Ti attendo fissando la strada, di notte quando si tingono di scuro le ombre tra i rami di “telajen” e da ciò è causata la nostalgia di amanti afflitti; ti attendo fissando la strada. Di notte. Nell’attimo in cui i fondi delle valli dormono come i serpenti morti; nel momento in cui la mano dell’edera lega al piede del cipresso la trappola, che tu mi ricordi o no, io dal tuo ricordo non cesso; ti attendo fissando la strada.
Nuvole sopra la mia casa nuvole sul mondo intero. Dallo stretto passo precipita un vento che porta distruzione, tristezza e torpore. il mondo intero è desolato come i miei sensi. O suonatore di flauto che hai perso la strada rapito dalla tua melodia, dove sei? Ci sono nuvole sopra la mia casa, nuvole sul punto di piangere. Nel ricordo dei giorni luminosi scivolati tra le mie dita mi appare il sole sulla soglia dell’oceano ma il mondo intero è rattristato e flagellato dal vento e sulla strada il suonatore continua suonare il suo flauto, lungo è ancora il cammino davanti a lui in questo mondo sotto una coltre di nuvole.
Nella fredda notte d’inverno anche il forno del sole, come il caldo forno del mio lume non arde. E come il mio lume non splende nessun altro lume, né è congelata la luna che dall’alto splende. Io, il mio lume una notte oscura ho illuminato nell’andirivieni del mio vicino ed era una fredda notte d’inverno, il vento s’avvolgeva al pino, in mezzo alle spente baracche da me si separò, sperduto, in questa stretta strada. E ancora la storia persiste nel ricordo e queste parole appese alle labbra: Chi illumina? Chi arde? Chi nel cuore questa storia preserva? Nella fredda notte d’inverno, anche il forno del sole, come il caldo forno del mio lume non arde.
Nel percorso nascosto e palese del villaggio ci sono parole: chi s’è adattato? Chi ha vinto? Chi ha perso? E l’olmo silente, e il giardino depredato, alle parole esistenti negano ascolto, e ogni cosa punge il cuore. Dalla riva rotta, arresa, fino alle valli addormentate nel bosco, che spazi hanno aperto alla tenebra della notte, fino a questo luogo che il piccone arrugginito con tono indifferente batte, ogni cosa ha portato angustia. E quelle parole persistono. Sporco perché è il volto della luna dagli occhi svegli? Chi mai conosce il sonno? E perché sonno? Chi s’è adattato? Chi ha vinto? Chi ha perso? Da cosa dipende la porta sfasciata? E la rotta finestra? Perché non una stanza più s’illumina con un lume? Perché un attimo solo un amico dell’amico non chiede né di tracce o avventure passate? Ma tediata gocciola l’acqua il suo tedio mormora appartato. il fuso è caduto, la vecchia depressa, nel focolare; ha tramortito il fuoco, il freddo; e l’olmo silente, e il depredato giardino, alle parole esistenti, negano ascolto.
La mia casa è annuvolata con lei tutta la terra è annuvolata. Dall’alto del valico abbattuto, devastato e ubriaco, il vento imperversa. Tutto il mondo ne è devastato, e così pure i miei sensi. Tu, o flautista, che la melodia del flauto ha fuorviato, dove sei? La mia casa è annuvolata, ma la nuvola è sul punto di piovere. Immaginando i miei giorni luminosi, sfuggiti al mio possesso, io sono davanti al sole, porto il mio sguardo alla soglia del mare. E tutto il mondo è devastato e abbattuto dal vento, e per la via, il flautista che perenne suona il flauto, in questo mondo zeppo di nubi, sta davanti alla sua strada.
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