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Verso Vienna

Eugenio Montale

Eugenio Montale

Il convento barocco
di schiuma e di biscotto
adombrava uno scorcio d’acque lente
e tavole imbandite, qua e là sparse
di foglie e zenzero.
Emerse un nuotatore, sgrondò sotto
una nube di moscerini,
chiese del nostro viaggio,
parlò a lungo del suo d’oltre confine.
Additò il ponte in faccia che si passa
(informò) con un solo di pedaggio.
Salutò con la mano, sprofondò,
fu la corrente stessa…
Ed al suo posto,
battistrada balzò da una rimessa
un bassotto festoso che latrava,
fraterna unica voce dentro l’afa.

Xenia I

Eugenio Montale

Eugenio Montale

– Introduzione –

IL TU
I critici ripetono,
da me depistati,
che il mio – tu – è un istituto.
Senza questa mia colpa avrebbero saputo
che in me i tanti sono uno anche se appaiono
moltiplicati dagli specchi. Il male
è che l’uccello preso nel paretaio
non sa se lui sia lui o uno dei troppi
suoi duplicati.

Xenia I, 5

Eugenio Montale

Eugenio Montale

Non ho mai capito se io fossi
il tuo cane fedele e incimurrito
o tu lo fossi per me.
Per gli altri no, eri un insetto miope
smarrito nel blabla
dell’alta società. Erano ingenui
quei furbi e non sapevano
di essere loro il tuo zimbello:
di esser visti anche al buio e smascherati
da un tuo senso infallibile, dal tuo
radar di pipistrello.

Sarcofaghi

Eugenio Montale

Eugenio Montale

Dove se ne vanno le ricciute donzelle
che recano le colme anfore su le spalle
ed hanno il fermo passo sì leggero;
e in fondo uno sbocco di valle
invano attende le belle
cui adombra una pergola di vigna
e i grappoli ne pendono oscillando.
il sole che va in alto, le intraviste pendici
non han tinte: nel blando
minuto la natura fulminata
atteggia le felici
sue creature, madre non matrigna,
in levità di forme.
Mondo che dorme o mondo che si gloria
d’immutata esistenza, chi può dire?,
uomo che passi, e tu dagli
il meglio ramicello del tuo orto.
Poi segui: in questa valle
non è vicenda di buio e di luce.
Lungi di qui la tua via ti conduce,
non c’è asilo per te, sei troppo morto:
seguita il giro delle tue stelle.
E dunque addio, infanti ricciutelle,
portate le colme anfore su le spalle.

La casa dei doganieri

Eugenio Montale

Eugenio Montale

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
ed il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

So l’ora

Eugenio Montale

Eugenio Montale

So l’ora in cui la faccia più impassibile
è traversata da una cruda smorfia:
s’è svelata per poco una pena invisibile.
Ciò non vede la gente nell’affollato corso.
Voi, mie parole, tradite invano il morso
secreto, il vento che nel cuore soffia.
La piú vera ragione è di chi tace.
il canto che singhiozza è un canto di pace.

La Storia

Eugenio Montale

Eugenio Montale

La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.