So che nulla si versa in questo calice, che una luce avranno i più mendichi, che sarà salva l’anima che ha visto il sonno delle madri, sentito il tremito delle carni offese, io so e la voce mi condanna a un messaggio spoglio, a un nutrimento che non tollera la vita e tu che sei nei cieli che sei nella memoria con la tua ciocca rossa, sei e non sei in questa lingua radiata dalla terra, prega per me, fa’ che si compia il giorno. Roberto Carifi (Pistoia, 1948), daNel ferro dei balocchi. Poesie 1983-2000(Crocetti, 2008) – consigliato da Gianluca Furnari .
Quante notti vegliavo a ripensare a te e sentivo il tuo respiro passarmi accanto, avrei voluto che tu fossi viva, anche insieme al tavolo di noce, o vecchi tu e io, un lembo di mare immobile e noi due eterni, come se avessimo vinto vita e morte, davanti al mare aperto. (da Madre, Le Lettere, 2014)
Quando tutto si spegne e cieca vaga la tua stirpe offrendo una mano devastata, quando ogni cosa giunge a fare inflessibile la notte e il figlio cerca la madre nel cenno muto della morte e il nulla accompagna la tua cena lascia che la parola galleggi nel tuo sangue. (da Madre, Le Lettere, 2014)
Quando ti convoca la voce verso un’altra fonte, verso una nuova vita, tu che sei nel cuore e nella mente dove l’anima è il canto più sereno. (da Madre, Le Lettere, 2014)
Quando svanivi, Giovanni quella casa dava sul bosco quante domeniche correndo alla paura? stringeva l’orso, il soldatino, veniva il pianto che gennaio conduce, debole luce che s’inginocchia il giorno sul suo pallore…vedessi le anime dei santi piccole fiamme costeggiavano il ponte, come svanivi l’ombra dei tuoi capelli sul nostro viso non c’è sorriso per l’infanzia muta, Giovanni padre che morto ti veleggia il tempo. da Infanzia, Società di poesia, 1984
Piccola madre, quando sarai pura mente e mi guarderai a distanza, ricordati di me, lo sciancato, e passa come un velo accanto al mio letto, piccola grande madre quando sarai nel Grande Vuoto pensa a questo martirio ed alla Compassione che mi porto dentro (da Madre, Le Lettere, 2014)
Padre, padre la colpa fiorisce dove secca il seme tu sei quel male che ho visto nelle case nella luce che separa il desco, nella voce che non ama: sia fatta la tua volontà in questo esilio, nell’ombra che sorveglio e sangue sarà chiamato frutto grazie per la preghiera che mi acceca, per le ginocchia devastate. Roberto Carifi (Pistoia, 1948), Il figlio (Jaca Book, 1995)
Non ho che questo cuore arato, la terrazza dove mi parla un’anima di neve, una contrada tra orizzonte e nulla, lo sanno gli angeli delle mie stanze che prego come un impiccato e sotto il lume la sagoma è più nuda oh veranda rattristata da un pugno di luci, muta sorella di tanto sangue oh creatura che affoghi nel lucore e che consoli. da Europa, Jaca Book, 1999
L’inverno, lo sai, ha due volti uno contempla l’agonia del tordo, l’altro sorride a un vaneggiante. L’inverno per noi è una scintilla, meglio se il giorno appassisce nella notte, meglio se tra notte e giorno sanguina il tramonto. Non siamo noi quelli che una parola pronunciata da bocche disattente destinò al ritorno? siedi anche tu a questa veglia ora che il mondo tace. da Europa, Jaca Book, 1999
Così è l’occidente. Bandiere a picco ragazzi bruciati da un angelo morente nel freddo di Cracovia, nel sangue di Slovenia… Sapessi, Achmàtova, cantare anch’io la bufera siberiana, la nera icona che piange lungo il muro, confessare a quel viso il mio spavento Ecco, direi, quello che resta per me, per voi un’anima esiliata, il passo del figlio nel vento autunnale, la cagna che nel lamento saluta lo straniero… lo so, noi pregheremo ciascuno con le sue povere mani aperte e sarà santo il giorno. da Il Figlio, Jaca Book, 1995
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