Maria Luisa Spaziani
Quando ti amavo sognavo i tuoi sogni.
Ti guardavo le palpebre dormire,
le ciglia in lieve tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato che si snoda
con inauditi attori e luminarie
– la meraviglia.
Quando ti amavo sognavo i tuoi sogni.
Ti guardavo le palpebre dormire,
le ciglia in lieve tremito.
Talvolta
è a sipario abbassato che si snoda
con inauditi attori e luminarie
– la meraviglia.
E lui mi aspetterà nell’ipertempo,
sorridente e puntuale, con saluti
e storie che alle poverette orecchie
dell’arrivata parranno incredibili.
Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico?
In poche note o versi qui raccolgo
i messaggi essenziali. Un altro raggio,
aria diversa glieli tradurrà.
Lo spirito ha bisogno del finito
per incarnare slanci d´infinito.
Parlo con l´angelo e le tue braccia d´uomo
soltanto lo traducono ai miei sensi.
Dove comincia l´ala? Dove nascono
musiche di tamburi di tempesta?
Amarti è sprofondare, è una foresta
sfumante in cieli altissimi.
I giorni che tu credi dissipati
nel chiasso e nella noia,
a tua insaputa ròdono il deserto
con furiose radici –
trovano un filo d’acqua mentre dormi
o aspetti a lungo un treno che non viene,
e succhiano in silenzio, e ti preparano
i frutti del compenso.
Quel mio amore per lui aveva ali di cera
lunghe le ali sembravano eterne
battevano il cielo sicure, sfioravano picchi,
puntavano al sole con nervature nervine.
Fuse le ali ormai mi ricrescono dentro,
soltanto ora perdute mi diventano vere,
e ai cuori incauti grido: la passione è un fantasma
troppo importante, uomini, per potersi incarnare.
Chiomate vaganti comete di Halley, presagi
disastri prodigi che infiammano e gelano il sangue,
nessuno osi fissarvi, si arrischi a sfiorare
coaguli di pura lontananza – morgane.
L’indifferenza è inferno senza fiamme,
ricordalo scegliendo fra mille tinte
il tuo fatale grigio.
Se il mondo è senza senso
tua solo è la colpa:
aspetta la tua impronta
questa palla di cera.
Il desiderio è scivolare in sé,
è un ombelico interno che concentra
ogni energia, la rapida che preme
sul pettine ruggente della diga.
È scrimolo infernale, il punto–crisi
dell’acqua che sprofonda verso i quieti
allegretti del fiume. Ma mi si stringe
crudelmente la morsa del salto.
E ricordo una stagione in mezzo ai colli
immensi, affaticata dal soffiare
della notturna tramontana. Un gelso
gemeva negli strappi, così alto
che talora il suo grido mi svegliava.
Ieri nel tornarvi non sembrava
passato altro che un giorno.
La tramontana ci infuriava intorno.
Contro il cancello, intatta, era restata
una mia antica rosa morsicata.
L’indifferenza è inferno
senza fiamme, ricordalo
scegliendo fra mille tinte
il tuo fatale grigio.
Se il mondo è senza senso
tua sola è la colpa:
aspetta la tua impronta
questa palla di cera.
Il mondo non ascolta che rumori.
Le sfumature sfuggono, sfumano gli ultrasuoni.
Io trasmetto parole su un’antenna
che ogni giorno quel vento rovescia.
Ti auguro buon Natale, nel più profondo sento
di che magica forza quest’augurio è capace.
Non t’ho detto che t’amo, forse l’avrei osato
se mai nessuno al mondo lo avesse detto prima.