Le case in lunga fila hanno facce arse dal vento, rosse: bare di immobile aria lo guardo ottuso, bidiota, ammiccano al vento che soffia un insulto gioioso sulle loro facce… Vecchie zitelle che inghiottono con dignità il loro odio guardando l’andatura provocante di donne giovani, alte, con le gonne svolazzanti. Hanno facce arse dal vento, rosse, tentano con dignità di sorridere una bugia rossa per un attimo in lunga fila mentre soffia il vento. Gli uomini vestono in blu, nero e grigio, i tre colori del cielo. Odio, amore e bontà si accalcano nello spazio di una giacca abbottonata con grazia. Il cielo guarderà giù dolcemente e chiederà a questi uomini come e perché: e le minuscole, indaffarate cose che stanno sotto una giacca nasconderanno il loro disappunto e strisceranno via con i loro abiti blu, neri e grigi… Bugia tricolore per tradire l’innocente, grande cielo che guarda gentile… Oh, l’intrusione turberebbe i petti degli uomini che strisciano via corazzati di bugie nere e blu e grigie.
Certe cose ci puntano contro il dito e ridono. Certe cose si nascondono agli occhi della gente e si odono piangere sommessamente. Certe cose cadono dal cielo: cose nere informi, mostri della notte e terrore dei giorni. Certe cose sembrano essere state predisposte da Dio e dal Diavolo. Certe cose sembrano nate in un abisso e cresciute nelle tenebre. Certe cose portano l’immagine della bontà come se il fuoco ve l’avesse scolpita in bassorilievo. Certe cose ridono fino a divenire teschi e poi continuano a ridere. Certe cose sono come alberi di pesco, portano a lungo frutti verdi. Certe cose sono come il vino che uno beve soltanto per ubriacarsi. Certe cose colpiscono il cuore come un colpo di gong, così che poi risuona a lungo. Certe cose schiacciano il cuore come se fosse uno scarafaggio. Ed è orribile, come spiaccicare uno scarafaggio. Certe cose sono come il fulmine: possono essere guidate anche se pericolose. Certe cose sono come pensieri dal piede pesante, hanno il piede pesante anche se abitano il cielo. Certe cose sono come le aquile. Vivono in alto – possono benissimo dimenticare la valle. Certe cose sono come il terremoto: utilizzano tutte le nostre paure. Certe cose sono come la Bellezza che è morta da tempo: solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.
Che piacere vederti: la mia vita mancava di qualcosa: ed ecco che vieni tu ad appagare il desiderio di te nel respiro di un’ora triste. È certo che ti volevo vedere perché ti saluto con parole troppo comuni per nascondere una bugia: “Che piacere vederti”.
Io pensavo fosse una lunga gita in barca su un lago tranquillo: intorno i salici piangenti lasciavano cadere nell’acqua le chiome, e fra quelle chiome, i raggi che il sole andandosene, aveva dimenticato. Ma ora che è passato, so che era un fiume travolgente e fragoroso, che distruggeva tutto, tutto. Nell’anima non mi è restato che un cespuglio, che oscilla e ondeggia al vento come i capelli di una strega, che sibila, che maledice il vento come il braccio spaventoso di una strega, ed è ricordo.
Le sue labbra sono rose che imputridiscono nell’acqua. Le sue palpebre due avvizzite viole. I suoi occhi sono pozzanghere. La sua voce è quella di un uccello mentre lo strozzano. La sua giovinezza, passando, indugia nelle sue mani. Esse si librano, fluttuando, come due farfalle sul cadavere della sua carne. C’è un capriccio sinistro in lei, come di una bocca morta che sorrida. Le sue gambe ben tornite raccontano una impudente bugia. La sua anima giace nel disordine di un’orgia, sulle cui ceneri e gli sparsi avanzi pende, come fili di fumo azzurro, una eleganza di piccoli gesti.
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