Mare al mattino Fermarmi qui. Per vedere anch’io un po’ la natura. Luminosi azzurri e gialle sponde del mare al mattino e del cielo limpido: tutto è bello e in piena luce. Fermarmi qui. E illudermi di vederli (e davvero li vidi un attimo appena mi fermai); e non vedere anche qui le mie fantasie, i miei ricordi, le visioni del piacere
olevo appenderla a un muro della stanza. Ma l’umidità del cassetto l’ha guastata. Non la metto in un quadro questa foto. Dovevo conservarla con piú cura. Queste le labbra, questo il viso – ah, per un giorno solo, per un’ora solo tornasse quel passato. Non la metto in un quadro questa foto. Mi fa soffrire vederla cosí guasta. Del resto, se anche non fosse guasta, che fastidio badare a non tradirmi – una parola o il tono della voce – se mai qualcuno mi chiedesse chi era.
È piú acuto lo sguardo dei poeti. È un giardino di casa per loro la natura. In un’oscura selva gli altri uomini cercano brancolando un’ardua via. E l’unico bagliore, che come una favilla effimera illumina talvolta il loro andare di notte, è una breve sensazione di magnetica occasionale vicinanza: fugace nostalgia, fremito di un attimo, sogno dell’ora del tramonto, gioia immotivata che d’improvviso corre nel cuore e d’improvviso fugge.
Forse fu l’alcol bevuto la sera, forse fu il sonno, la stanchezza del giorno. Sparirono ai miei occhi la colonna nera di legno con la testa antica, la porta della sala, e la poltrona rossa col piccolo divano. Venne al loro posto una via di Marsiglia. Libera l’anima mia, senza ritegno là di nuovo mi apparve, e si muoveva in forma d’un giovane bello e sensuale, d’un giovane corrotto: anche ciò sia detto. Forse fu l’alcol bevuto la sera, forse fu il sonno, del giorno la stanchezza. La povera anima mia n’ebbe ristoro, lei che sempre sotto il peso degli anni sta costretta. L’anima mia n’ebbe ristoro: essa mi apparve in una via graziosa di Marsiglia in forma d’un giovane felice e dissoluto, senza vergogna alcuna, certamente.
(1919) Traduzione diRenata Lavagnini
Poesia n. 288 Dicembre 2013 Costantino Kavafis. Le poesie incompiute a cura di Renata Lavagnini Fondazione Poesia Onlus 2013
Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere di incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, nè nell’irato Nettuno incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti – finalmente e con che gioia – toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo sulla strada: che cos’altro ti aspetti? E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Ritorna ancora e prendimi, amata sensazione, ritorna e prendimi, quando si ridesta viva la memoria del corpo, e l’antico desiderio di nuovo si versa nel sangue, quando le labbra e la pelle ricordano, e la carne, e le mani come se ancora toccassero.
Hai detto: “Per altre terre andrò, per altro mare. Altra città, più amabile di questa, dove ogni mio sforzo è votato al fallimento, dove il mio cuore come un morto sta sepolto, ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia? Dei lunghi anni, se mi guardo attorno, della mia vita consumata qui, non vedo che nere macerie e solitudine e rovina”. Non troverai altro luogo non troverai altro mare. La città ti verrà dietro. Andrai vagando per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere. Imbiancherai in queste stesse case. Sempre farai capo a questa città. Altrove, non sperare, non c’è nave non c’è strada per te. Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto tu l’hai sciupata su tutta la terra. Hai detto: “Per altre terre andrò, per altro mare. Altra città, più amabile di questa, dove ogni mio sforzo è votato al fallimento, dove il mio cuore come un morto sta sepolto, ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia? Dei lunghi anni, se mi guardo attorno, della mia vita consumata qui, non vedo che nere macerie e solitudine e rovina”. Non troverai altro luogo non troverai altro mare. La città ti verrà dietro. Andrai vagando per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere. Imbiancherai in queste stesse case. Sempre farai capo a questa città. Altrove, non sperare, non c’è nave non c’è strada per te. Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto tu l’hai sciupata su tutta la terra.
Una notte, che bella la luce della luna nella mia stanza si versava– la fantasia qualcosa prendendo dalla vita: assai poca cosa, una lontana scena, un piacere lontano, una visione propria mi portò dalla carne, una propria visione in un letto d’amore… (1922) Traduzione diRenata Lavagnini
Poesia n. 288 Dicembre 2013 Costantino Kavafis. Le poesie incompiute a cura di Renata Lavagnini Fondazione Poesia Onlus 2013
Se non puoi farla come vuoi, la vita, sforzati almeno più che puoi di non prostituirla nei contatti eccessivi con la gente, con i gesti eccessivi e le parole. Non la prostituire col portarla troppo sovente in giro, con l’esporla ai commerci e alle pratiche della dissennatezza quotidiana finché diventi estranea ed importuna. Traduzione di Nicola Crocetti
Poesia n. 278 gennaio 2013 Fondazione Poesia Onlus 2013
Ritorna ancora e prendimi, amata sensazione, ritorna e prendimi, quando si ridesta viva la memoria del corpo, e l’antico desiderio di nuovo si versa nel sangue, quando le labbra e la pelle ricordano, e la carne, e le mani come se ancora toccassero.
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