Giungla d’asfalto Vagano nella notte vasti gli autobus, anime in pena, scrigni di luce pallida, tremanti, vuoti, utili soltanto a chi è lontano, avanti e indietro sempre legati a una linea di dolore e lasciano salire ad ogni sosta un sospiro che sembra una preghiera. Valerio Magrelli (Roma, 1957), da Nature e venature (Mondadori, 1987) La poesia diventa “magica” quando descrive un oggetto e lo trasforma in qualcosa di diverso, al punto di apparirci nuovo, come se si vedesse per la prima volta. Ecco allora che gli autobus non sono più gli usuali mezzi di trasporto che incontriamo tutti i giorni, ma diventano “scrigni di luce pallida”, “anime in pena”, e sono “tremanti”… Diventano metafore, simboli di qualcos’altro, forse il destino dell’uomo, fatto di partenze, fermate intermedie e capolinea… Il testo è ricco di figure retoriche, e quel che colpisce il lettore (provate a leggere ad esempio gli ultimi quattro versi ad alta voce) è la rete sonora che lo impreziosisce, attraverso allitterazioni e rime di vario tipo, che ognuno potrebbe divertirsi a individuare. (Giacomo Vit)
Me pari al va a sgarfà di matina bunora tal ciamp da li’ vansadìssis, in duà che la zent a dismintiea pinsèirs di fiar, plastica lenc incarulìt. Ulì al sercia, cun deis di sbissa ingrispada ‘na sclesa di vita; ‘na roda di bicicleta, un vasùt di veri, un lustri inciamò bon. Cussi, cun chel puc di oru ulì al crot di tornà a fà sù il mont che ator-ator di lui al va in slanìs… Giacomo Vit (San Vito al Tagliamento, 1952), da Sòpis e Patùs (Edizioni Cofine, 2006) L’oro di mio padre Mio padre va a rovistare / al mattino presto / nel campo delle immondizie, / dove la gente / dimentica pensieri / di ferro, plastica, legno tarlato. / Lì cerca, con dita /di biscia raggririzita, / una scheggia di vita: / una ruota di bicicletta, / un vasetto di vetro, un fanale / ancora funzionante. / Così con quel poco / di oro / crede / di ricostruire / il mondo /che attorno a lui / va sfacendosi…
A son chei ch’a scrivin puisìis, ch’a poin zanzivis e dinc’ tal our da l’anima, peraulis-grimaldei, silabis-sbissis, rimis par vualivà bùfulis, grops, socs. Altris a imparin a tetà dal blanc dal sfuoi, a fis’cià da un vint insoterat drenti. Giacomo Vit (San Vito al Tagliamento, 1952), da Ciacarada ta ‘na lus verda (Chiacchierata in una luce verde) (Aura, 2000)
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