* la mente innamorata di un’idea la corteggia finché la possiede e genera l’amore che con sete di conoscenza in silenzio s’iddia nel vuoto mondo (nessuna via di perfezione gli è chiusa ma vede allontanarsi ogni giorno le mete più alte e il desiderio – lui medea di sé – l’uccide ancora innocente col tossico acre dell’indifferenza e dell’errore), un mondo senza salvezza dove apre ali di cera l’idea e s’invola nell’aria leggera sedotta dalla luce della mente che la consuma, disperatamente
… Dorme, lei – lei che non dorme mai quando i suoi cattivi pensieri l’opprimono e inquieta si gira e rigira nel letto, rancori profondi ne turbano il sonno, ora dorme forse paga del pianto che la notte piange dietro la persiana abbassata la finestra ben chiusa forse invece sopraffatta da una stanchezza che perdona e addolcisce anche l’ansia, perduta in un suo sopramondano sogno; chi insonne soffre il proprio dèmone attende l’alba il lucore di un’aurora lontana che fra nembi vuoti trovi una via rischiari le borgate più remote le vie di popolari periferie, che a lei doni il risveglio presago di una domenica di pace e di lavori domestici, a me il sonno torbido e breve del mattino l’ozio fra tavolo e giardino la solerte necessità …
* la disperata mente se dispera di sé affida idee e altri affetti al cuore che li rianimi e le inerti ragioni ne ravvivi come cera e cenere del mondo perché certi giorni quando più forte l’afferra il desiderio e l’ansia si rivela compagna del dolore benché resti vigile quanto più l’amore esalta la volontà di sofferenza il fiato le manca, ———— però tenera si scalda tanto è innamorata quando guarda indietro al tempo che se n’è andato e tratta le ombre come cosa salda
Olandese volante alla deriva sull’azzurra corrente sera di giugno e cielo cieco come il nostro appartenerci “quando il Bene ci abbandona, l’Amore, e la vita non consente variazioni… è il suo stile” tra l’edera e i lauri del giardino i tuoi testardi animali sensitivi s’interrano aspettando l’acqua le foglie tremano non meno sensitive più verdi degli anni “se non hai cuore se non hai fede non potrai più scrivere… tu lascia che il passato il passato si giudichi da solo – ti domandano versi sul futuro: qual è la prospettiva?” l’occasione fa il poeta su lui pesa la grazia di un passato ancora vivo e domani e domani è come un morto giudizio poi che natura e arte hanno virtù… “ma non sono mai state virtuose” e la trama sospesa la perfetta tessitura della mente cattura quel che sa: età e mondo “un poeta annoiato mentre sceglie quali versi lasciare ai suoi posteri pensa al futuro?” – pre- visione: una busta sigillata con le ultime volontà: DA NON LEGGERE PRIMA DELLA MIA MORTE – gracchiando la cornacchia il nero uccello serale preannuncia quelle nubi oscure apportatrici di pioggia, noi sedendo e conversando le osserviamo avvicinarsi…
Una rondine nuova- mente si slancia, plana con perfettissimo volo dalla punta della memoria in un filo di vento verso la deriva serale, bianconero lampo in una sortita di sereno, solidale per amore con gronda e stagione con l’orizzonte che la chiama al volo.
per A. B., ancora Se un giorno mi lascerò, fuggendo da questi viali di platani malati e lungotevere invasi di traffico, alle spalle la città nella tua Parma verrò e salendo ai monti Casarola raggiunta mi vedrai seduto sulle sue pietre a piangere il fiore della tua poesia per sempre caduto, ma oggi nel caldo di un mattino di giugno cercando invano parole che curino il dolore esco in giardino a osservare la piccola famiglia di tartarughe – genitori e figli – sostare quieta in un cerchio di sole. Questo di tante speranze mi resta oggi: il calore di un pallido sole che illude tutti, i testardi animali corazzati contro le offese naturali e anche i poveri poeti indifesi e pieni di un’angoscia che rinnova il dolore premendo sullo sterno e soffocando il cuore ma lasciando la mente presa nella rete dei suoi ragionamenti… L’estate vicina già punge con questi primi raggi domenicali. Non serve e non vale oggi incidere versi se in giardino anche il merlo riposa sugli allori. da ORE DORATE
* la mente innamorata quando mira indietro al tempo ormai andato sale scale lunari nella sera umida e lasca cerca le perdute ombre mentre il vento le spira contro e strappando fogli a un caduto calendario s’ingola e s’infessura nei riposti dell’anima in un cupo abisso di dolore intellettuale perciò freddo e abitato dal male di cattivi pensieri avvelenato da un’aria d’omissioni e pentimenti vani se il senno svanirà coi sensi e lunatico o alieno o stralunato sulle gobbe lunari non sarà trovato
All’azzurro mitissimo, al vago volo che v’appare e vi sosta ammaliato, al vento che lievissimo spira, al caso che solo avvenne, al dopo che non c’è né ci sarà …
Nevicava. Cadeva anche la notte su case e strade e al lume delle prime lampade i fiocchi sembravano gocce di miele trasparenti. Nella buia cucina ardeva un fuoco sazio. Latte caldo e sonno bevevo a una schiumosa tazza mentre mia madre che cuciva e raccontava storie era ai miei occhi torbidi perché da stanchezza chiusi rosa e blu nel riverbero del fuoco e nelle tenebre fredde oltre la scala che ora avrei salita per andare a letto e per sognare anni futuri fiorire presto di bellezza e d’ansia. Nasceva da innocenza o impudicizia puerili il turbamento che bambini cugini scoprivamo in quei mattini di neve e gelo quando appena usciti dal sonno infreddolita mi stringeva e toccava aspettando che le tazze schiumose e calde della colazione fossero pronte? Se in quelle carezze non c’erano intenzioni né malizia perché scaldando il latte sulla stufa nuova dalla cucina “non toccatevi!” nonna intimava? Se era solo il primo ingenuo incanto perché quel piacere intenso e breve mi tremava dentro come paura?
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