E come sarà il primo gabbiano in volo sulle discariche? Forse, una creatura ignobile, e attratta dal pattume. Ma disposta a tutto, pur di raspare qualcosa. L’amatissimo Ovidio vedeva gabbiani dai becchi ferrati. Eppure, rimanevano in aria. Mario Santagostini (Milano, 1951), da Felicità senza soggetto (Mondadori, 2014)
Il mio dizionario era minimo, la prosa impraticabile. Ma ho visto nelle parole ansie di protagonismo che vengono da lontano, non so da dove. A volte penso: stanno qui, ma come dopo una caduta. E siamo noi il loro abisso. Noi autori di opere, intendo. Chissà cos’erano, prima. Un surplus d’universo, nemmeno il più dolente: questo è stato il mio primo Canzoniere, in fondo. Mario Santagostini (Milano, 1951), da Felicità senza soggetto (Mondadori, 2014)
Guardavo l’officina dismessa, i tetti di lamiera, il vespaio alla parete, depositi di latta, nafta sui canali. Pensavo ai momenti più scuri della materia: non sono mai abbastanza. In qualche verità nemmeno esiste, quella materia. In altre, è solo afa. O meno che afa, e paradiso è un verbo, alla prima persona. Come, forse, universo. Mario Santagostini
(Milano, 1951), daVersi del malanimo (Mondadori, 2007)
Non è un gran periodo. Dormo male, e a scatti. Solo verso l’alba mi calmo, ascolto piccioni, topi, radio, caldaie, sfiatatoi. Un giorno su due piove, smette, ripiove, il sette di un altro mese comincerà a nevicare. Profonda l’inutilità della neve. Geminatissima, l’inutilità della neve. Non voglio andare via. Voglio andare via. Qualcuno che non sono io ha solo pensieri d’amore. Mario Santagostini (Milano, 1951), L’Idea del bene (Guanda, 2001)
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