Sto nel tuo verone tuo… La notte e chiara. Su di me rami d’alberi si sporgon, Gran rami in fiori d’ombra mi avvolgon, Il vento scuote gli alberi nel prato. Ma per la tua finestra sto mirando Come tu scruti il lume con lo sguardo. Ti sei stancata, con la fine mano Sciogliendo in onda d’oro le tue chiome. Le hai gettate su omeri di nave, Sognando slacci il tuo camicino, Ti levi piano e soffi sul lumino… Tra rami su di me fremon le stelle, Nel buio il mio sguardo si annulla, E accanto batte ai vetri triste luna.
Così soave rassomigli Il bianco fiore del ciliegio, E angelo, tu, fra la gente, Incontro alla mia vita sorgi. Appena sfiori il tappeto La seta suona quando muovi, E dalla testa fino ai piedi, Leggera come sogno voli. Di tra le pieghe del vestito A mo’ di fermo marmo spicchi, Mi pende l’anima ai tuoi occhi Di lacrime a sorte ricchi. Oh, vago sogno di amore, Soave sposa delle fiabe, Piu non sorrider! Il sorriso Mi svela quanto tu sei dolce E puoi col fascino notturno Per sempre gli occhi abbuiarmi, Con caldi sussurri di labbra, Con fredde braccia ad abbracciarmi. Di colpo affiora un pensiero – Un velo sui tuoi occhi in fiamme: C’è il cuposcuro abbandono, C’è l’ombra delle dolci brame. Te’n vai ed io ho ben capito Di non tener dietro al tuo passo, Per me perduta in eterno, Della mia anima, tu sposa ! A me la colpa vista averti, E mai me la perdonerò, L’azzurro sogno sconterò, La destra sporta nei deserti. E a me risorgerai, icona Della per sempre Immacolata, Sulla tua fronte la corona – Dove te’n vai? Quando verrai?
Dal pelago di sogni felici, fiammeggiante, Nella mia vita donna sorgesti ammaliante, Come l’argentea luna — sorriso bianco- appare Dallo stellato mare! Nel pelago di sempre piu menomati sogni Svanisti e si spenser le dolci illusioni, Come la luna malinconica e pallida scompare Nello stellato mare! Dal pelago di sogni sui piani del pensiero, Nei sacri anni verdi tuo volto mi sorrise, A me si cara donna, come la luna appare Dallo stellato mare!
C’era una volta come mai, Così narran le fiabe, Una fanciulla senza pari, Di gran ceppo regale. Ed era unica ai parenti, Stupenda fra le belle, Com’è la Vergine fra i santi, La luna fra le stelle. Dall’ombra delle vólte altere Lei suo passo volge Alla finestra, appartata, Sta Espero aspettando. Guardava all’orizzonte come Sui mari sorge e splende, Sui sentieri ondeggianti Lui guida nere navi. Lo vede oggi, lo rivede, Cosi il desio spunta; Pur lui, mirandola da tanto, Di lei si innamora. Quando lei poggia sulle braccia, Sognando, le sue tempie, D’amor struggente si riempe Il cuore nonché l’alma. E quanto vivido s’accende Suo raggio ogni sera, Sull’ombra cupa del palagio: Che lei si mostrerà. E a passo a passo dietro lei Lui filtra nella stanza, Tessendo un laccio di bagliore Dai suoi freddi raggi. Pur quando si adagia al letto La figlia per dormire, Le sfiora il petto e le mani, Le chiude il dolce ciglio. E dallo specchio irraggiando Innonda il suo corpo, Gli occhi chiusi che palpitan, Il suo viso assorto. Lei lo guardava sorridente, Lui nello spechio avvampa, Giacche nel sogno l’inseguiva Per irretirle l’alma. E lei nel sonno sospirando, Gli parla con gran pena: Oh, tu signor delle mie notti, Perchè non vieni? Vieni! Scendi da me, Èspero, blando Fluendo su un raggio, Pervandi casa e pensiero, Rischiara la mia vita! Lui ascoltava abbrividendo, Piu vivo s’accendea E come folgore piombava, Nel mare affondando; E l’acqua ove è caduto, In cerchie s’arruota E dal profondo piu occulto Un fiero giovin sorge. Al par di soglia varca lui Il davanzale, lieve, E tiene in mano un bordone Di canne coronato. Parea un giovin voivoda Con chiome d’oro molle, Un velo livido s’annoda Alle ignude spalle. E l’ombra del diafan volto E’cereo candore- Un morto bello, dagli occhi Viventi di bagliore. -Dalla mia sfera venni appena, Risponderti al richiamo, Il cielo ho per mio padre, Per madre, ho il mare. Che nella tua stanza venga, Guardarti da vicino, Col mio azzurro sono sceso E nacqui dalle acque. Oh, vien! tesoro senza pari, Il mondo abbandona; Io sono l’altissimo Èspero il superno E tu mi sarai sposa. Là nei palagi di corallo , Per secoli di fila Il mondo dell’oceano,intero, Sara per ubbdirti. -Sei bello come solo in sogno Un angelo s’affacci, Ma io mai camminero La via che mostrasti; Straniero il motto ,il cospetto, Tu brilli senza fiato, Chè io son viva, tu sei morto, Il tuo occhio, ghiaccio. * Passò un giorno e poi tre Ed Èspero di notte, Sta risorgendo su di lei, Nei suoi raggi, vero. Onde di lui, nel suo sonno, Dovette ricordare; L’anelito le morde il cuor Per il signor dell’onde : -Scendi da me, Èspero, blando Fluendo su un raggio, Pervadi casa e pensiero, Rischiara la mia vita! Quando dal cielo la udi, Si spense di dolore, Il ciel si mise a rotear Dov’egli si disperde; Purpuree nell’aria fiammate Pervadon tutto il mondo, E dalle faglie del caos Si plasma un fiero volto; Sopra le sue nere chiome Il serto par che bruci, Giungea a volo in verita Flutto d’ardor solare. Dal nero velo si dispiegan Marmoree le braccia, Avanza assorto, triste, lui, E pallido in faccia, Sol gli occhi grandi e profondi Chimerici risplendon, Due aneliti mai sazi Di tenebra ricolmi. -Dalla mia sfera venni appena Per ubbidirti ancoara, Il sole ho per mio padre, Per madre ho la notte; Oh,vien tesoro senza pari, E abbandona il mondo; Io sono Èspero il superno E tu mi sarai sposa. Oh, alle tue bionde chiome Io appenda serti astrali, Perche nei miei cieli spunti Piu fiera degli astri. -Sei bello come solo in sogno Un demone s’affacci, Ma io mai camminerò La via che mostrasti! Dal tuo crudo amor mi dolgon Del petto i precordi, I grandi occhi grevi angoscian, Il tuo sguardo arde . -Come vorresti ch’io scenda? Tu non hai mai compreso Che io sono fuori morte Mentre tu sei mortale? -Non cerco apposite parole, Né so come spiegarmi- Benché tu parli chiaramente , Non posso penetrarti; Ma se tu vuoi che in buona fede Io t’abbia sempre caro In terra scendi a trovarmi, Sii come, me , mortale. -Mi chiedi l’immortalità In combio di un bacio. Eppure voglio che tu sappia Quanto io possa amarti; Si ,nascerò con il peccato, Subendo un’ altra legge; Sono legato all’ eterno, Slegato voglio esser. E se ne va …Se ne andò. L’amor per la fanciulla, Dall’orbita del ciel lo sradicò, Parecchio tempo spento. In questo mentre ,Cãtãlin, Infante assai furbo , Che empie i calici di vino Degli ospiti al convivio, Paggio che porta a passo a passo Lo strascico regale, Abbandonato trovatello Ma dallo sguardo audace, Con due gote l’imbroglione, Peonie vermiglie, Lui si insinua furtivo Guardando Cãtãlina. Oh , come bella mi sbocciò! E altera !Da nel cuore; Sù Cãtãlin, tocca a te Metterti alla ventura. E dolcememte, di passaggio La prese in un angol; -Che vuoi , sta’buono, Catalin! Ma bada ai fatti tuoi. -Che voglio? Tu non stia più Soprappensiero sempre , E rida invece e mi dia Un bacio, solo uno . _Non so neppur che mi domandi , Lasciami star, va’via- Per Èspero del cielo , ahi , Mi colse un duol di morte. -Se non lo sai, t’insegnerei L’amore a poco a poco, Ma non sdegnarti, ci vorrebbe Del bello e del buono. Qual cacciator che mette al folto Il laccio all’uccello, Allorche un braccio porgerò, Tu cingimi col braccio; E i tuoi occhi si trattengan Nei miei occhi, intenti… Se per la vita t’alzerò, Sollevanti sui piedi; Quando ripiego il mio voilto, In alto ferma il tuo, Ci guarderemo dolcemente Per sempre vagheggianti; E che l’amore pienamente Ti sia rivelato, Quando baciandati m’inclino, Rispondimi con baci. Lei dava ascolto al garzone, Stupita e distratta; E vereconda e carina, Non vuole eppur si lascia. Poi sottovoce: -Ti sapevo Cosi sin da bambino; Pettegolo e perdigiorno, Saresti un par mio… Ma un Èspero, emerso da La quiete dell’obblio, Dà orizzonte infinito All’eremo del mare. E di nascosta abbasso gli occhi, Chè il pianto me li affoga Quando dell’acqua l’onde scorron Verso di lui viaggiando; Con senza pari amore splende, Per spegnere il mio duolo, Solo che sempre piu s’innalza Che giungerlo non possa. Pervadon tristi i freddi raggi Dal mondo oltreumano, Per sempre l’amerò ma sempre Se ne terra lontano… Sicchè i miei giorni sono Deserti come steppe, Le notti invence-fascino divino- Che non posso intender. -” Tu sei ingenua e come… Su scappiam pel mondo! Di noi le tracce andranno perse E ci oblieranno. Saremo tutt’e due saggi Saremo lieti e salvi; Non piu rimpiangerai parenti Né èsperi vorrai. Si mosse Èspero.Ai cieli Sue ali aggrandivan, Correvan vie di millenni In altrettanti istanti. Un ciel di stelle al di sotto, Di sopra un ciel di stelle- Sembrava fulmine incessante Fra d’esse tumultuando. Dal cupo caos dei burronii, A sé intorno in giro Vedea,come al primo giorno, Le luci scaturire; E scaturendo lo avvolgon Come dei mari,a nuoto- Lui vola- spirito che anela, Finchè scompare tutto; Che dove giunge non c’è fine, Né occhio che conosca, Invano il tempo si ingegna Di nascere dal vuoto… Non vi è nulla, pure c’è La sete che l’assorbe, Un cupo vuoto che pareggia il piu cieco obblio. -Dal peso del brumoso eterno, Scioglimi sacro Padre, Ti sia il nome lode eterna Sull’universa scala; Chiedimi,Padre,ogni prezzo, Ma dammi un ‘altra sorte, Giacche tu sei fonte di vita, Dispensator di morte; Toglimi il nimbo immortale E il fuoco degli sguardi, E dammi in cambio di tutto Un attimo d’amore… Dal caos sono nato,Padre, ritornerei nel caos… Sono il figlio della quiete, Anelo alla quiete… -Iperion che dai burroni Spunti coll’universo, Non chieder segni e prodigi Che non han nome e volto; Tu vuoi valere quant’un uomo, Rassomigliarti a loro? Periscan gli umani tutti, Ne nasceranno ancora. Solo nel vento essi plasman Deserti ideali- Quand’onde trovan una tomba, Addietro sorgon onde; Essi han solo le lor stelle, Di buona e mala sorte, Noi oltre tempo,oltre spazio Siamo oltre morte. Del grembo,dell’eterno ieri Vive l’oggi che muore, Un sole se si spegne in ciel, Ancor s’accende sole. Di sorgere per sempre illuso, Morte l’incalza e pasce, Che tutti nascon per morire E muoion per rinascer. Ma tu,Iperion,perduri Dovunque tramonti… Chiedimi ii detto primordiale- Offrirti la saggezza? Vuoi ch’io dia a quella boca, Tal voce che il canto Rimuova i monti e le selve E l’isole del mare? Vuoi forse compiere coi fatti Giustizia e valore? Il mondo a pezzi di darei A farne il tuo regno. Ti do velieri e velieri, Eserciti a percorrer In lungo e in largo l’orbe, La morte non consento… Per chi vuoi tu morire, sai? Rivolgiti e torna A quella terra errabonda: Vedrai cio che t’attende. Al suo posto destinato Risale Iperione E come tutti i giorni d’ieri, Riversa la sua luce. Giacché la sera è al tramonto, La notte sta calando; La luna sorge piano piano Tremante, dalle onde E inargenta di faville I sentier dei folti. Sotto il filar di alti tigli Due giovini sedean. -Accogli la mia fronte al seno, Amore, a riposare Ai raggi del sereno occhio Inenarrabil dolce; Col fascino del freddo lume Pervadi i miei pensieri, Eterna quiete spandi su La notte di tormenti. Del tuo raggio vegliami A spegnere il mio duolo, Che il mio primo amore sei E l’ultimo mio sogno. Dall’alto Iperion guardava Quant’eran trasognati; Appena lui le cinse il collo Che lei lo abbracciava… Odoran fiori argentini E cadon, dolce piaggia, Sui capi di quei pargoli Con bionde lunghe chiome. Ebbra d’amore, lei innalza I uoi occhi.Vede Il suo Èspero.Gentile Gli affida i desii: -Scendi da me, Èpero blando Fluendo su un raggio, Pervadi il bosco, il pensiero Rischiara la mia sorte! Lui tremola com’altre volte Sui boschi e sui colli, Guidando solitudini Di tumultuose onde; Ma più non piomba come allora Nei mari dagli alti: -Che importa te, volto di polve, Se fossi io od altri? Vivendo nell’angusto cerchio Vi fa da scorta il fato, Mentre nel mio mondo sono Eterno freddo alto.
Fino alla stella che spunto C’e strada cosi lunga, Che mille anni cammino Per giungerci la luce. Forse si spense da milenni In lontananze azzurre, Ma appena ora il suo raggio Ai nostri guardi fulse. L’icona della spenta stella Al cielo lenta ascende; Non si scorgea quando c’era, Oggi la vediam e non c’e. Cosi quando il nostro ardore Svani nel fondo buio, Il lume dello spento amore Ci insegue ancora.
L’azzurro dei boschi, il lago Di ninfee si inarca; Trasalendo in bianche cerchie Esso scuote una barca. Ed io passo lungo gli orli, Quasi sento, quasi attendo Che lei spunti di tra canne E mi cada lieve al petto; Saltiam nella barchetta, Della voce d’acque ebbri, E mi scivoli il timone E mi sfuggano i remi; Navighiamo affascinati Col lume di blanda luna – Fra le canne il vento frusci, L’ondeggiante acqua suoni! Ma non viene… Solitario Soffro indarno e rimpiango Presso il sempreazzurro lago Di ninfee gialle fitto.
Re magnifico il bosco: Tanta prole al suo piede Rifiorisce tuta grazie Alla Maestà il Bosco. Luna, sole, nonché stelle Egli porta nel suo serto, Cavalieri ha attorno E dame del ceppo Cervo. D’ araldi, le lepri fanno, Che veloci portan nuove, Fan d’ orchestra gli usignoli, Favoleggiano le fonti. Là, nell’ ombra, sopra i fiori, Sui sentieri presso l’ acque, Pecchie passano a sciami, Spesse truppe di formiche. . . Cara, andiam dal Re, Per ridiventar bambini, Chè la sorte e l’ amore A noi paian dei balocchi. Mi parrà che la natura Abbia messo la sua mente Per foggiarti al di sopra D’ ogni fata seducente; Noi andremo per il mondo, Pellegrini e solinghi, Sdraieremoci alla fonte Che zampilla sott’ un tiglio, Fiori fioccheran dal tiglio Su di noi, assopiremo E nel sonno sentiremo Il corno degli ovili. Più vicino, più vicino Più forte ci abbracceremo. . . Senti: il re adesso chiama I suoi saggi, consiglio! Sopra le bianche sorgenti Splende la luna tra i rami Tutto intorno si radunan L’ alte schiatte della Corte: Del mar candidi i cavalli, Grossi uri a stemmi in fronte, Cervi a crona diramate, Cerve agili di monte Chiedono al nostro tiglio Chi siamo, si consiglian, Mentre il nostro anfitrione Dice, le fronde scostando: Oh, guardateli che sognan Del faggeto alto il sogno! Tutti e due d’ una fiaba, Tanto cari l’ un all’ altro!
Brume bianche, adamantine Figlia l’argentina luna E le mena sulle acque, Le protende sulle piane; Radunati i fiori a veglia, Sfilan fine ragnatele, E appendon alla veste Della notte grosse gemme. Presso il lago, sul qual nubi Hanno ordito un’ombra fine, Rotta dal gettarse d’onde Come da palle di lume, Discotando il canneto La fanciulla si inchina: Getta intent rose rosse Sopra l’onda incantata. Per veder un viso, guarda Come corre l’acqua in cerchie: Chè da tempo è stregata Dal voler di Santa Miercuri; Chè il viso vi affiori, Getta solo rose fresche, Chè stregate son le rose Dal voler di Santa Vineri. Lei si specchea… Biondeggianti I capelli, il volto, splendon Nella luna, gli occhi azzurri Tutti le fiabe comprendon.
La vita mia fu luce e il cielo mi fu azzurro, La speranza, stella d’oro, mi riluceva nel petto, Sino a che all’anima mia d’un tratto apparisti, O angelo caduto! E due stelle nere luccicarono in nero fuoco Nel cielo della mia vita. – Un’altra volta il genio della fortuna Mi lascia solo nel mondo, dispare in abisso Di nube e di sogno. Uno strizzar del tuo sguardo mi ha rabbuiato la vita, Dal mio seno la divina speranza è fuggita; La fortuna ha spento la tua stella… Tu mi amassi, almeno, O angelo di amarezza! Ma no!… Dal mio buio mondo tu voli nel tuo cammino; Sotto il tuo passo arena d’oro calcherai Mentre io, perduto nella notte, non spero più nulla, E in eterno ti sogno.
Lontano son da te e solo presso il fuoco, Nel mio pensier trascorro la sventurata vita. Ottant’anni mi pare vissuto fossi al mondo, Qual verno fossi vecchi, che tu ti fossi estinta. Le ricordanze piovon a gocce nel mio cuore Risuscitando il nulla di vanita passate; Con sue dita bussa il vento alle finestre, Il fil di dolci fiabe si fila nella mente, Allor a me innanzi tra nebbie quasi appari, I grandi occhi molli, le fredde mani frali, Le braccia sporte in alto il mio collo cingi, Volessi quasi dirmi qualcosa, poi sospiri… Al petto stringo i beni d’amor e di bellezza, Nei baci uniamo le nostre vite meste… Oh! il ricordo resti per sempre senza voce, Per sempre scordi ch’ebbi quell’attimo di sorte, Che poi dalle mie braccia ti svincolasti ratto… Sarò cadente, solo, sarai morta da tanto!
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