Ferma, ti voglio fare, amore, una lezione di filosofia d’amore. Tre ore abbiamo passeggiato e per l’intero tratto due ombre, che da noi stessi si fanno, ci hanno accompagnato. Ma ora che il sole è a perpendicolo sul capo su quelle ombre teniamo i nostri passi, e le cose risultano in strenua chiarità. Così mentre cresceva il nostro amore infante, da noi, dai nostri affanni, le ombre fluivano e gli inganni; ma non è più ora così. Non ha raggiunto il grado supremo un amore tutto attento a non essere veduto. Fermiamo il nostro amore a questo mezzogiorno, o altre ombre opposte noi faremo; e se le prime furono per accecare gli altri, queste che si faranno, agendo su di noi, i nostri stessi occhi renderanno ciechi. Se il nostro amore declina, se a ovest trova tramonto, io a te, tu a me, ingannevoli, il nostro agire occulteremo. Si dissolvono le ombre del mattino, ma queste si allungano per il giorno intero. L’amore che s’!anisce, oh è un breve giorno! È luce stabile, ferma l’amore, o luce che cresce. È notte il primo attimo dopo mezzogiorno. Questa poesia proviene da: Lezione sull’ombra di John Donne Poesie di John Donne Poeti Stranieri http://www.poesie.reportonline.it/poesie-di-john-donne/lezione-sullombra-di-john-donne.html#ixzz3Rkk19y5h
Basta parole per carità, lasciatemi al mio amore. Rimproveratemi il tremito o la gotta, irridete i cinque capelli grigi o la fortuna distrutta, arricchitevi, con le arti miglioratevi, fate carriera, trovate un posto, ossequiate Sua grazia e Suo onore, contemplate il Re in persona, o al suo volto in effigie, fate quel che volete, ma lasciatemi al mio amore. Chi mai ho danneggiato con il mio amore? Che mercantili ho affondato di sospiri? A chi ho inondato di lacrime il podere? Fu mai spento un primo vere dai miei geli? E gli ardori delle mie vene aggiunsero un altro nome alla lista della peste? Altre guerre trovano i soldati, e ancora gli avvocati contendenti a muovere querele, anche se io e lei siamo in amore. Dateci i nomi che volete, così ci ha fatto amore. Ditemi mosca, di lei ditelo pure, noi siamo anche le candele, di noi stessi moriamo, in noi troviamo l’aquila e la colomba. Da noi l’enigma della Fenice è reso più perspicuo: noi lo siamo: noi due che siamo uno. A un unico indistinto i sessi convenuti, .. identici moriamo e risorgiamo, . fatti misteriosi da questo amore. Se non è dato vivere d’amore, si può morirne. Se non adatta a feretri e a sepolcri la nostra leggenda trascorrerà nei versi. Se nelle cronache non ci sarà spazio belle stanze ci faremo nei sonetti, ugualmente s’addicono a ceneri d’eletti l’urna raffinata, la tomba più importante. E grazie a questi inni tutti plaudiranno noi canonizzati per amore, E invocheranno: voi che sacrale amore ha fatto mutuo romitorio, voi per cui fu pace l’amore che ora è furia, voi che aveste l’anima del mondo racchiusa, e attratti nel cristallo degli occhi (fatti specchi, fatti spie, che di tutto a voi fecero compendio) paesi, Corti e città, impetrate per noi dall’alto un calco del vostro amore!
Posso amare la bionda e anche la bruna, quella molle di abbondanza, quella che tradisce la penuria, quella che preferisce la solitudine, quella che vuole commedie e balli in maschera, la donna di città, la donna di campagna, la credula e la scettica, quella che piange sempr.e con gli occhi suoi di spugna, quella che non pIange mai, sugherosa e secca. Questa e quella posso amare, e te e te, ognuna posso amare, ma se fedele non è. Nessun altro vizio vi contenta? Non vi soddisfa fare come le vostre madri? Esauriti i vecchi vizi, ne volete trovare altri? O siete tormentate dal timore che l’uomo sia fedele? No, non lo siamo, neppure voi lo siate; ne voglio venti, venti ne abbiate voi. Derubatemi, ma non legatemi; lasciatemi andare. lo che sono giunto per viaggiare in voi, dovrei diventare meta fissa per vostra fedeltà? Venere mi udì sospirare questo canto, e per la Varietà, la parte più dolce dell’Amore, giurò di non avere mai udito niente di simile, e che non avrebbe più dovuto essere così. Se ne andò, esaminò la cosa, in breve fu di ritorno e disse: ahimè, ci sono due o tre poveri eretici in amore che pensano di instaurare una pericolosa perseveranza. Ma io ho detto 16ro: volete essere fedeli, lo sarete, a chi non vi sarà fedele.
Ho compiuto un’impresa più grande di tutte quante i Grandi abbiano compiuto, e un’altra anche più grande ne deriva, ed è tenerla segreta in cuore. Non sarebbe che follia divulgare ora la tecnica della pietra speculare, se chi abbia appreso l’arte di tagliarla, non può più trovarne. Così se ora la rivelassi, gli altri (ché non c’è più eguale sostanza su cui agire) come prima continuerebbero a amare. Ma chi ha trovato la bellezza interiore, aborrisce ogni esteriorità. Chi ama la pelle e l’incarnato, non ama che l’abito più vieto. Se anche voi come me vedete la Virtù in abito di donna, se osate amarla, se osate dirlo, e andare dimentichi di Lei e Lui, e se questo amore, così fondato, tenete celato a chi è profano, che non vi presterebbe fede o se lo facesse, sarebbe solo per beffarlo, allora avete compiuto un’impresa più grande di tutte quante i Grandi abbiano compiuto, e un’altra anche più grande ne deriva, ed è tenerlà segreta in cuore.
Dove, come un guanciale sopra un letto, la pregna riva s’alza a riposare la viola dal capo reclinato, posammo noi, l’uno cuore dell’altro. Le nostre mani salde, cementate da un balsamo tenace che ne sgorga, i raggi degli sguardi s’incrociavano, gli occhi infilando su di un refe doppio. Così per ora innestare le mani fu tutto il nostro modo d’esser uno e concepire immagini negli occhi fu nostra sola moltiplicazione. Come tra eguali eserciti la sorte sospende incerta la vittoria, le nostre anime (che per allargare il campo erano uscite da noi) tra noi s’alzavano: e mentre là negoziavano le anime, noi giacevamo, statue sepolcrali: tutto il giorno immutata l’attitudine, non dicemmo parola tutto il giorno. Se alcuno, dall’amore raffinato sino a intender la lingua delle anime, fatto dal buon amore tutto spirito, alla giusta distanza fosse stato, egli, pure ignorando quale anima parlasse (poiché a un modo intendevano e parlavano entrambe) nuova sublimazione avrebbe ricevuto ripartendo più puro. Ogni perplessità discioglie l’estasi (noi dicemmo) e ci dice quel che amiamo: da lei sappiamo che non era il sesso, sappiamo che di ciò nulla sappiamo. Ma poiché ciascun’anima racchiude cose mischiate e ignorate, l’amore quelle anime mischiate mischia ancora e fa una di due, questa e quella ciascuna. Trapiantare un’unica viola: forza, misura, sfumatura, quanto era dapprima povero e mancante, tuttavia si raddoppia e si moltiplica. Così quando l’amore una con l’altra due anime interanima, quell’unica anima più compiuta che ne sgorga vince sulle mancanti solitudini. E noi che siamo questa nuova anima, sappiamo ormai di che siamo composti, ché gli atomi da cui crescemmo sono anime da mutamento intoccabili. Ma ahimé, perché così a lungo e tant’oltre negarci ai nostri corpi? Se anche non noi, pure son nostri. Noi siamo le intelligenze, essi la sfera. Dobbiamo loro grazie, ché per primi così ci avvicinarono ed a noi cedettero le forze e i sensi loro, lega, e non scoria, a noi. Non influisce il Cielo sull’uomo se dapprima nell’aria non lo imprima, sicché l’anima possa fluir nell’anima, seppure prima al corpo ripari. Come il sangue s’ingegna a generare spiriti quanto può simili ad anime (ché tali dita debbono annodare quel fine nodo che ci rende umani) così debbono scendere le anime dei puri amanti a facoltà ed affetti che il senso possa cogliere ed apprendere, o giacerà in catene un grande principe. Ai corpi dunque ci volgiamo, che i deboli possano contemplare rivelato l’amore: i misteri d’amore crescono nelle anime ma il nostro corpo è il libro dell’amore. E se un amante, uno come noi, udisse questo dialogo a una voce, ci osservi: poco ci vedrà mutare quando ritorneremo ai nostri corpi.
I Re, i loro favoriti, magnificenza d’onori, bellezza, e ingegni, lo stesso sole che fa il tempo che va, tutto ha aggiunto un anno alla sua età da quando la prima volta ci siamo visti. Ogni altra cosa va alla distruzione, il nostro amore solo non declina, non ha domani, non ha ieri, vola, e da noi mai vola via Fedele al suo primo, e ultimo, giorno che non muore. Due tombe devono coprire il tuo, il mio corpo, fosse una la morte non sarebbe divorzio. Come ogni altro principe, oh anche noi, l’un dell’altro principi bastevoli, alla morte infine dobbiamo cedere gli orecchi, gli occhi, così spesso nutriti di promesse vere, di dolci lacrime salse. Ma anime che non albergano che amore, (ogni altro pensiero essendo passeggero) questo stesso amore, o in cielo uno più grande, proveranno quando, i corpi dati alle tombe, dalle tombe le anime migreranno. Là sarà beatitudine totale, per noi, per tutti gli altri. Qui sulla terra, noi siamo Re e tali che nessuno può essere Re come noi lo siamo, e suoi sudditi anche. Chi più al sicuro di noi? in questo luogo dove nessuno può tradirti, solo noi due. I timori freniamo, i veri e i falsi; sovranamente amiamoci, viviamo; anni e anni aggiungiamo per avere il dono di contare fino alle nozze di diamante. Oggi, inizio del secondo anno del nostro regno.
Vecchio stolto faccendiere, sole dissennato, perché così, attraverso vetri e tende vieni a visitarci? Le stagioni degli amanti devono volgere ai tuoi movimenti? Sfacciato dannatissimo pedante, va a strapazzare gli scolari in ritardo, i garzoni inveleniti, va a dire ai cacciatori: il Re vuole cavalcare, chiama le formiche dei campi alle fatiche del raccolto, immutabile l’amore non conosce climi e stagioni, non giorni, mesi, e ore, del tempo solo i brandelli. Perché pensi che i tuoi raggi siano tanto potenti e venerandi? Con un battito di ciglia potrei eclissarli, obnubilarli, se non che non vorrei non vedere lei tanto a lungo. Se i suoi occhi non hanno accecato i tuoi, guarda, e domani quando è tardi dimmi se le Indie delle spezie e delle miniere sono dove le lasciasti, o sono qui da me. Chiedi dei Re che hai visto ieri, ti sarà detto, che giacciono tutti qui in un letto. Lei è tutti gli stati, io sono tutti i principi, nient’altro esiste. A paragone i principi non recitano che la nostra parte, ogni onore è mimica, ogni ricchezza è alchimia. Tu sei felice, oh sole, molto meno di noi, in cui il mondo si è così contratto; la tua età richiede agi, il tuo compito è di scaldare il mondo – scaldaci, ed è fatto. Splendi su noi e sarai dovunque, questo letto è il tuo centro, queste pareti la tua sfera.
Caro amore, per niente al mondo, solo per te, avrei spezzato questo sogno beato, era tema per la ragione, troppo forte per la fantasia – fosti saggia a svegliarmi, e tuttavia il mio sogno tu non spezzi, lo continui. Tu così vera, il pensiero di te basta a far dei sogni verità, delle favole storia. Vieni tra le mie braccia. Poiché ti parve meglio ch’io non sognassi tutto il mio sogno, viviamo il resto. Come lampo, come luce di candela i tuoi occhi, non il rumore, mi hanno svegliato, e ti pensai (tu ami la verità) un Angelo a prima vista. Ma quando vidi che vedevi il mio cuore e sapevi i miei pensieri come un angelo non saprebbe, quando vidi che sapevi ciò che sognavo e quando l’eccesso di gioia mi avrebbe svegliato e allora apparisti – confesso non sarebbe che profano pensare te altro da te. Il giungere, il restare, ti hanno rivelato, ma illevarti mi fa ora dubitare che tu non sia più tu. È debole quell’amore, forte quanto la paura, non è tutto spirito, puro e coraggioso se l’onore mischia e la paura e il pudore. Forse, come le torce che devono essere pronte vengono accese e poi spente, così tu fai con me. Vieni per accendermi, vai per ritornare. E io di nuovo sognerò quella speranza, ma per non morire.
Rendimi gli occhi sperduti, oh troppo a lungo hanno sostato su di te; ma poichè tanto appresero di male, di modi affettati, di false passioni, così che fatti da te ciechi alla bella vista, tienili tu, presso di te. Rendimi il cuore inerme che non un pensiero indegno potè macchiare; ma se edotto da te alla derisione di ogni dichiarazione, al tradimento di parola e giuramento, tienilo tu, chè più non mi appartiene. Rivoglio i miei occhi. Rivoglio il mio cuore. Che le tue bugie possa conoscere e vedere e riso e gioia provare, quando tu in angoscia dimorerai e languirai per qualcuno che si negherà o si mostrerà infedele, come te, ora.
In verità mi chiedo, che abbiamo fatto tu e io prima di amarci? Non eravamo ancora svezzati? E suggevamo rustici piaceri come infanti? O alla grossa dormivamo nell’antro dei sette dormienti? Fu così. Tranne questo, ogni altro piacere è fantasia. Se mai bellezza vidi, che desiderai, e che fu mia, fu solo un mio sognarti. E ora buongiorno alle nostre due anime che si svegliano e si guardano l’un l’latra, non per paura, perché amore, amore d’altre viste esclude e fa di una stanzetta un ogni dove. Lasciamo ai naviganti i nuovi mondi. Lasciamo ad altri anche le carte – mondi su mondi hanno mostrato. Teniamo un mondo solo noi che abbiamo il nostro proprio mondo, e un mondo siamo. Il mio volto nei tuoi occhi. Il tuo nei miei. Cuori sinceri e aperti sui nostri volti. Dove possiamo trovare due emisferi più perfetti, senza tagliente nord, senza caduco occaso? Ciò che muore non fu commisto in parti uguali; se il tuo, il mio amore è uno, o tu e io in amore siamo così uguali, nessuno può morire, nessuno può mancare.
La piu grande biblioteca online di poesie in italiano