poi siamo recisi dal muro che fa il toglimento sottile che fa la frattura dei pochi richiami / ricamo veloce di buio nei corridoi nelle sale che non fa ricrescere niente occorre dire il nostro nome (che ci chiamiamo sempre) Gian Maria Annovi (1979, Reggio Emilia), da Persona presente con passato imperfetto (LietoColle, 2018)
infila una mano nella tua pelle da guaritore filippino ne sguscia un’incudine un fascio di grano il sogno dell’incubo rovesciato voleva sanarti delle parole che vengono dentro come tumori budella di pollo (forse) di coniglio Gian Maria Annovi, (Reggio Emilia, 1978), inedito
Essere matita è segreta ambizione. Bruciare sulla carta lentamente e nella carta restare in altra nuova forma suscitato. Diventare così da carne segno, da strumento ossatura esile del pensiero. Ma questa dolce eclissi della materia non sempre è concessa. C’è chi tramonta solo col suo corpo: allora più doloroso ne è il distacco. Valerio Magrelli (Roma, 1957), Ora serrate retinae (Feltrinelli, 1980) In questa poesia di Magrelli il soggetto è descritto come un corpo che cerca di liberarsi dai propri limiti per trasformarsi in una scrittura fisica, un’ossatura del pensiero. La contraddizione di questa associazione corrisponde al bisogno del poeta di rendere esperibile, toccabile, l’immaterialità del pensiero, che si rivela però essere una struttura fragilissima, che non assicura mai al soggetto di conoscersi, di vedersi veramente dall’esterno. La fragilità della carne fatta segno, cioè di una scrittura intesa come possibilità conoscitiva oltre il corpo, è forse una metafora dell’indebolimento del soggetto postmoderno, che è diventato poroso e debole, proprio come un osso. (Gian Maria Annovi)
Forse al crepuscolo il nero diventa un oscuro pericolo. Forse ogni incontro che faccio è una jambalaya *
d’esistenze. In altre parole un negro può sopravvivere. Qualcosa è accaduto a Sanford, qualcosa è accaduto a Ferguson e Brooklyn e Charleston, qualcosa è accaduto a Chicago e Cleveland e Baltimora e accade in questa nazione quasi ovunque ogni giorno. Forse c’è chi è sempre una preda negli incontri. Non potrai mai ammetterlo. I nomi che vivono sono come i nomi nei sepolcri. Forse al crepuscolo il nero diventa un oscuro pericolo. E un cancello. Forse il blu della pelle di un nero è identico al blu della pelle di suo figlio come ogni crepuscolo è identico ad un altro.
mi lascia un appunto sul cartone del latte perché Lei lo sa che gli oggetti caducano e gocciano a volte le mie cosce i miei capezzoli (per esempio) spazzo la casa per Lei solamente che mi lascia i post-it sulle cose le Sue impronte Gian Maria Annovi (Reggio Emilia, 1978) da Terza persona cortese (d’if, 2007)
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