Ti ho visto in faccia in quella stanza io sporco di sangue e muco tu stravolta e curiosa Ho tentato di dirti che non ero sicuro di voler restare fuori di te ma le parole che avevo in testa nella mia bocca si impastavano male Avevo appena imparato che tutta la vita sarebbe stata ipocrisia e paradosso ti avevo appena fatta soffrire ti avevo fatto sanguinare eppure ero io a piangere e tu a sorridermi Ti ho visto in faccia in quella stanza mentre mi portavano via C’era troppa confusione per dirti quanto fossi felice di poter finalmente dare un viso al ventre che mi aveva ospitato E più tardi con i miei colleghi si discuteva di reincarnazione, di eterno ritorno, dei cicli di Vico ma non vedevo l’ora di rivederti e di conoscere il tuo uomo e vostro figlio dei quali sentivo la voce ovattata e lontana. Ti ho visto in faccia in quella stanza e darei tutto quello che ho per ricordarmene.
Danzo la danza delle idee geniali sperando che tu mi dica qualcosa di nuovo Danzo la danza dei perdenti e perduti sapendo che i miei passi saranno vani Danzo la danza degli ingenui felici credendo che il mio sudore serva a qualcuno Danzo la danza dei profittatori e danzerò finché mi pagherai E danzo, danzo, danzo per vincere la mia arroganza Danzo, danzo, danzo il perché non ha importanza Danzo la danza dei maledetti perché lo spleen mi arriva fino al torace Danzo la danza dei presuntuosi perché anche tu lo sei se ti credi al mio livello Danzo la danza degli indesiderati mi sono allenato molto davanti alle porte chiuse Danzo la danza degli insofferenti ti puoi spostare un po’ più in là, per favore? E danzo, danzo, danzo fino a che resterò in piedi Danzo, danzo, danzo perché sei tu che me lo chiedi.
Non sento orti dentro me solo steppa e tundra Nessun fruscio di crescita o di vita Nessuna trasformazione Nessun organo di luce Soltanto scie grigie come vortici di numeri di roulette e lampi magri come radici di pianta carnivora che divora angeli e aerei al di sopra delle nubi Non sento porti dentro me solo navi bombardate Nessun formicolio di pulsante gioia attiva Nessun trasporto o sollevamento Nessun roteare di fari Soltanto voragini e banchine sbrecciate solo ganci di gru abbandonate che dondolano al vento come donne impiccate Non sento morti dentro me solo scheletri e silenzi Nessun ricordo spezzato come un ombrello dal temporale Nessuna ernia da sollevamento lapidi Nessun cacciavite a inchiavardare bare Soltanto un asindeto di visioni amare solo semafori lampeggianti grigio in incroci deserti orfani di clacson Non sento forti dentro me solo tende strappate Nessuna donna che si fa sull’uscio a salutare l’uomo che va via Nessuna casa dalla schiena di pietra Nessuna chiesa con le croci intere Soltanto ombre impresse sui muri e ponti che percorre solo il vento e solo il vento un giorno potrà ritornare.
Sei la donna dalle lacrime dolci Ogni tuo gesto è una fiamma leggera Sei l’ombra, sei il gatto che fugge e poi ritorna Sei l’impatto del treno contro i rami sporgenti Un alambicco pieno di mercurio e di zolfo bolle di notte tra i tuoi seni perfetti Quanti alchimisti hanno perso i polmoni inseguendo i fumi del tuo corpo sudato! Sei la donna che detta il ritmo delle stagioni, che dimezza l’attesa tra un mio battito e l’altro Sei Venere che sorge da una colata di lava Sei Psiche che tiene sempre accesa la luce Calpesti la terra e neanche ti accorgi che ad ogni tuo passo prende vita un giardino Per i tuoi capelli il vento sta ringraziando Dio per avergli donato uno scopo di vita
Stanno cadendo corde dal cielo e gelide catene ti danzano attorno E’ un mondo di nodi da sciogliere al buio tra un lampo e l’altro di fosforo e grida E’ un groviglio di corde che rifiutano forbici E un pettine che s’incastra dentro chiome che non pensano E’ ombra ombra E’ un battito di ciglia ancora Mi guardo attorno e vedo muri persino il mio specchio è diventato un muro sui tuoi seni è cresciuta una pelle di muro il mio cuore, i miei sensi reincarnati in muri E continuano a piovere preghiere e bestemmie che evaporano appena toccan la sabbia e continuano a strisciare in un silenzio velenoso avverbi, aggettivi, parole senza suono E ombra ombra e un battito di ciglia ancora Del sole vedo solo il suo riflesso nelle pozze iridescenti di acqua piovana, della luna indovino la presenza nel buio dal lontano abbaiare dei cani legati La mia pace non è la mancanza di guerra La mia pace è l’assenza del concetto di guerra Non ombra ombra ma un battito di ciglia ancora TRANSLATIONS
Sono l’apostolo lasciato fuori dall’Ultima Cena Sono il garibaldino arrivato troppo tardi allo scoglio di Quarto Sono il Messia di una religione in cui nessuno crede —— Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto che non cede Sono il protagonista che muore nella prima pagina Sono il gatto guercio che nessuna vecchia vuol carezzare Sono la bestia idrofoba che morde la mano tesa per pietà —— Io sono l’escluso, l’outsider, il maledetto senza età Sono l’onda anomala che porta via asciugamani e radioline Sono il malinteso che fa litigare Sono il diavolo che ha schivato il calamaio di Lutero Sono la pellicola che si strappa sul più bello —— Io sono l’escluso, l’outsider, un chiodo nel cervello Sono la pallina del flipper che cade un punto prima del record Sono l’autorete all’ultimo secondo Sono il bimbo che ghigna contro le sberle della madre Sono la paura dell’erba che sta per essere falciata —— Io sono l’escluso, l’outsider, questa pagina strappata
Ho un galoppo nel cuore e onde al guinzaglio Di questo mare insepolto impasterò vento e sabbia per costruire i tuoi piedi rumorosi e sentirli danzare dentro i miei occhi Per raggiungerti salgo dal mare alla collina La mia testa si ridisegna stella per chiamare le tue voci Le mie labbra si arcuano stanche in sorrisi autunnabondi e distratti E io sono qui, su questo autobus che scuote il mio corpo come un dado come un tappeto arrancando su polverose strade rese mute dalla pioggia improvvisa Le farfalle applaudono al mio passaggio sbattendo le ali sopra le pozzanghere che ingoiarono Narciso Ho un galoppo di onde nel mio cuore al guinzaglio. Portami dove si possa dimenticare questo secolo che ci vede esiliati, questi temporali che non riescono più a rinfrescarci, queste celebrazioni e abbracci che sembrano inutili corone di fiori. Il mare è laggiù lontano come un progetto abbandonato le ruote sparano sassi e ricordi sulla salita che la tua casa mi srotola davanti Sono l’intagliatore di foglie di carciofo e ti porto in dono sagome di nubi A te, bicchiere dall’orlo sbeccato che non posso baciare senza ferirmi A te, orecchio reciso e gettato su un prato per ascoltare i segreti delle formiche A te, porto in dono la mia giacca logora, la mia resistenza e questa poesia smarrita di Pablo Neruda.
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