre che come ogni sera hanno risalito la scarpata per ammusarsi sull’asfalto alla luce delle stelle. Non vogliono più erba ma il tepore di questo lenzuolo liscio e innaturale. Di qui non passa un’anima fino a giorno, potrei premere sull’acceleratore e lasciarmi alle spalle un bagno di sangue, come Aiace che infierisce su quella mandria inerme. Dopo, però, l’eroe si risveglia. Invece freno, esco dall’auto e le accarezzo. Ruzzano con la mia mano che indugia sulle loro labbra umide. Io non so più parlare, ma non c’è bisogno di parlare. Forse quando cadiamo in quel torpore mortale esseri superiori ci osservano e potrebbero annichilirci in un attimo, chiudere la partita senza dircelo, ma non lo fanno. da La valle delle visioni (Passigli, 2012)
Andavano da Cervia a Cesenatico sulla battigia quando la marea si ritira e rimangono le arselle a boccheggiare nella sabbia. Il rischio, pensava, è di forare e dover spingere la bici a mano col peso del bambino. Erano troppo piccoli per chiedergli di farla a piedi. Lui pedalava pensando: verrà, verrà prima o poi quella che chiamo felicità e non so cosa sia se non, immagino, sentirmi a mio agio in questo corpo. Un surf là davanti faceva una cosa sola di una vela e di un uomo. Il primogenito pensava alle navi. La mamma pensava alla cena pedalando. L’ultimo nato, nel suo seggiolino, accompagnava la corsa come tutte le sere gorgheggiando. Ancora non parlava. L’uomo, inquieto, stupidamente, continuava a pensare alla felicità, credeva d’avere solo dei pedali sotto le suole. Che cosa aveva sotto le suole, sul manubrio e a destra, dalla parte del mare, e là davanti, a pochi metri, fra i capelli di quella giovane mamma lo avrebbe capito solo molti anni dopo provando a fare una poesia. da La valle delle visioni (Passigli, 2012)
Rincasando la sera faccio appena in tempo a posare la borsa nel mio studiolo e la cena è in tavola. Ma lascio la luce accesa sul quaderno bianco, nella stanzina vuota. Non uno spirito di vento volta la pagina. Tuttavia spero sempre di vedere i penati rientrando a sorpresa. E poi, oltre tutto, ho ancora paura del buio. da Orografie (Passigli, 2014)
Io sono il pino che davanti casa vecchio non so di quanti secoli ode premere dentro sé l’eternità e tuttavia maledettamente inclina… verso dove? quale, quale altro cielo continuo a cercare da quello che m’incombe verticale? Io spezzo l’equilibrio graffio l’aria pendo su queste vite fiduciose su questa casa… Chi mi vede non sa che anch’io mi nutro di pensieri e che i bambini giocano con me e mi sorreggono col loro sguardo. da Terra e cenere (Il Labirinto, 2002)
I due ragazzi preparano l’esca con attenzione perché il mare premi la loro grande sete di avventura, sognano ad occhi aperti la paranza sorridendo ai dragoni dalle forme inverosimili e possibili, hanno tanta felicità davanti a sé. Intirizziti dentro l’aria fresca spingono spingono sui loro remi, si prepara burrasca, hanno paura ad occhi chiusi nella loro stanza dove ai piedi del letto il gatto dorme sognando i loro sogni, pescheranno pesce vivo in un mare che non c’è. da Orografie (Passigli, 2014)
Avevamo due oche tanto belle col becco arancio e il collo che nuotava nell’aria, senza peso. Amoreggiavano l’una presa dell’altra, sempre schive e sdegnose, felici. Gli animali rimproverano l’uomo con la loro felicità. Io le guardavo e attonito mi domandavo: forse anche per noi un giorno fu così, semplice, tutto? Ma venne un giorno di festa e mia madre ne uccise una, io non so se il maschio o la femmina. L’altra per un po’ andò cercando la compagna, e invano la chiamava col verso suo. Finché comprese d’essere rimasta sola, divenne altera, prodigiosamente mutò d’indole, quanto prima era pavida e mansueta tanto adesso nella sua solitudine si fece feroce, vigilava che nessuno s’avvicinasse alla casa, aggrediva anche il postino abbassando il collo orizzontale sibilando un fioco urlo col becco aperto come le oche capitoline contro Brenno quando salvarono la vita ai senatori. E tutto il giorno quell’oca superstite, come già morta custodiva immobile la casa dei suoi nemici. da Terra e cenere (Il Labirinto, 2002)
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