Viaggio come un fantasma adesso perchè la gente non vuole vedere in carne ed ossa un ramo così spoglio come la natura fa di me. E così visito incorporee strane cupe famiglie spesso in dissidio e mi chiedo se la coscienza umana sia uno degli errori di Dio. E dopo incontro te e mi calmo e penso che se fosse un errore come alcuni han detto, sarebbe allora uno di quelli che riesco a tollerare.
Sostammo presso un laghetto quel giorno d’inverno, E il sole era bianco, come biasimato da Dio, E sparse foglie giacevano sulla zolla affamata, Cadute da un frassino, ed erano grige. I tuoi occhi fissi sopra di me erano quali gli occhi che vagano Su tediosi enigmi risolti anni addietro; parole correvano tra noi su e giù, Chiedevano chi, con il nostro amore, avesse perduto di più. Il sorriso della tua bocca era la cosa più morta, Vivo quel tanto che gli desse la forza di morire; E una piega d’amarezza aleggiava su di esso Quasi un uccello di sventura in volo… Da allora, crude lezioni che amore inganna, E strazia d’offese immeritate, hanno foggiato per me La tua faccia, e il sole maledetto da Dio, e un albero, E un laghetto orlato di foglie grigiastre.
Vigilia di Natale, è mezzanotte:
Ora essi sono tutti inginocchiati,
Disse un anziano a noi seduti in gruppo
Ben crogiolati presso il focolare.
Ci fingemmo le miti creature
Entro il loro ricovero di paglia,
Né ad alcuno a noi venne il pensiero
Che non fossero appunto genuflessi.
Tanto leggiadra fantasia, chi mai
Tesserebbe in questi anni? Pure io sento
Che se in quell’ora un tale mi dicesse:
Vieni a vedere i buoi inginocchiati
Nella solinga fattoria a valle,
Che nell’infanzia avemmo familiare,
Lo seguirei tra le ombre della notte,
Sperando in cuore fosse proprio vero.
Solo che un qualche iddio vendicativo mi chiamasse Dall’alto cielo, e irridesse: ” Tu, creatura che soffre, Sappi che il tuo dolore è il mio diletto, Che del tuo amore frustrato profitta il mio odio!” Allora sopporterei, tenderei i nervi e morrei, Rafforzato dal senso d’un ira immeritata; Mezzo racconsolato dal pensiero, che un più potente di me Avesse voluto e assegnato le lacrime ch’io piango. Ma non così. Come accade che la gioia venga uccisa, E perché avvizzisce la più dolce speranza mai seminata? Il caso balordo s’oppone al sole e alla pioggia, E il tempo biscazziere getta per allegria il dado d’un lamento … Per questi giudici ciechi tanto valeva cospargere Gioie lungo il mio cammino così come il dolore.
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