Tu sei bella e ben fatta, un prodigio che non avevo meritato e troppo tardi ho conosciuto.
Chi ti avrà dopo di me, quando non ci sarò più? Chi ti darà lo stesso fuoco? Quale uomo si piegherà sulla tua carne e il suo patire, farà libero il tuo corpo?
Sarà questo il mio cordoglio per tutti i giorni e gli anni vissuti senza averti avuta, per gli anni che mi resteranno dopo averti perduta.
Quando le dita tracciarono la linea aguzza dei tuoi fianchi, quando, brune tortore tremanti, le punte dei seni al tocco delle labbra si alzarono in volo, quando il fuoco pallido del tuo ventre si accese e arse le morte foglie del pudore, quando l’ansia fu spasimo, grido muto, quando dal desiderio generasti il piacere e le labbra si schiusero per dirlo, quando l’esangue fiore del tuo corpo finalmente si aprì fra petali di febbre io ape assetata mi posi saziandomi lasciandomi morire…
Separato lontano dal tuo corpo mente mani sorriso e sguardo a cosa si riduce amore?
Amore è pensare camminando alle tue braccia quando si schiude (come rosa nel fresco mattino) l’eterno pensiero che mendica amore.
Amore sa amore solo comprende perché nascono sogni da sguardi e fiamme da freschi tesori d’innocenza o smarrimento quando s’avvolge l’oscura marea che mi cresce nel sangue al levarsi di una luna stralunata e silente.
No, non avrei speranza se lontano dal tuo sguardo e sorriso si spegnesse la piccola luce del mio sguardo, se non potessi più piegarmi a cercarti né ferirti né bere alla fonte delle labbra, se non mi stringessi tra i ginocchi, se non ti sentissi più venire con spasimo nel sangue. E, no, non ci sarebbe più speranza per me se tu non mi accogliessi ancora nel tuo grembo e non potessi più morire e rinascere in te nel tuo ventre fra i piccoli seni di donna abbandonata all’amore. E non potrei, no, non potrei più vivere senza quel tormento senza quel fremito di morte quello spasimo di vita.
Come averti, tu lontana, se l’estiva vertigine del tempo ti nasconde al desiderio, alle salive dell’amore? E possederti se mi manchi? Ti possiedo col ricordo e col sangue che s’accendono quando ti penso. Ti possiedo con la bocca affamata, con le labbra, con la lingua lesta. Ti possiedo in silenzio. Ti possiedo con lo sguardo. Di più: con il pensiero. Di più: con l’intenzione. Ti possiedo con attesa e attenzione, con l’ansia. Ti possiedo da lontano aspettando il tuo ritorno, per riaverti e possederti chino sulle tue labbra, nell’ardore della penombra, nel fuoco del letto…
Essendo tu l’amore (immaginai), appena mi guardasti e con dita che indovinano il tempo toccasti il presente suscitando un me da me diverso (che con quel minimo gesto te divenne, oh perdendosi e trovandosi, nuovo fato) nascesti dall’assenza, pensiero unico a mostrare il miracolo, sogno che non può cambiare e correggersi mentre rivive in te solo la parola amore, tu essendo l’amore.
La camera da letto che al mattino si sveglia e svogliata apre gli occhi e come te sbadiglia, il letto che serba l’impronta del tuo corpo, il cuscino che forse abbracci dormendo (vedovo del tuo viso, del respiro), le lenzuola ancora calde, il rubinetto, l’acqua calda della doccia, l’accappatoio di spugna, la biancheria fresca, i vestiti che indossi per il nuovo giorno, gli strumenti per il trucco, il saluto ai bambini, la borsa, la porta di casa, le chiavi, l’ascensore, le scale.
Non voglio amarti come una rosa o una pietra preziosa, come i luoghi dell’infanzia, le speranze i rimpianti i rimorsi le pene, le cose perdute, gli ideali della prima giovinezza.
Voglio amarti come amo le piccole abitudini e gli oggetti d’ogni giorno: la tazzina sbeccata, il cucchiaino spaiato, la prima sigaretta, l’accendino che giro distratto fra le dita,
il posacenere pieno, il lavandino sporco, le chiavi di casa; voglio amarti come si ama il calore del sole dentro il freddo o un viale alberato d’estate, come l’acqua, il pane, il sale.
Cercami così con le mani e con la mente col silenzio impaziente degli occhi cercami con la lingua e con le labbra avide con la febbre e l’attenzione che l’amore pretende, cercami così. Trovami qui nell’ansia della fame e del desiderio, nel languore della pelle trovami nell’erba del ventre nel tepore dell’inguine nel fuoco delle labbra che si aprono ad accoglierti, trovami qui
Lasciami entrare oh accoglimi in te mia terra come semina dentro il solco nessun ripensamento sia tra noi nessun indugio finché a vegliare sarà amore nel precipite buio dove stelle i nostri corpi brilleranno finché l’alba sorgerà per dividerci e finestre la gente aprirà per calunniarci.
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