XXI

Silvio Ramat

Silvio Ramat

 

Quanto vino versato sul digiuno.
Non altre ubriacature in questa vita.
Un’isola di capogiro tra i piani
di studio, tra i patemi larvali
che la notte fa crescere e morire
sul nativo pianeta, una Firenze
azzurrata del sangue del poeta
di vent’anni, una palma, una fonte.
Silvio Ramat
Una fonte
Crocetti Editore 1988

(le 9)

Silvio Ramat

Silvio Ramat

 

La mezz’ora che occorre alle lenzuola
per prendere aria. Mi posso
alzare, non oziare.
C’è una regola
ogni mattina, laboriosa.
I compiti:
ma sono compiti, questi, da darsi
a uno come me?
Tutti disegni
dal vero: mi succede che, negato,
tremo da anni a ogni vista di foglia
o frutto che abbia spicco per beltà
o stravaganza.
Eccomi su scrittoi
di fortuna, vano su fogli vani:
lancio occhiate impotenti, spaventate
a questa oblunga cosa
che non ha chiesto di farsi ritrarre:
un rugoso limone, un quasi-cedro.
Troppo vero per me.
Silvio Ramat (Firenze, 1939), da Il gioco e la candela (Crocetti, 1997)

Ormai neve

Silvio Ramat

Silvio Ramat

 

Ormai, neve. La neve è nel pronostico.
La luna delicata quasi nuova
non è incompatibile con la neve.
Sono i giorni della merla
e a queste latitudini, se esiste
un momento per la neve
ci siamo.
I giovani, soli, a goderla.
Noi, più di una volta, negli anni
la neve ci ha frenati, inferto danni
sulle vie nere la neve indurita
rare le ringhiere a cui afferrarsi.
Unico aiuto le chimere,
ma
in pochi sanno avvistarle, nessuno
ne sa l’oscuro idioma.
Recitando un mottetto, un osso breve
si cerca l’equilibrio sulla neve.
28 gennaio 2012



Silvio Ramat
Fuori stagione
Crocetti Editore 2017
Novità
per informazioni e richieste: info@poesia.it

 

 

 

 




II

Silvio Ramat

Silvio Ramat

 

Trepida amica, la felicità
di una lettera – questo lo rammento –
per gran parte si affida al desiderio
di chi domani la riceverà.
La luce di febbraio ormai dilaga
anche nella loggia dove mi espongono
lungamente, ogni giorno. Lì mi ingegno
a far correre veloce – slittare –
la mia stagione di convalescenza
come su un piano in pendenza. Ho avvistato
sulla stinta parete di una fabbrica
in disarmo – non ancora in rovina –
la traccia di una meridiana: cerco
di capire le ragioni del tempo
alla scuola del sole. Fanno ostacolo
la distanza e il tratto semispento
di sanguigna. Ma domani ritento.
(14 febbraio)