La cerniera lampo è scivolata sulle tue reni e il temporale felice del tuo corpo innamorato nell’ombra fitta d’improvviso è scoppiato E la tua gonna cadendo sul parquet incerato non ha fatto più rumore di una scorza d’arancio che cada su un tappeto Ma sotto i nostri piedi i bottoncini di madreperla cricchiavano come semi Sanguinello frutto bello la punta del tuo seno ha tracciato una nuova linea della fortuna sul palmo della mia mano Sanguinello frutto bello
Allodola del ricordo è tuo il sangue che scorre è tuo e non il mio Allodola del ricordo ho stretto il pugno mio Allodola del ricordo gentile uccello finito non saresti dovuto venire a beccare nella mia mano i semi della dimenticanza.
Dèmoni e meraviglie Venti e maree S’è ritirato già il mare in lontananza E tu Come alga dolcemente dal vento accarezzata Nelle sabbie del letto ti agiti sognando Dèmoni e meraviglie Venti e maree Il mare s’è ritirato già in lontananza Ma nei tuoi occhi socchiusi Due piccole onde son rimaste Dèmoni e meraviglie Venti e maree Due piccole onde per farmi annegare.
Davanti alla porta dell’officina l’operaio s’arresta di scatto il bel tempo l’ha tirato per la giacca e come egli si volta e osserva il sole tutto rosso tutto tondo sorridente nel suo cielo di piombo e strizza l’occhio familiarmente Su dimmi compagno Sole forse non trovi che è piuttosto una coglionata offrire una simile giornata a un padrone?
Solo il tuo cuore appassionato e niente più. Il mio paradiso un campo senza usignolo né lire, con un lento corso d’acqua e una piccola sorgente. Senza il fruscio del vento tra i rami, né la stella che desidera esser foglia. Una immensa luce che fosse lucciola di un’altra, in un campo di sguardi evanescenti. Una limpida quiete e i nostri baci là – sonori vezzi dell’eco – si schiuderebbero assai lontano. Il tuo cuore appassionato e niente più.
E i bicchieri eran vuoti e la bottiglia infranta E il letto spalancato e l’uscio era sprangato E tutte le stelle di vetro della felicità e della bellezza lucevano nella polvere della stanza mal spazzata Ed ero ubriaco morto ed ero fuoco di gioia ed eri ebbra vivente nuda tra le mie braccia.
Che giorno siamo noi Noi siamo tutti i giorni Amica mia Noi siamo tutta la vita Amore mio Noi ci amiamo e noi viviamo Noi viviamo e noi ci amiamo E noi non sappiamo che cosa è la vita E noi non sappiamo che cosa è il giorno E noi non sappiamo che cosa è l’amore
Sono quella che sono Sono fatta così Se ho voglia di ridere Rido come una matta Amo colui che m’ama Non è colpa mia Se non e sempre quello Per cui faccio follie Sono quella che sono Sono fatta così Che volete ancora Che volete da me Son fatta per piacere Non c’e niente da fare Troppo alti i miei tacchi Troppo arcuate le reni Troppo sodi i miei seni Troppo truccati gli occhi E poi Che ve ne importa a voi Sono fatta così Chi mi vuole son qui Che cosa ve ne importa Del mio proprio passato Certo qualcuno ho amato E qualcuno ha amato me Come i giovani che s’amano Sanno semplicemente amare Amare amare… Che vale interrogarmi Sono qui per piacervi E niente può cambiarmi.
Lo sforzo umano non è quel bel giovane sorridente ritto sulla sua gamba di gesso o di pietra e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore la stupida illusione della gioia della danza e del giubilo evocante con l’altra gamba in aria la dolcezza del ritorno a casa No Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra un altro sulla testa e un terzo sulla spalla sinistra con gli attrezzi a tracolla e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio Lo sforzo umano porta un cinto erniario e le cicatrici delle lotte intraprese dalla classe operaia contro un mondo assurdo e senza leggi Lo sforzo umano non possiede una vera casa esso ha l’odore del proprio lavoro ed è intaccato ai polmoni il suo salario è magro e così i suoi figli lavora come un negro e il negro lavora come lui Lo sforzo umano no ha il savoir-vivre Lo sforzo umano non ha l’età della ragione lo sforzo umano ha l’età delle caserme l’età dei bagni penali e delle prigioni l’età delle chiese e delle officine l’età dei cannoni e lui che ha piantato dappertutto i vigneti e accordato tutti i violini si nutre di cattivi sogni si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione e come un grande scoiattolo ebbro vorticosamente gira senza posa in un universo ostile polveroso e dal soffitto basso e forgia senza fermarsi la catena la terrificante catena in cui tutto s’incatena la miseria il profitto il lavoro la carneficina la tristezza la sventura l’insonnia la noia la terrificante catena d’oro di carbone di ferro e d’acciaio di scoria e polvere di ferro passata intorno al collo di un mondo abbandonato la miserabile catena sulla quale vengono ad aggrapparsi i ciondoli divini le reliquie sacre le croci al merito le croci uncinate le scimmiette portafortuna le medaglie dei vecchi servitori i ninnoli della sfortuna e il gran pezzo da museo il gran ritratto equestre il gran ritratto in piedi il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede il gran ritratto dorato il gran ritratto del grande indovino il gran ritratto del grande imperatore il gran ritratto del grande pensatore del gran camaleonte del grande moralizzatore del dignitoso e triste buffone la testa del grande scocciatore la testa dell’aggressivo pacificatore la testa da sbirro del grande liberatore la testa di Adolf Hitler la testa del signor Thiers la testa del dittatore la testa del fucilatore di non importa qual paese di non importa qual colore la testa odiosa la testa disgraziata la faccia da schiaffi la faccia da massacrare la faccia della paura.
Ha messo la sua testa il domatore nella gola del leone io ho infilato due dita solamente nel gargarozzo dell’Alta Società Ed essa non ha avuto il tempo di mordermi Anzi semplicemente urlando ha vomitato un po’ della dorata bile a cui è tanto affezionata Per riuscire in questo giuoco utile e divertente Lavarsi le dita accuratamente in una pinta di buon sangue A ognuno la sua platea.
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