Non c’è altra parola. Perché proprio quello è stata. Una pacchia. Una pacchia, questi ultimi dieci anni. Vivo, sobrio, ha lavorato, ha amato, riamato, una brava donna. Undici anni fa gli avevano detto che aveva solo sei mesi da vivere se continuava così. E non poteva che peggiorare. Così cambiò vita, in qualche modo. Smise di bere! E per il resto? Dopo, fu tutta una pacchia, ogni minuto, fino a quando e anche quando gli dissero che, be’, c’era qualcosa che non andava e qualcosa che gli cresceva dentro la testa. “Non piangete per me”, disse ai suoi amici. “Sono un uomo fortunato. Ho campato dieci anni di più di quanto io o chiunque altro si aspettasse. Una vera pacchia. Non ve lo scordate”.
Vedo un posto vuoto a tavola. Di chi è? Di chi altro? Chi voglio prendere in giro? La barca attende. Non c’è bisogno di remi né di vento. La chiave l’ho lasciata nel solito posto. Tu sai dove. Ricordati di me e di tutto quello che abbiamo fatto insieme. Ora stringimi forte. Così. Dammi un bel bacio sulle labbra. Ecco. Ora lasciami andare, carissima. Lasciami andare. Non c’incontreremo più in questa vita, perciò ora dammi un bacio d’addio. Su, ancora uno. E un altro. Ecco. Adesso basta. Adesso, carissima, lasciami andare. È ora di avviarsi.
Ecco la poesia che volevo scrivere prima, ma non l’ho scritta perché ti ho sentita muoverti. Stavo ripensando a quella prima mattina a Zurigo. Quando ci siamo svegliati prima dell’alba. Per un attimo disorientati. Ma poi siamo usciti sul balcone che dominava il fiume e la città vecchia. E siamo rimasti lì senza parlare. Nudi. A osservare il cielo schiarirsi. Così felici ed emozionati. Come se fossimo stati messi lì proprio in quel momento.
Talmente presto che fuori è ancora quasi buio. Sto alla finestra con il caffè E le solite cose della mattina presto Che passano per pensieri. A un tratto vedo il ragazzo e il suo amico Venire su per la strada Per consegnare il giornale. Portano il berretto e il maglione E uno la borsa a tracolla. Sono così felici Che non dicono niente, questi ragazzi. Mi sa che se potessero, si prenderebbero sottobraccio. Il mattino è appena sorto E stanno facendo questa cosa insieme. Avanzano lentamente. Il mattino si fa più luminoso, Anche se la luna pende ancora pallida sul mare. Una tale bellezza che per un attimo La morte e l’ambizione, perfino l’amore, Non riescono a intaccarla. Felicità. Arriva Inaspettata. E va al di là, davvero, Di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento.
Un attimo fa ho dato un’occhiata nella stanza ed ecco quel che ho visto: la mia sedia al suo posto, accanto alla finestra, il libro appoggiato faccia in giù sul tavolo. E sul davanzale, la sigaretta lasciata accesa nel posacenere. Lavativo!, mi urlava sempre dietro mio zio, tanto tempo fa. Aveva proprio ragione. Anche oggi, come ogni giorno, ho messo da parte un po’ di tempo per fare un bel niente.
Scende il crepuscolo. Poco fa è caduta un po’ di pioggia. Si apre un cassetto e dentro ci si trova la foto di un uomo e ci si rende conto che ha solo altri due anni di vita. Lui questo non lo sa, è chiaro, è per questo che posa sorridente davanti all’obiettivo. Come può sapere cosa gli sta mettendo radici nella testa in quel momento? Se si guarda verso destra tra i rami e i tronchi, si intravedono macchie rossastre di chiarore residuo. Non ci sono ombre, né chiaroscuri. L’aria è umida e calma… Lui continua a posare sorridente. Rimetto la foto a posto con le altre e concentro invece l’attenzione sul chiarore residuo lungo i monti lontani, che si posa dorato sulle rose del giardino. Poi non posso fare a meno di lanciare un’altra occhiata alla foto. Il suo ammiccare, il gran sorriso, l’inclinazione spavalda della sigaretta.
Esci dalla statale a sinistra e scendi giù dal colle. Arrivato in fondo, gira ancora a sinistra. Continua sempre a sinistra. La strada arriva a un bivio. Ancora a sinistra. C’è un torrente, sulla sinistra. Prosegui. Poco prima della fine della strada incroci un’altra strada. Prendi quella e nessun’altra. Altrimenti ti rovinerai la vita per sempre. C’è una casa di tronchi con il tetto di tavole, a sinistra. Non è quella che cerchi. È quella appresso, subito dopo una salita. La casa dove gli alberi sono carichi di frutta. Dove flox, forsizia e calendula crescono rigogliose. È quella la casa dove, in piedi sulla soglia, c’è una donna con il sole nei capelli. Quella che è rimasta in attesa fino ad ora. La donna che ti ama. L’unica che può dirti: “Come mai ci hai messo tanto?”
Agosto. In sei mesi Non ho letto un libro a parte una cosa intitolata La ritirata da Mosca di Caulaincourt. Comunque sono contento. Vado in macchina con mio fratello, beviamo una pinta di Old Crow. Non abbiamo in mente nessuna meta, andiamo e basta. Chiudessi gli occhi per un minuto Ecco, sarei perduto, ma potrei stendermi e dormire per sempre sul ciglio della strada. Mio fratello mi dà di gomito. Tra un minuto, chissà, accadrà qualcosa.
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