Viron Leondaris Finché…

Viron Leondaris

 

Questi tetti
che palpitano come mani insanguinate sotto la luna
e le strade bagnate che brillano come coltelli…
– Lasciatemi, lasciatemi stare,
non parlatemi della gita di domani
del vostro abito nuovo non mi dite
non misuratemi il battito del polso
non fasciatemi la fronte con carezze.
La mia febbre non durerà
finché mi accenderanno intorno orrendi fuochi
finché vorticheranno intorno le finestre
di prigioni e ospedali,
continuerò ad avere questi incubi,
produrrò questo vaniloquio
finché durerà il tremore della Libertà per le strade
finché nella foschia delle albe
le rose degli spari delle esecuzioni spalancheranno gli occhi.
Traduzione di Nicola Crocetti

Viron Leondaris Per balbettare così…

Viron Leondaris

 

Per balbettare così il mio destino
con parole sconnesse
e con la foglia amara d’alloro tra le labbra…
Il destino è un oracolo
che chiedi e che ricevi da te stesso
per sfuggire a ciò a cui non sfuggirai
per comprendere ciò che non comprenderai
ovvero un discorso inopportuno e infausto
che ti dissuade da quello a cui ti stimola
ti spinge in senso opposto a quello in cui ti tira
e il solo modo per compierlo è violarlo
Per questo sei esiliato da te stesso
e cadi nel banale
in miserande lotte per l’esistenza
in sedicenti avventure e agoni
risolvendo magari indovinelli e uccidendo i mostri della quotidianità
facendo il giusto e dicendo l’insignificante
in espiazioni inutili e intollerabili
inginocchiandoti per vivere
Così anch’io che ho avuto la sorte più pesante e nera
mi sono trovato a sopportare
una vita così incredibilmente banale.
Traduzione di Filippomaria Pontani

Soltanto addio

Viron Leondaris

 

Non dire: “Addio, ci divide un caos”,
perché io non vedo nessun caos.
Bella la notte, con uccelli, con sussurri in fiore,
Bella la notte, e le stelle scintillano, e ridono
lontano le insegne gioiose della felicità…
Non dire: “Addio, ci divide l’infinito”,
perché si può misurare quel che ci divide,
perché non è affatto l'”infinito” a dividerci,
ma è il martellìo spietato dell’infelicità che frantuma cuori,
demolisce i legami di ferro e le coscienze,
sradica gli alberi,
spezza le ancore e fa incagliare le navi,
spiana le grida della primavera, i cieli, i profumi e i sogni,
sono le mie mani morsicate,
il mio viso, scavato dai pallini della perfidia,
sono le rondini ferite dei miei occhi
– e i desideri nomadi del tuo corpo…
Chi ha mai pensato di farli schiavi?
Perciò non dire: “Addio, ci divide un abisso”.
Guarda com’è semplice e pulita questa stradina con i melangoli, e di’ soltanto “Addio”.
Traduzione di Nicola Crocetti

Il silenzio che segue

Viron Leondaris

 

Non solo le rimostranze più innocenti,
che un calcio nel costato capovolge,
non soltanto le grida, che fanno sdraiare sulle piazze,
non soltanto gli insospettabili entusiasmi.
Più è forte, e più pesa
il silenzio che segue,
il silenzio delle strade ostinate, delle finestre chiuse,
il silenzio dei ragazzi davanti al primo ucciso,
il silenzio di fronte all’improvvisa infamia,
il silenzio del bosco,
il silenzio del cavallo accanto al fiume,
il silenzio tra due bocche che non possono baciarsi,
e quella “quiete istantanea”,
che si prolunga e s’ingigantisce
nei cuori, nei secoli,
il silenzio, che decide
che cosa deve perdersi o restare.
Traduzione di Nicola Crocetti

Guardate…

Viron Leondaris

 

Guardate questa nave che affonda nel mondo.
La poppa inclina sotto le onde
mentre la prua continua a sollevarsi trasparente – Guardate
che scafo nitido, senza rattoppi.
Non si è mai curata del mare grosso intorno
non ha mai patteggiato le sue passioni, e adesso
come affonda a cuor leggero nel mondo
la prora eretta nella luce azzurra – Guardate,
voi tutti, che, per la disperazione di vivere la vostra piccola vita,
vi aggrappate alle vesti della morte più indegna.
Traduzione di Nicola Crocetti