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“Pro nobis, Pantani”

Davide Rondoni

Davide Rondoni

E adesso non devi vincere
più
ti levi in silenzio
sui pedali
sulla linea del mare – –
potevi far morire il ciclismo
due battute ai giornali
ma hai piegato sul petto
le ali delle vittorie, smarrito anche
il cinismo e come un Charly Parker
hai cercato notte e crepacuore –
Vinci per me adesso Pantani,
per le volte che mi cadono le mani,
il fiato in salita
non ce la fa, e
vinci braccia alzate
sulla linea dove crollano
le corse degli amori,
per i visi cari
che si perdono lontani –
pirata di noi che sbagliamo
guizza via dalle ombre
che allungano giorni vani,
lucertola sii ancora
della nostra anima
malata e vittoriosa –
continua a salire per noi, Pantani
vedi dopo la curva come trema
la luce del vento
l’aria grandiosa

(Forlì, 1964), da Apocalisse amore (Mondadori, 2008)

A G.Ungaretti, visto di notte alla televisione leggere “I fiumi”

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Non ho fiumi io,
non ho mai vissuto sporgendo
il volto sull’acqua
che quieta o vorticosa
taglia la città, nobilita o nel gorgo
riporta via tutti i pensieri.
Non ho avuto
gradoni di pietra su cui disteso
perdere sotto il sole
il lume della mente, addormentando.
Non la loro vita
da rubare, da prendere
nel sangue quel ritmo,
quel fermento.
Ho avuto viali,
strade larghe, rumorose, il getto alto
di tangenziali,
braccia aperte di povera madre
vene da cui entra in città
ogni genere di roba.
Ho avuto viali d’alberi
o rapide vertigini tra pareti di acciaio
e di vetro oscuro.
Cento volte risaliti, come vecchie
canzoni, cento volte ridiscesi,
nessuno più che chiede
che davvero lo si guardi.
Ho avuto viali che il caos
rende identici, che sotto la pioggia
sono l’inferno,
sono frenetici.
Ma alla notte, quando cade
la notte
si ridisegnano,
viali nuovi
d’ombra e di solitudine,
quando li illumina il lento
collo dei lampioni e lo spegnersi
delle ultime réclame.
Si muovono allora leggermente,
ramificano, forse rotea un poco
tutta la città;
qualcuno finisce
in faccia a un castello, a una
cattedrale, altri smuoiono
sotto i fari arancio di un nodo autostradale – –
i viali la notte respirano
con le foglie dei platani, larghe, nere,
per i buchi oscuri alle finestre,
le grate del metrò e l’aria nenia
che dorme sui bambini.
Tirano il fiato quando va via
il passaggero sull’ultimo tram –
I viali mi danno
una vita speciale,
che non è pianto e allegria
non è, ma una ventosità,
un andare
ancora andare
che viene da chissà che mari,
da quali valli, da grandi fiumi.

A Giuseppe Ungaretti, visto di notte alla televisione leggere “I fiumi”

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Non ho fiumi io,
non ho mai vissuto sporgendo
il volto sull’acqua
che quieta o vorticosa
taglia la città, nobilita o nel gorgo
ruba via tutti i pensieri.
Non ho avuto
gradoni di pietra su cui disteso
perdere sotto il sole
il lume della mente, addormentando.
Ho avuto viali,
strade larghe, rumorose, il getto alto
di tangenziali,
braccia aperte di povera madre
vene da cui entra in città
ogni genere di roba.
Ho avuto viali d’alberi
o rapide vertigini tra l’acciaio di pareti
e vetro oscuro.
Il caos
Li rende identici, sotto la pioggia
sono l’inferno,
sono frenetici.
Ma la notte, quando cade
la notte
si ridisegnano,
viali nuovi
d’ombra e di solitudine,
quando li illumina il lento
collo dei lampioni e lo spegnersi
delle ultime réclame.
Si muovono allora leggermente,
ramificano, forse rotea un poco
tutta la città;
qualcuno finisce
in faccia a un castello, a una
cattedrale, altri smuoiono
sotto i fari arancio di un nodo autostradale –
i viali la notte respirano
con le foglie dei platani, larghe, nere,
le grate dei metro e l’aria nenia
che dorme sui bambini.
Tirano il fiato quando va
il passeggero dell’ultimo tram –
I viali mi danno
una vita speciale,
che non è pianto e allegria
non è, ma una ventosità,
un andare
ancora andare
che viene da chissà che mari,
da quali valli, da grandi fiumi.
Davide Rondoni (Forlì, 1964), da Il bar del tempo (Guanda, 1999)

Adiue II

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Se tu restassi quisi potrebbe continuare la conversazione,e sulle mani che tieni in gremboriposerei i miei occhi bianchi.Tu saresti la quiete del mondoe quel poco d’argine che soffermala piena…Ma no, dicevi, già via dal tuo stesso pianto
e dal mio, che principiava,
lasciando me e la mia casa
come due inutilità
per il tuo cuore da star – –
Dio, che ami le star
non lasciare che vada in cenere
il suo passo
e il dolore inchiodamelo dentro
come un bene.

Bartolomeo

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Bartolomeo
Quando anche tu ti fermerai in questo grande
autogrill e il viso stanco
vedrai rapido
sui vetri, sull’alluminio del banco,
sarà una sera come questa
che nel vento rompe la luce
e le nubi del giorno, sarà
un grande momento:
lo sapremo io e te soli.
Ripartirai
con un lieve turbamento, quasi
un ricordo e i silenzi delle scansìe di oggetti,
dei benzinai, dei loro berretti,
sentirai alle tue spalle leggero
divenire un canto.
La felicità del tempo è dirti sì,
ci sei, una forza segreta
uno sgomento ti fa, non la mia
giovinezza che cede, non l’età
matura, non il mio invecchiamento –
la nostra vera somiglianza
è là dove non si vede.
Mio figlio, mio viaggiatore,
sarà il tuo inferno, la tua virtù
questo udito da cane o da angelo
che sente all’unisono il giro dei pianeti
e la pastiglia cadere nel bicchiere
due piani sotto, dove due vecchi
si accudiscono.
Sarà questo amore strepitoso
tuo padre, quello vero.
Fermati ancora in questo autogrill,
dal buio mi piacerà rivederti…

Dell’esperienza grave e felice del cullare

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Non conto più i miei giorni
ma i tuoi,
e le parole e le balbuzie
sono le tue che attendo
non le mie, scritte ormai
più per abbandono che per forza.
E guardo salire incendiato il giorno
nei tuoi occhi o sulla foglia
dei piccoli respiri —
Anche Dio che l’ha inventato
con la fiamma delle comete ancora in mano
obbedisce a questo struggimento:
cresce nel figlio il padre, cede
e aumenta la propria gloria,
è uno stordito amore
che fa la storia.
Altri che non han voluto figli
nè di carne nè di cuore
fissano svanire le sere
sui fogli che restano bianchi
anche quando sono riempiti
dai grandi geroglifici del vento.
Quel che tu sei, Bartolomeo,
non sta nel grande campo
del mio fuoco, eccede
il mio pensiero, scompare
come un sogno all’amore
che lo insegue. Eppure ti fa,
è nelle tue mani, nel piede,
nell’improvviso che in te ride,
nel morso al paperino.
Ed è nel sonno
che ci parifica al cielo profondo
e porta vicino al silenzio delle cose.

È senza audio

Davide Rondoni

Davide Rondoni

È senza audio
stasera il cielo, ragazza impasticcata la
luna,
semivuoto l’hangar dell’universo
i bicchieri inutilmente in fila
il respiro pieno di ferite
vite molte in una
chi se ne frega se sono poesie sbagliate
versa amico,
l’infinito è una sbarra che ci traversa,
la Natura mai pura imperversa.
E noi, siamo di nessuno?
curvi alla ringhiera,
dici un po’ bevuto: la cosmologia
che non spiega l’amore no, non è vera
Io lo so, in petto ho
un tir, autostrade, notte, foglie
contro i vetri, pianure,
sterminate nevi, animali d’ombra in corsa lungo i fossi,
mente piena di doglie- ma vedo
la mano dell’amore da autista
manutentore
ha un anello nelle dita grosse
un sigillo lavorato
riflette nel cristallo del parabrezza
alla radiotrasmittente dice
con voce un po’ impastata ma lo dice: ehi, ehi!
mi chiami, mi chiami, bellezza?
Davide Rondoni(Forlì, 1964), daLa natura del bastardo(Mondadori, 2016)

Figura del centurione

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Figura del centurione
O Signore non son degno – degno noanzi quasi tutto bagnatoo interamente svergognatodi star qui come un sasso, una pietra,un ferro, figurati anchese invitarti a cena,
di partecipare alla tua mensa
per dividere i miei avanzi, il freddo
dei miei pasti, la tovaglia stupida
quadrettata, la sedia
sghemba, la bottiglia già iniziata,
e l’ombra della fronte sconcia
o portarti per un bicchiere
al primo bar.
Ma di’
ma di’ solo e soltanto
una parola, una cosa,
un uccelletto di voce,
di’ solo e soltanto
un niente -quel che ti passa
per la mente o per la testa
così incoronata di cielo
e di tempesta
di’ solo e soltanto
lascia magari cadere
un grano delle tue preghiere
o anche non dir niente
leggerò sulle labbra appena
o sentirò con gli occhi bassi
che un bacio d’aria viene
e io sarò salvato
dalle jene dei miei errori
e l’anima devastata avrà
la vita piena – –

Incinta; dice il test

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Non chiamarlo, vienenella sua forza semilucente,è già una parte del tuo sorrisoviene come il profumo dei boschi,un niente, il muso improvvisodella lepre, è già una pieganelle tue mani, siedesul trono che diventi.
E’ un aumento
che ha dismisura di nubi,
fa paura come l’inizio del vento
che piega i rami ma ravviva i colori.
Mio amore bello e pieno di tormento,
la sua impronta è già nella nostra
figura. La felicità
è l’attesa, è il tempo.

Io non voglio diventare vecchio

Davide Rondoni

Davide Rondoni

Io non voglio diventare vecchio
perché lo sono già stato mille volte
e so già il buio e quella vile tempesta.
Ora che piango come vidi
pianger mio padre, la stessa ruga e la testa
abbattuta, piena di sgomento,
imparo che la giovinezza
non corre nelle sorprese
del sangue ma nello sguardo che un vento
strappa da terra
per vedere in questo duro paese
l’infinita somiglianza tra Dio
e il viso di lei tutte le sere, i rami
nudi contro il cielo, il vino
fermo nel bicchiere…