Cosa avreste fatto voi fermàti nel punto più buio nel tunnel scoloriti e sordi a dire cosa era successo se sezionarsi non serve e non basta cadere e imparare e ogni mattina è tornare a scoprire cosa è rimasto e cosa c’è da salvare.
Ridevi e prendevi le ultime cose, dici grazie e mi chiedi stasera, prendevi i pannelli del letto e di tutto è rimasto solo niente e solo la stanza vuota finiti i richiami condominiali del nascondino il pane e miele di due anni andati persi e sei uscita lasciando le chiavi spaiate tutte uguali per darle alla prossima pantaloni lunghi e le scarpe come le mie nel tacchettio del cortile ci sono anche io che per ora non piango e non rido io resto col mio rancore e scrivo subito questa poesia.
c’eravamo tanto sbagliati uguali nell’entrare e nell’andarcene perfettamente coordinati i movimenti questa volta nessuno che abbia da ridire neanche da appellarsi al cielo e ai tempi sempre confusi forse i posti ma non era neanche quello-era soltanto l’irriducibile rarità del potersi innamorare le congiunzioni astrali mancate una collana di colpi a vuoto contro il cuore.
Una domenica sera qualsiasi Che mi metto sul divano senza niente in mano Con tutte le cose vicine per non dovermi alzare Cominciano a bruciarmi gli occhi (e sarà la luce di oggi) Mi dico e mi giro e rigiro tutte le mie parole Mi sposto gli oggetti addosso per non vedere Che non sono stata io a volere e non volere Che ho la testa fra le mani da quando ci sono E che domani mi sembra già sbagliato.
E’ arrivata con le solite pose La primavera sempre uguale come il natale A sanare gli strappi e gennaio Se ne è andato anche lui in sordina La samarcanda delle stagioni continua A far festa innocenta e sporca Le poche convinzioni che abbiamo inventato In fretta -posticce carezze e abbracci sempre meno- Ma qui si continua a far danza.
Come si fa a vederti e non stare bene Dirti che il cielo diventa rosso E vedere come il tramonto non sa tradirti Nella perfezione perfetta della tua posa Con quale precisione sei fatta a forma qualsiasi Ti delinea una mano di rabbia Prospettiva di tutte le cose difficili Anche le finestre che non si chiudono più Anche a maggio mese bastardo e insolente.
Come faccio a stare tranquilla se oggi sono e non sono qui o altro altra da me quasi spezzarmi (è) ricompormi incontrarti per strada è impossibile (un miracolo) finzione normale l’incontro dei tempi facile come fosse l’alba che sorge e non io, voglio un rispetto ossequioso se parliamo del nulla e non mi si chieda di stare tranquilla prima di dormire non mi si guardi più in quel gesto di lutto distante e empatia, non mi si dica che sono adorabile.
Come a parlare di marchingegni spaziali E di tutte le parole più lunghe del mondo Fare i corsi e gli amici E imparare a ricucire anche gli strappi più vecchi Ho messo quasi tutto a posto Ma solo per non confessarmi che Che ci vuole niente A dire che mi sento a metà forse anche meno Ma resto lontanissima da tutto un ricordo.
Qui non servono i vestiti e le vocali e neanche troppi discorsi c’è più silenzio che gente nelle acque termali della Slovenia che profumano e fumano fuori fa freddo ma non se ne accorgono sarà la guerra o la mestizia della dogana che svetta obsoleta, abbiamo preso i documenti stropicciati nei dieci metri della terra di nessuno.
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