Lunga è la notte e senza tempo. Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle. Non sarà il gelido vento a riportare la luce, né il canto del gallo né il pianto di un bimbo. Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita.
Nubi di fiato rappreso s’addensano sugli occhi in uno strano scorrere di ombre e di ricordi: una festa, un frusciare di gonne, uno sguardo, due occhi di rugiada, un sorriso, un nome di donna: Amore Non Ne Avremo.
Stormo d’ali contro il sole, capitombolo nel vuoto. Desiderio, erezione, masturbazione, orgasmo. Strade silenziose, volti rassegnati: la notte inghiotte la città.
Un mare di gente a flutti disordinati s’è riversato nelle piazze, nelle strade e nei sobborghi. È tutto un gran vociare che gela il sangue, come uno scricchiolio di ossa rotte. Non si può volere e pensare nel frastuono assordante; nell’odore di calca c’è aria di festa.
Appartiene al suo sorriso l’ansia dell’uomo che muore, al suo sguardo confuso chiede un po’ d’attenzione, alle sue labbra di rosso corallo un ingenuo abbandono, vuol sentire sul petto il suo respiro affannoso: è un uomo che muore.
E venne a noi un adolescente dagli occhi trasparenti e dalle labbra carnose, alla nostra giovinezza consunta nel paese e nei bordelli. Non disse una sola parola né fece gesto alcuno: questo suo silenzio e questa sua immobilità hanno aperto una ferita mortale nella nostra consunta giovinezza. Nessuno ci vendicherà: la nostra pena non ha testimoni.
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