Elisa Biagini
e la schiena si
crepa, astuccio
di semi
che spingono,
che s’aprono in rami,
cespuglio di dita
che mai giunge a toccare,
che taglia l’aria d’unghia.
e la schiena si
crepa, astuccio
di semi
che spingono,
che s’aprono in rami,
cespuglio di dita
che mai giunge a toccare,
che taglia l’aria d’unghia.
In piedi, sulla soglia,
il mio occhio nella tua
mano, la tua lingua
sul mio orecchio:
così ci conosciamo,
toccandoci, perché
la pupilla è sgranata
per lo sforzo, le papille
come scartavetrate.
Se l’asse cede, se la
voce affonda,
c’è qui,
nell’aria, la
parola-ramo
che ci tiene.
Piena è la borsa dell’occhio
di monete di tempo:
la tasca è cosí aperta
in queste ore che
sento il tintinnare.
mi scrivo tra le
crepe, nei nodi
del legno, nella
polvere sotto il tappeto:
il buio, che aspetta
d’entrare, s’aggruma
d’occhiaie.
Mi rigiro la carta tra le mani,
mi riannodo il respiro nella gola:
guardo le lettere con tutte quelle lame,
come le ombre delle cose poi mai dette.
Faccio buio e dopo accosto il foglio
la tua parola piú scura mi fa luce,
pulsa nel palmo tutto il suo silenzio.
È questo un seme che mai si consuma.
Controvento le parole
sono solo richiami,
saliva che ti torna
in bocca.
I take – no less than skies –
niente di meno del cielo – per me
come su foglio
accartocciato
che si liscia
resta il
segno
crepa
a colarci
l’inchiostro.
(noi ci imbeviamo
d’infiniti spigoli.)
Acqua smossa
Volto la testa da te
verso un altro mare,
lascio tracce di parole
scie dei nostri ricordi:
il cappotto mi tiene la forma
sennò sarei neve al sole.
E come acqua smossa
nella mia testa
con ogni tua parola
mi fai cerchi nel lago del cuore.
Mi perdo nei liquidi
sgonfiandomi di pianto
bicchiere d’acqua sarò
arriverò dal mare una mattina.
Bevimi a gocce,
bevimi a sorsi
che io sia in te
in ogni tuo passo.
u racconti dell´erba
travolta, della piuma
incastrata alla
finestra, della pioggia
raccolta dentro
l´orecchio
(e il silenzio, qui
perde peso).
Un fiammifero usato
ti solleva la palpebra,
ti cerca lo specchio di
retina, la rete coi
pesci-memorie