Se ti chiama l’amore ascoltalo Forse senti per l’ultima volta la sua voce allettante Risveglierà in te fremiti assopiti tenerezze da tempo seppellite Non hai nessuno a cui darle Sono ormai solo ricordo e tormento Ascoltalo attentamente Troppo presto ti abbraccerà il lungo e vuoto silenzio Non aspetterai che il richiamo della Terra Tendi l’orecchio se ti chiama l’Amore
Nei giorni di solitudine cercami tra le cose che si possono dare per amore. Nel volo primaverile degli uccelli, nelle nubi e nel tramonto sanguigno, mentre si fonde con il sole. Nei falò estivi, tremolanti, quando li inghiotte il buio del cielo. Nella furia dei venti, intrecciati tra loro e nei rami degli alberi, mani che abbracciano. In tutto mi trovi. Quando t’immergi nell’acqua, cercami nell’onda e m’insinuerò tra le tue gambe. La conchiglia che si è attaccata allo scoglio e non lo lascia più sono io. Cercami nel fruscio delle erbe che il vento piega e gli si abbandonano estatiche, mi trovi nelle radici che invadono il cuore della terra. In tutte le cose che si possono dare per amore e per amore prendono, cercami. Dovunque sono io, è il mio amore.
Sulle ginocchia ninno la vita che piange, piange a dirotto, cosí perduta, dimenticata, sciupata e misconosciuta. È inconsolabile. Ma cosa vuole ancora? Eppure l’ombra della felicità ha sfiorato questa smorfiosa viziata, esigente, puerile e ridicola. Mi chinerò profondamente, profondamente perché una buona volta mi cada dal grembo.
È come un miracolo il contatto di due pelli, la percezione di un profumo che è anche il tuo profumo, lo aspiri con le narici dilatate per non scordarlo mai più. È come un miracolo la mano che scivola carezzevole sulla tua spalla, sui seni che non sono altro che attesa. Una mano che si fa strada oltre il ventre, là dove può andare solo chi è il tuo uomo, da sempre una parte di te che vuole solo visitare i suoi paesaggi. Il contatto di due pelli è come una unione, è desiderio ed è appagamento. Ma peggio della morte è quando nessuno più ti tocca.
Negli anni lontani della fanciullezza l’ho udita per la prima volta. Mi son detta: È una parola che canta!
Nostalgia…
Siedo su una roccia in una piccola rada, sulla roccia del nostro ultimo incontro amoroso. Ora conosco il suo significato.
Nostalgia…
Come collo di donna che in tristezza ha piegato il capo, sul mare s’inarca una vigna.
Il sentiero del mio continuo e vano errare le si è inciso nel vivo. Perciò è aspro questo vino e il sole non gli suggerà mai del tutto il suo sapore d’amaro.
Nei giorni di solitudine cercami tra le cose che si possono dare per amore. Nel volo primaverile degli uccelli, nelle nubi e nel tramonto sanguigno, mentre si fonde con il sole. Nei falò estivi, tremolanti, quando li inghiotte il buio del cielo. Nella furia dei venti, intrecciati tra loro e nei rami degli alberi, mani che abbracciano. In tutto mi trovi. Quando t’immergi nell’acqua, cercami nell’onda e m’insinuerò tra le tue gambe. La conchiglia che si è attaccata allo scoglio e non lo lascia più sono io. Cercami nel fruscio delle erbe che il vento piega e gli si abbandonano estatiche, mi trovi nelle radici che invadono il cuore della terra. In tutte le cose che si possono dare per amore e per amore prendono, cercami. Dovunque sono io, è il mio amore.
Vivi anche così Ma a stento Prigioniero dei tuoi rodimenti giri a vuoto L’uscita è murata da tempo
Ascolti i passi di gente felice e reprimi l’atroce tristezza perché le sue metastasi non invadano l’ultima fibra del tuo essere che tenta ancora di difendersi
Anche se vivi a stento nella mente confusa talvolta fiorisce la rosa del ricordo È una droga Una droga…
Per un’ora ti trasporta in plaghe conosciute quasi dimenticate ma intanto nel tuo intimo la cornacchia costruisce un nido ancora più solido
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