Con nessun pugnale questa corda si sfibra, incessantemente una voce si sente giorno e notte dal giardino: “ciù ciù, cià cià, ciah ciah, ciù ciù, ciah ciah”. Il limpido del sussurro scorre dall’altra parte del muro. Chiede Jalāl: “La gola di quest’uccello dell’atto di cantare e del chiamare mai si stancherà, ché con la sua melodia nella calura del giorno e nell’ombra della notte, sveglio tien sempre il giardino e il bosco?” “Guarda che” -dico io- “questo è l’incanto dell’amante, dell’alba; non n’è finita ancora una, che l’altra già prende il via; la voce è una ma gli uccelli molti.”
Con queste stesse parole che mai,
la pretesa d’incanto o prodigio hanno,
come storno e canarino e tortora, che
-pur essendo divini messaggeritranne il canto altro versetto non hanno,
mi è giunta la rivelazione dall’alba:
“colui per il quale tu eri in attesa,
altri non è se non tu stesso, insomma,
se gli altri questo non sanno,
indubbiamente gli occhi aperti non hanno.
Negli ultimi giorni di Febbraio è bella la transumanza delle viole migranti. Nel mezzodì limpido di Febbraio, quando le viole dalle loro fredde ombre, [avvolte] nel raso della fragranza primaverile, con terra e radici -la loro patria mobilein piccole scatole di legno son portate agli angoli delle strade:
Ecco il ruscello di mille mormorii in me, sgorga: magari… magari l’uomo la sua patria potesse con sé portare ovunque volesse come le viole (nelle scatole di argilla). Nel chiarore della pioggia, nel sole puro.
L’amore non è una parola, è un significato una scala verso il mondo supremo Quando con la vita s’è legata la morte l’amore appare dal fondo dello specchio È forse l’arte di morire l’amore che è così magica e bella? Morire e rivivere nella morte certo che è uno stato eminente! È un termine ambiguo e insensato ma in verità è l’unica manifestazione del senso È un dirupo eterno, per ogni precipitare cadervi dentro è un ascendere verso l’Alto Creare una divinità da qualcosa come questo Sé è un rendere eterne la passione e la polvere Col corpo inizia l’amore fin dove giunge? Dio lo sa! È il passaggio da una porta vietata quella porta che è presenza nel domani È senza tempo quest’isola d’amore benché sia palese nel corso del tempo Una rosa che all’alba della resurrezione sarà causa d’ebbrezza all’olfatto di Dio La gelosia e l’invidia sue, incendianti, donano vita ad ogni [nostra] pazienza Abitudine e banalità son le sue nemiche ché “l’arrivare” è la nostra decadenza L’amore è un animare col corpo benché la sua fine sia un corpo solitario [E’] un’arsura per l’anima gemella, nascosta giungere alla quale è la nostra bramosa supplica L’amore è uno smarrire “io”, “tu” e “lui” ogni cosa ch’è perduta è là che si trova.
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