Queste oscure pupille, oh Questi miei semplici Sufi eremiti Nel rapimento della danza rituale degli occhi di lui Erano in estasi Vidi ondeggiare Su di me interamente Come la vampa rossastra del fuoco Come il riflesso dell’acqua Come una nube convulsa di pioggia Come un cielo accaldato dal respiro dell’estive stagioni. Fino all’illimitato Fino al di là della vita Era disteso lui Vidi nel soffiare delle sue mani La corporeità del mio essere Dissolversi. Vidi il suo cuore Con quella incantevole risonanza vagante Rimbombare pieno nel mio cuore L’ora volò via La tenda se ne andò col vento L’avevo stretto a me Nell’aureola focosa Avrei voluto dire qualcosa Però, oh meraviglia! Il folto delle sue ciglia ombreggianti Come le frange della tenda di seta Fluirono dal fondo della tenebra Lungo l’esteso inguine del desiderio E quella convulsione Quella convulsione contaminata di morte Fino alla mia profondità perduta Mi vidi liberare Mi vidi liberare Vidi la mia pelle spaccarsi pel dilatare dell’amore Vidi il mio volume ardente Liquefarsi E versarsi, versarsi, versarsi Nella luna, la luna adagiata nel concavo, l’opaca luna perturbata Avevamo pianto l’uno nell’altro L’uno nell’altro tutto l’attimo ineffabile dell’unione Follemente avevamo vissuto
Mai ho desiderato Essere una stella nel miraggio del cielo O come gli spiriti degli eletti Essere compagna silente degli angeli Mai stata divisa dalla terra Né confidente con la stella Ferma sono sulla terra Con il corpo che come stelo d’una pianta Succhia il vento, il sole, l’acqua per vivere Feconda di voglia Feconda di dolore Sulla terra io sono ferma Affinché le stelle mi adorino Affinché le brezze mi accarezzino Dalla mia fessura guardo Non sono altro che l’eco di una canzone Eterna [certo] non sono Nel gemito del piacere che più puro È del semplice silenzio di una tristezza Tranne l’eco di una canzone non cerco In un corpo che è una rugiada Sull’iris del mio corpo Dimora non cerco Sulla parete della mia capanna che è la vita Colla grafia nera d’amore I passanti Hanno disegnato ricordi: Cuore trafitto da freccia Candela rovesciata Silenti pallidi punti Sulle lettere scomposte di pazzia. Ogni labbro che toccò il mio Una stella concepì Nella mia notte che si posava Sul fiume dei ricordi Allora perché mai desiderare una stella? Questa è la mia canzone Bella e gradevole E prima di questo non v’era più di questo.
Più sola di una foglia Carica delle mie migrate gioie Nelle verdi acque d’estate Remo adagio Fino al territorio della morte Fino alla riva delle tristezze autunnali In un’ombra mi sono abbandonata Nell’ombra ineffabile d’amore Nell’ombra fuggente della felicità Nell’ombra delle caducità Le notti in cui gira una brezza confusa Nel basso cielo nostalgico Le notte in cui s’avvolge una nebbia sanguinante Nei vicoli azzurri delle vene Le notti in cui siamo soli Soli con la scossa del nostro spirito Sgorga tra i battiti del polso Un senso di vita, di vita malsana “V’è un segreto nell’attesa delle valli” L’hanno inciso sulle cime dei monti Sulle imponenti pietre Quelli che sull’orlo del proprio precipizio Una notte colmarono il silenzio delle montagne Di un’amara supplica “Nell’ansia delle mani piene Non v’è la quiete delle mani vuote È bello il silenzio delle rovine” Cantava una donna nelle acque Nelle verdi acque d’estate Pareva vivere nelle rovine Noi ci contaminiamo L’un l’altro coi nostri respiri Ci contaminiamo con la virtù di felicità Noi temiamo la voce del vento Noi per la penetrazione dell’ombra del dubbio Nel giardino dei baci impallidiamo Noi in tutte le feste del castello di luce tremiamo dallo spavento del crollo Ora tu sei qui steso come il profumo delle acacie Nei vicoli del mattino Sul mio petto pesante Nelle mie mani bollenti Nelle mie chiome perdute, bruciate, attonite Ora tu sei qui. Qualcosa di vasto, oscuro, fitto Qualcosa d’inquieto come la voce lontana del giorno Sulle pupille mie sconvolte Gira e si stende Forse qualcuno mi separa dalla fonte Forse qualcuno mi coglie dal ramo Forse qualcuno come una porta mi chiude ai momenti venturi Forse… Non vedo più. Noi su una terra futile siamo cresciuti Noi su una terra futile pioviamo Il “nulla” abbiamo incontrato Che galoppava come un re Sul suo dorato corsiero alato Ahimè, siamo felici e quieti Ahimè, siamo nostalgici e silenti Felici perché amiamo Nostalgici perché l’amore è maledetto.
Nell’oscurità T’ho chiamato C’era il silenzio, e la brezza Che sventolava la tenda Nel tediato cielo Una stella ardeva Una stella passava Una stella moriva T’ho chiamato T’ho chiamato Tutta la mia esistenza Come una ciotola di latte Era fra mie le mani Lo sguardo azzurro della luna Toccava i vetri Una triste canzone S’innalzava come fumo Dalla città delle cicale Come fumo scivolava sulle finestre Tutta la notte là Nel mio petto Qualcuno dalla disperazione Ansimava Qualcuno insorgeva Qualcuno ti desiderava Qualcuno le sue mani fredde Di nuovo respingeva Tutta la notte là Dagli oscuri rami Una tristezza si versava Qualcuno di sé si meravigliava Qualcuno a sé ti invocava L’aria come maceria Su di lui crollava Il mio piccolo albero Era innamorato del vento Del vento vagabondo [Ma] dov’è la dimora del vento? Dov’è la dimora del vento?
Ah se in questo silenzio con questa purezza tu diventassi terra tra le mie braccia, in questo silenzio, con questa purezza tra le mie braccia sotto l’ombrello dei miei capelli quando il terreno del mio giovane corpo ti beve come una pioggia delicata o una carezza di luna.
Perché fermarmi, perché? Gli uccelli sono partiti in cerca di una direzione azzurra. L’orizzonte è verticale, L’orizzonte è verticale e il movimento: zampillante E, al limite del visibile, Ruotano, luminosi, i pianeti. Alle altitudini, la terra rinnova il suo ciclo, I pozzi d’aria Si trasformano in tunnel di collegamento E il giorno è una distesa Che le limitate idee del verme del giornale non racchiudono.
Saluterò di nuovo il sole, e il torrente che mi scorreva in petto, e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino che con me hanno percorso le secche stagioni.