Una sola è la vita sulla terra. E se in me porta questo nome è per sbaglio. È per abbaglio. Per uno smarrimento dello sguardo che ha perso la gittata vertiginosa. E fissa nello specchio la figuretta modesta – filo d’erba del prato – foglia fra foglie sei. Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951), da Le giovani parole (Einaudi, 2015)
Ogni frutto stringe il seme come giurando. Cadendo giura e in forma di radice risponde alla terra che chiama. Alla terra che canta la promessa infinita. C’è solo vita niente altro. Solo vita. Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951), da Bestia di gioia (Einaudi 2011)
Non sappiamo. Non so. Non è dato sapere con parole. Solo il corpo sa. Sapienza di respiro. Sapienza naturale di particelle tenute insieme dalla circolazione. Atomi piastrine aminoacidi tessuti vitamine proteine una distribuzione di funzioni svolte perfettamente. Ogni parte una precisa mansione. E tutte insieme dalla vetta degli occhi sotto l’immensa volta della notte per meccanico alzarsi della faccia tutte le particelle insieme sobbalzano un istante – quasi rammentando una sgomentante felicità. Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951), da Le giovani parole (Einaudi, 2015)
La sorprendente mattina era tutta appuntata di rondini. Verde. Celeste. Gridavano di conoscerlo bene colui che io non conosco. Un premio di luce virava la camera al paradiso. Poche cose sul letto. Scarpe accanto. Tavolino. A casa ovunque con le parole. Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951), da Bestia di gioia (Einaudi, 2010)
Bello, bello, bello mondo, bello ridere di mondo in luce mattutina in colorazione di mondo con stagioni e popolazione e animali. Bello mondo questo ricordo, questo io lo ricordo bello, molto bello mondo, con cielo diurno e notturno, con facce che mi piacevano e musi e zampe e vegetazione che mi sospirava e mi sospirava leggera leggera, tirando via chili e scarponi interiori che mi infangavano, tirando via ferri da stiro che mi portavo nel petto, e gran pulitura di dentro. Bello, questo io lo ricordo bello. Io ho avuto soccorso a volte da una piccola foglia, da un frutto così ben fatto che dava sollievo a mio disordine di fondo. Sì sì. Mariangela Gualtieri (Cesena, 1951), da Fuoco centrale e altre poesie per il teatro (Einaudi, 2003)
Sii dolce con me. Sii gentile. È breve il tempo che resta. Poi saremo scie luminosissime. E quanta nostalgia avremo dell’umano. Come ora ne abbiamo dell’infinità. Ma non avremo le mani. Non potremo fare carezze con le mani. E nemmeno guance da sfiorare leggere. Una nostalgia d’imperfetto ci gonfierà i fotoni lucenti. Sii dolce con me. Maneggiami con cura. Abbi la cautela dei cristalli con me e anche con te. Quello che siamo è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei e affettivo e fragile. La vita ha bisogno di un corpo per essere e tu sii dolce con ogni corpo. Tocca leggermente leggermente poggia il tuo piede e abbi cura di ogni meccanismo di volo di ogni guizzo e volteggio e maturazione e radice e scorrere d’acqua e scatto e becchettio e schiudersi o svanire di foglie fino al fenomeno della fioritura, fino al pezzo di carne sulla tavola che è corpo mangiabile per il mio ardore d’essere qui. Ringraziamo. Ogni tanto. Sia placido questo nostro esserci – questo essere corpi scelti per l’incastro dei compagni d’amore. nei libri.
Il tempo qui non è stato che un pezzo di cartone, un sobbalzo. La porta si chiude per l’ultima volta. Il fascio di forze domestiche il genio del luogo saluto ora con ringraziamento.
Un capocannoniere non è abbastanza per me. Ci vuole il tuo cuore tempestato il tuo cuore di marinaio scapestrato, e la tua radio ricevente che mi porta per i mari del mondo fino alla Cina fino a tutto l’Oriente che lo sai, è il mio punto d’appoggio principale. Io non so districarmi fra quel tuo essere bussola e uragano e dal mio silenzio ti chiamo a salvarmi col tuo magnetismo terrestre a salvarmi a legarmi quando il fondale mostra i turchesi e mi chiama. Tu allora vieni indicando una scia di delfini mi metti in mano il pane che getterò nell’acqua issi la randa e il fiocco e inseguiamo la gioia con un sole alle spalle e un sole avanti che ancora non vediamo. Ho la parola amore per te la lavo ogni mattino dal salmastro la impasto col mio grano la essicco dal suo molle scortico via tutto il rosa e sono io la tua sposa marina mio cuore capitano.
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