Lo so, mi giudicherai male che non riesco rallegrarmi in questi giorni euforici. Come diceva un critico (può essere vero) che dal mio laboratorio poetico dal bianco spunta il nero. Perdona Prosti Mi rallegra la libertà. Ma ho la strana sensazione e paura di una nuova ricaduta. Perciò preferisco essere corvo, che canta a nozze, che usignolo a funerale.
Avanziamo verso le barbarie con passi veloci. Sempre più in dentro, sempre più profondo nella caverna. Tramite l’illuminazione degli occhi volano gli anni indietro – come lucciole, sempre più indietro, sempre più indietro… Affondano nel futuro, da dove scappiamo. (Oh, Dio mio, ci fermeremo mai?) Avanziamo verso le barbarie con passi veloci. Sempre più in dentro, sempre più profondo nella caverna. Sono seppelliti nei nostri cuori coperti di mala erba tutte le formule vecchi di fratellanza e umanità. L’unico scopo rimanere vivi. In qualche modo. È l’unica preoccupazione che abbiamo: togliere la camicia del prossimo. Per trenta denari siamo pronti a scannare il nostro fratello. Avanziamo con passi veloci verso le barbarie. Sempre più in dentro, sempre più profondo nella caverna. Sulla nostra fronte crescono i peli. Il cervello inutile si rimpicciolisce fino alla misura prammatica di una noce. La nostra articolazione è stata cambiata dal battito dei denti. È divino solo quello che si mangia. Abbiamo trasformato in osterie e drogherie tutte le librerie tutti i teatri. L’arte é spazzatura arcaica, gettata legalmente nel letamaio. (Sempre più in dentro, sempre più profondo nella caverna.) La poesia é un pavone utile dentro la pentola. Nelle sale deserte i ragni suonano Mozart sulle loro tenere arpe. I venditori hanno scacciato Gesù dal Tempio. Avanziamo, avanziamo verso le barbarie con passi veloci. Ma vorrei credere – magari selvaggi, pelosi, rudi, inferociti, imbestialiti, abbrutiti arrivati nel fondo della caverna, quando non esisterà più indietro, e non c’è il più profondo e quando abbiamo rosicchiato fino alla fine l’osso crudo delle eventi, noi stessi rosicchiati degli insetti operosi oh, credo, che l’oscurità del vicolo cieco in questo vicolo cieco della vacuità ululeremo (come i lupi ululano nella notte d’inverno, contro l’inutile luna), selvaggiamente ululeremo: “Vogliamo Musica e Poesia”. E con testa china partiremo per la strada vecchia e cammineremo a lungo verso l’Uomo Sapiens.
C’erano una volta dei tempi più oscuri. C’erano una volta dei tempi più terribili. Tempi di terrore, tempi di misteri sanguinosi. Ma la storia non ricorda dei tempi più vergognosi. Il mio tempo, il tempo della grande ipocrisia. I marescialli di ieri, che sventolavano manganelli e bastoni, oggi sono nelle prime file dei combattenti per la democrazia. Gli strangolatori di ieri con voci oneste oggi sono apostoli della voce tonante. I buffoni della corte di ieri leccapiedi governativi, parassiti schifosi, oggi sono le vittime della dittatura. Quelli, che ieri gridavano “viva” e “gloria” oggi gridano “abbasso” e “a morte”. Legioni di camaleonti. I morti giacciono in silenzio nelle tombe sconosciute, con occhi vuoti, ci fissano di notte e le loro ossa ululano, ululano, ululano…
I vecchi si inoltrano nel bosco soli, a due, in gruppo avanzano, si muovono lenti, si tolgono il cappello, ridacchiano piano, si fondono con i tronchi oscuri, avanzano sempre più in dentro. Settimo giorno giro intorno, sto in agguato per tutti i sentieri. I vecchi si inoltrano nel bosco soli, a due, in gruppo avanzano, si muovono lenti, tolgono il cappello, ridacchiano piano, si fondono con i tronchi oscuri, avanzano sempre più in dentro. Dio santo, nessuno esce da lì.
Sempre più spesso scruto le stelle fredde. Sempre più spesso sogno l’ultimo giorno. Piangeranno tutti, tutti piangeranno per me. Chi di dolore, chi di colpa, chi di invidia, chi di altre cose… Solo io, sdraiato tra i fiori, gelido, superbo, insensibile, importante. Senza afflizione. Solo io. Perché tra tutti gli addolorati, solo io non saprò di essere morto.
Quando vedi una tragedia l’anima tua si rallegra, perché dici: non sto mica tanto male?… Se soffre qualcuno, dici: ma io sto proprio bene!… Se muore qualcuno, dici: ma io sono vivo, dunque sto meglio!… Quanto più tremenda é la tragedia – sai che ti senti meglio, meglio… Perciò, quando sei triste, quando non vedi nessuna uscita, corri al primo teatro che vedi e guarda la tragedia più tremenda che ci sia, per rallegrarti l’anima!
Tranquillamente getto uno sguardo indietro. La mia vita non era nè vuota, nè corta. Non mi va di morire, ma non di paura, mi fa rabbia non vedere cosa accadrà dopo.
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