Antonio Riccardi
Chiedimi conto di quanta felicità
ci porti in salvo ad ogni estate,
che per noi soli
è un’ora lenta senza risveglio
e senza nome senza fatica.
AntonioRiccardi (Parma, 1962) da
Il profitto domestico
(Mondadori, 1996)
Chiedimi conto di quanta felicità
ci porti in salvo ad ogni estate,
che per noi soli
è un’ora lenta senza risveglio
e senza nome senza fatica.
AntonioRiccardi (Parma, 1962) da
Il profitto domestico
(Mondadori, 1996)
Considera chi siamo e cosa no.
Cosa non più, diresti tu
correggendomi sottovoce
e cosa volevamo diventare.
Speculari, pronosticavi.
Adesso però considera lo strano
e notevole ruolo della mano
nel discorso. Sei sempre solo tu
a mimare cronofasi e ferite
nella nostra cronologia.
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Tormenti della cattività (Garzanti, 2018)
…
cosa ho imparato dall’amore con te:
la tua dedizione, la mia dedizione
– eravamo presi, felici, sospesi
ogni volta tremando insieme
e poi improvviso imbrunire
della nostra piccola fortuna
con l’avviso di una guerra
sotto forma di rimprovero
…
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Tormenti della cattività (Garzanti, 2018)
Due poco più in là parlano piano
di qualcuno e di certe procedure
amorose non sempre così sincere.
“Scommetto che lei è molto carina
e adesso è a casa che lo aspetta”
gli dice sfiorandosi il décolleté
perché lui non ha dimentichi.
“E allora perché lui è qui da solo
a quest’ora di notte?”, le risponde
sfiorandola senza toccare.
“Forse perché il peccato per lei
è solo in famiglia e non sa
cosa lui vorrebbe davvero da lei”
per dirgli: sono io quella che vuoi.
“Forse è lui che non sa cosa vuole”
le dice sfiorando il ghiaccio
che lo spilla e l’orlo del bicchiere.
“Invece lo sa, ma lui è fatto così
e forse anche lei è fatta così”.
Intanto vibrano sospese sulla festa
tra le scosse dell’attesa.
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Tormenti della cattività (Garzanti, 2018)
Entrando nell’erba matta
tra le macchine che affiorano
sentono il corpo immenso
meccanico e sepolto
forse di un automa.
Nel sistema organico delle macchine
ogni macchina è con l’altra in proporzione
per numero, volume, velocità.
Da sole o a gruppi o in più gruppi
sono perfette quanto più perfetto
è il meccanismo primo
e non l’uomo a guidare i passaggi
della materia prima.
Sarà vero che le piante sono case,
memorie senza nervi o segni
di evoluzioni biologiche? E sarà vero
che certi animali conoscono del mondo
la semplice illusione?
Antonio Riccardi (Parma, 1962), Gli impianti del dovere e della guerra (Garzanti, 2004)
Improvvisamente dal tuo corpo
brilla la vita desiderata.
Baci e un’ora quasi al buio
quasi senza desideri.
Il piccolo prodigio di un’ora
sembra la forma di me e di te.
Né giusto, né sbagliato. Né profitto
né perdita a baciarti nella giungla.
Ma dietro di te vedo le stelle fisse
dipinte sulla volta del diorama
governare la vita corretta
del nostro pianeta.
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Acquarama e altre poesie d’amore (Garzanti 2009)
– consigliato da
Matteo Fantuzzi
Le bambine rimaste molto da sole
da grandi sono donne irresistibili.
Così sono le sirene.
Si vedono la sera a certe latitudini
nuotare nell’acqua fluorescente
la pelle dolce, d’incanto e sotto di rame.
A volte, di giorno escono dall’acqua,
restano ferme all’ombra sotto i portici
e sentono rifiorire il rimpianto.
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Aquarama e altre poesie d’amore (Garzanti, 2009)
Un giorno di novembre che il sole
rade sul lato dell’ombra
portando in luogo le cose sopra la terra,
qualcuno dice dei resti di un cane
trovati nel bosco di Cattabiano
mangiato con furia ma non per fame.
Antonio Riccardi (Parma, 1962) da Gli impianti del dovere e della guerra (Garzanti, 2004)
Vado all’indietro all’ombra
Giù per un canale d’erba tra felci d’acqua
Fino al vascone di sasso
In un fondo di secoli e radici
Così lontano ma poco lontano da casa
Dove miste tra un bene e un altro bene
Si perdono stagioni senza peso
Al pasto del sole.
Vado all’indietro nell’erba
All’ombra tra gli alberi di porcellana
Nel segreto di una famiglia.
Non so se questo mi salverà.
Antonio Riccardi (Parma, 1962), da Il profitto domestico (Mondadori, 1996)
Anno dopo anno il formichiere
muore lottando col giaguaro.
Da lontano non diresti la verità
di tanta combustione.
Un abbraccio o un passo figurato
invece, o l’incontro con l’angelo.
Se però vai lì lo vedi e lo sai.
Uno artiglia l’altro che lo morde
qal muso. Si tengono in tensione
e quasi vibrano uno dell’altro
fissati a un punto della vita
uguale dal primo minuto.
Giaguaro e formichiere imprigionati
nella perfetta luce di una sola azione
selvatica, senza sangue né scelta.
Ferocia con ferocia e attorno
nella siepe tra la stipa delle fate
i fiori sanno solo il loro bene.
Antonio Riccardi (Parma, 1962),Acquarama e altre poesie d’amore(Garzanti, 2009)