Archivi categoria: Mary Barbara Tolusso

Proprio così

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

a scuola non te lo insegnano
non te lo dicono neppure i genitori
ma loro niente, non te lo dicono
e non ci provano neppure.
danno importanza alle preposizioni semplici
o a quelle articolate.
a scuola non te lo spiegano
proprio non vogliono
e a casa ti chiedono quanto fa
9×9
o di trasformare 2000 metri in chilometri.
a scuola non ti istruiscono
impari invece che cos’è
il superlativo relativo
il santo dei santi
il re dei re
il cantico dei cantici
ma il resto se lo tengono per sé.
a scuola non vogliono informarti
e neppure si sognano di darti la formula
o per lo meno la regola.
così è che quando incontri
il desiderio di fottere gli altri
tu sai solo
che si tratta di un complemento
con valore
di specificazione
oggettiva.
Mary Barbara Tolusso (Pordenone, 1967), inedito

La notte fila liscia tranne

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

La notte fila liscia tranne
quelle sere che si cede al ricordo
che si dovrà morire su un letto come questo.
Allora penso a quello che dicono gli stupidi
che se c’è la morte io non ci sono. Ma
dal nulla nasce la paura, quando non vedi
non senti non pensi. Nessuna religione aiuterà
il danno dei vivi, feroce o silenziosa
nessuno potrà sottrarsi alla rovina. Dico al mio corpo
animale di stare fermo, di non pensare. Nulla
è più terribile più vero di questo tempo del ritardo, non c’è
luce per gli indifferenti, tutto l’amore non dato,
il tempo sprecato, niente che possa
destarmi dal sogno, io
dove sono,
dovrei alzarmi andare a bere in compagnia, cercarti e dire:
Tu per me sei pelle, una morte anticipata,
insepolta, coagulata fino all’erezione.
Mary Barbara Tolusso (Pordenone, 1967), da Disturbi del desiderio (Stampa2009, 2018)

La gioia di sapermi al riparo, ma non fu riparo allora

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

La gioia di sapermi al riparo, ma non fu riparo allora
la nostra vocazione di baciarci sotto
le lenzuola. Di giorno ti aggiri sola davanti
al mondo imbecille e pensi e muori.
La gente parla, spiega, quello che fa il pittore in via Boltraffio,
l’altro che ha messo in piedi una cantina, c’è anche chi ha fatto
la galera, chi ha tentato il suicidio mentre cade
la sera ti ucciderei io se potessi, ti caverei gli occhi
nel letto, l’imperfezione, il difetto
di quella stanchezza metrica di infanzia,
la materia bianca, la morte
mi moriva tra le braccia e quella volta
sì bruciavo di passione
cieca nella perfezione… non temere… non temere.
Un altro uomo se ne va. Maio senza di te non ci so stare.
Mary Barbara Tolusso (Pordenone), da Disturbi del desiderio (Stampa2009, 2018)

I simulacri e le cose / antologia, Titos Patrikios

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

Non ci aspettavamo che accadesse di nuovo
eppure è di nuovo nero come la pece il cielo,
partorisce mostri di oscurità la notte,
spauracchi del sonno e della veglia
ostruiscono il passaggio, minacciano, chiedono riscatti.
Non temere Lestrigoni e Ciclopi…
Non temere, diceva il poeta,
Ma io temo i loro odierni simulacri
e soprattutto quelli che li muovono.
Temo quanti si arruolano per salvarci
da un inferno che aspetta solo noi,
quanti predicano una vita corretta e salutare
con l’alimentazione forzata del pentimento,
quanti ci liberano dall’ansia della morte
con prestiti a vita di anima e di corpo,
quanti ci rinvigoriscono con stimolanti antropovori
con elisir di giovinezza geneticamente modificata.
Come una goccia di vetriolo brucia l’occhio
così una fialetta di malvagità
può avvelenare innumerevoli vite,
“inesauribili le forze del male nell’uomo”
predicano da mille parti gli oratori,
solo che i detentori della verità assoluta
scoprono sempre negli altri il male.
“Ma la poesia cosa fa, cosa fanno i poeti”
gridano quelli che cercano il consenso
su ciò che hanno pensato e deciso,
e vogliono che ancora oggi i poeti
siano giullari, profeti e cortigiani.
Ma i poeti, nonostante la loro boria
o il loro sottomettersi ai potenti,
il narcisismo o l’adorazione di molti,
nonostante il loro stile ellittico o verboso,
a un certo punto scelgono, denunciano, sperano,
chiedono, come nell’istante cruciale
chiese l’altro poeta: più luce. **
e la poesia non riadatta al presente
la stessa opera rappresentata da anni,
non salmeggia istruzioni sull’uso del bene,
non risuscita i cani morti della metafisica.
Passando in rassegna le cose già accadute
la poesia cerca risposte
a domande non ancora fatte.
Titos Patrikios (Atene, 1928), da La resistenza dei fatti (Crocetti, 2007)
Poeta greco, appunto, Patrikios ha sviluppato un rapporto originale con il mito classico e la tradizione. È sempre stato attento alla pericolosità di certi richiami, agli allettamenti che potrebbero deviare dalla più cruda realtà. Ne “I simulacri e le cose” – tratta da “La resistenza dei fatti”, edito nel 2000 – i riferimenti alla tradizione sono diversi (da Omero a Kavafis a Goethe), ma non sono mai sfruttati per abbellimenti letterari, vengono invero costantemente applicati (adattati) al presente, a vicende attuali. Ritorna quindi quella concretezza che non impedisce la capacità evocativa. Il poeta riesce a farne una questione di poetica e tecnica, togliendo per esempio le sovrastrutture simboliche (nella vita e nella scrittura). Nella poesia di Patrikios c’è infatti metafora, ma mai simbolismo e ciò disinnesca ogni inganno, anche nelle cose più ordinarie. In questo testo per esempio, viene perfettamente sviluppata la tematica della lucida consapevolezza dell’incoerenza, anche nei suoi tratti positivi, nel movimento necessario che sottostà alla vita e alla scrittura. E lo fa con esempi concreti, evidenziando anche la questione arte/vita, scevra di qualsiasi moralismo, restituendo alla poesia il suo giusto valore, a prescindere dal poeta.
Mary Barbara Tolusso

Del resto, e per una quantità di ragioni

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

Del resto, e per una quantità di ragioni
nessun periodo del passato ci è tanto
ignoto quanto i due o tre decenni
che dividono i nostri vent’anni
da quelli di nostro padre. Perciò
può essere utile ricordare che nei tempi
cattivi si fanno orribili abiti e pessime
poesie seguendo gli stessi principi
dei tempi buoni; e che ogni giovane
uomo si impegna a distruggere i buoni
risultati di un’epoca nella convinzione
di migliorarli. Sempre, invece, hanno
adorato il sole, la salute e il culto
degli eroi non è mai stato chiamato
«sottouomo». Ma stavolta, diciamolo,
le cose si mettono al meglio,
c’è uno spirito di riforma e di felice
coscienza. I tempi non sono più
quelli del babbo, uno sboccio,
un’aurora, una piccola resurrezione.
Non si sentono cani ululare, né si vedono
palizzate sulle strade. Oltre la siepe
un’orma stanca risale, brilla sola.
Mary Barbara Tolusso (Pordenone, 1967), Il freddo e il crudele (Stampa, 2012)

Che vuoi che ti dica sotto

Mary Barbara Tolusso

Mary Barbara Tolusso

 

Che vuoi che ti dica sotto
la coperta ruvida di un albergo a ore?
C’è tutto quello che abbiamo
immaginato e ora la camicia
rattrappita, la spalliera in legno,
l’orologio vicino a un riflettore
congeda la falsità
delle eccedenze, come fosse
possibile dire “può darsi”,
“casomai”, “forse un giorno” si potrebbe
tornare in viale XX settembre
e divenire quel che siamo.
Mary Barbara Tolusso (Pordenone, 1967) da Il freddo e il crudele (Stampa, 2012)