Sogno è città, da un disegno di Jan Fabre

Mario De Santis

Mario De Santis

 

Dove ci sono ancora case vuote, li finisce Roma
si lacera di strade senza targa, dove la notte
è solo mani di rissa e crudeltà di cani.
Guardo lasciando che nel buio
cadano gocce rumorose. L’acqua
che non ha spessore, che non è diretta,
porta il suo ritmo verso il niente,
diviene danza ossessiva di pianeti.
Nessuno sembra sveglio,qui, o sono tuttioltre frontiera
lungo le scale e i corridoi camminorespirando
tornando a casa a bocca aperta, iosolo testimone.
Qui la vittoria o la sconfittasono sconosciute
resta la ferocia delle cose. Non riconosco nulla
dalla finestra, tutto è uguale, è la polvereche vaga
dunque non c’è nient’altro dietro le nostre
vite: se non avessi l’ombra che si disegna sola,
quella di un cane a cui somiglio, sarei davvero
anch’io una cosa, abbandonata tra gli agguati,
di nuovo nel deserto della strada immobile
nel giorno identico a ieri
che arriva tardi, che non si sbaglia mai.
Mario De Santis (Roma, 1964), da La polvere nell’acqua (Crocetti, 2012)

Dopo la fine

Mario De Santis

Mario De Santis

 

La città che cammina e invade il suo vento
ci somiglia, è una fabbrica d’aria
i corpi trovano spazio nella folla sfiorata
dai rami del Citísio e l’acqua è un’ombra. Ritrovo
lo sporco del mio nome cancellato sopra i muri
e tutti i nomi che decido di chiamare,
non li conosco: nella sera di lacca
l’unisono di voci dei muezzin ne fanno coro
ed è già dentro quello il mio richiamo,
da dove non sono è dove sento
fiato, fosforescenza.