Succede poi, dopo chilometri di strade sterrate che contengono nuvole e foreste e fiordi, succede che spunti un tavolino di plastica con tre sedie attorno, messe lì da chissà quale divinità bislacca. Due case poco lontane, di legno. Una rossa, una blu. E ancora chilometri di foreste e fiordi. Così, ti trovo seduta esattamente di fronte a me, pronta a brindare alla notte che d’estate, qui, è luce. (Norvegia – Luglio 2007) Stefano Lorefice (Morbegno, 1977), da Frontenotte (Transeuropa, 2011)
qui c’è esposizione di corpi ordine preciso da predatori un’unica grande generazione che non ha le domande e sa poco dell’idraulica che ci va a far capitare un temporale. Stefano Lorefice (Morbegno, 1977), daFrontenotte (Transeuropa, 2011)
dovremmo sedere attorno alle cose alla loro vera posizione come dei messaggeri su un vecchio sentiero che riposano come gente che conosce ciò ch’è scritto senza la finzione che muove la voce dovremmo ristabilire la gravita che porta al centro non questo fracasso di strade che barcolla, con ancora il mattino incastrato fra i denti e si raccoglie agli angoli, attende l’agguato mentre il rumore di passi esita intuisce l’errore e la difesa ci costringe ad arretrare che stiamo qui, adesso che c’è poco spazio e i corpi stanchi sfregano consumano dimenticano Stefano Lorefice (Morbegno, 1977), da L’esperienza della pioggia(Campanotto, 2006)
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