Scherzo istrionico e lirico sogno mimico e infranto e oltre un muro basso la notte oltre la notte il gioco speculare delle stelle, la pace è un attimo quando cadono tutti i venti è come stare in piedi su un tetto. Poco pochissimo di questo impero d’amore di questo affetto spontaneo per il clan dei battisti fuga o pensiero che sia lo sguardo cerca impressioni profili in filigrana nel settembre del cielo è per scrivere a vuoto biglietti e riscattare questa servitù. I comici del cinema muto sui tetti uno spettacolino di Artaud di manichini che nessuno ha mai visto di corpi vegetali più puri d’un dolore vegetale mani di gelatina e unghie di fronde e tutto molto più reale di noi i sarti degli scampoli, gli economisti dei pezzi di sapone. Il repertorio dei mimi umani abbastanza esaurito l’amore di ritorno per le cose la loro pantomima stupefatta può darsi una specie di paradosso d’amore la nostalgia dell’attore per la prosa della marionetta qualcosa come essere cose, in questa storia. La retorica materialistica del melodramma le stelle sul campo di pattinaggio e non si sa di chi sono i cascatoni dei clowns e la memoria storica del Liechtenstein un nastro per capelli da donna teso davanti agli occhi data per insostenibile l’idea di sublimazione il salto con l’asta del gentiluomo monogamo lo sport la classifica dei cannonieri l’olimpiade bionegativa di Benn nella casa dei suoi genitori non pendevano Gainsboroughs e nemmeno si suonava Chopin l’io funzione degli alienisti e l’io nel paradiso di Dante. Bisogna diventare una persona – pensavi – e per far questo bisogna perfezionare l’attore, durante la stagione c’erano solo happenings di poesia futurista o teatro sintetico da letture serali di Carlo Collodi i balli plastici i cori i personaggi coi vestiti di carta felicità maniache e dolori irreali di Narciso Parigi. Guardando il cielo dopo lo spettacolo la testa sembrava svitata e il collo un apribottiglie era come guardare le stelle stando fermi in una pineta era come se il tour continuasse sempre
C’è questo lungo perdersi della poesia nel suo nulla in un’attesa del tempo che la trasformi in pensiero come l’assolo folle, amoroso, d’una chitarra, nel tempo in un’attesa del tempo che la trasformi in passato nei primi versi d’un canto, ma non umano, quasi il tamburo leggiadro della notte, il canto notturno dei grilli il suono eterno, vergine, delle fontane, il fischio dei treni nel buio un rumore di aghi di pino e di ghiaia sotto le scarpe di due ballerini in un muto, senza musica, senza silenzio. Un’estate di notte in un giardino di pini, un ricordo in un inverno gelato con gli occhi socchiusi, stupito c’è questo lungo perdersi della poesia nel ricordo in una memoria notturna, con occhi espressivi, da muta racconta con le mani un’aria d’opera sentita nella casa dei padroni le hai prestato le mani, le muovi appena, tenendo chiusi gli occhi
Semplice storia, ricordo d’una spiaggia di sassi sipario d’alghe e verzure di mare appena prima delle campagne vuote semplice corpo d’amore lungo sulle colline come strade di terra come il linguaggio puro dei caratteri che non pensavano lirica se non in un silenzio in penombra e troppo difficile ospite come la sera in case di angeli poveri. Una scala di casolare che monta verso la sera una strada di borgo che sale verso la sera ignara una preghiera per suoni se cade come rose d’ombra nel petto e conoscenza d’un bene ignoto pronunciata nei bassi d’una voce crepata, nella luce a partire dal cielo, e per la gioia ombrosa d’un crepuscolo padre, prima, nell’ora prima del tempo dell’oro delle campagne senza paura di silenzi selvaggi per l’abbandono degli uomini e dell’addio di musiche di sassi, fino ad ora l’estate. E gelate impossibili nelle notti d’estate stupite d’effemeridi accanto al gioco scuro d’una donna e d’etichette alcoliche, profumi come cipria di grano su di una moto in corsa senza occhiali come un pezzo di jazz molto nervoso in un mezzogiorno d’estate o come una preghiera di giorno, una simulazione. Queste campagne hanno un’acustica buona un motivo sonoro malinconico, assorto una ragione elegiaca difficile, qualcosa come l’arte acrobatica una grazia estrema nel corpo e nello sguardo obliquo d’una donna una vita possibile di fantasie animate fuggite in larghi d’orizzonti marini e alcuni di questi luoghi hanno vedute alte e lunghe all’infinito, profonde e indefinibili, come creazioni del mondo in crepuscoli caldi e come fari d’auto se bucano l’estasi e l’ombra di alcune notti. In uno dei pomeriggi la prima ragazza d’un gruppo è entrata ballando in una taverna in collina accennava passi di danza in penombra qualcosa come la luce più vera la luce della campagna, un uomo anziano al bancone l’ha guardata d’istinto ha guardato in esterni a una finestra ha detto piano qualcosa in poesia esteriormente ha sorriso
Di tante derive aeronautiche svendite di memorie e almanacchi da inverno a inverno rimane un ologramma della luna nel cielo disperato e impossibile come un inchiostro. E l’irrealtà plebea delle tue sere della scrittura fredda delle lune ordinarie è una mano di donna che stringe alla gola, un assurdo. La perfezione dei viaggi del pensiero aeromobili del novecento da una città a un’altra città dove espiare e smarrire poesia è simile al nonsenso fantastico dei tuoi pastori asiatici e del tuo tu alla luna all’argomento fantastico d’un’anima che chiede d’incarnarsi nella seconda replica d’un vespro teatrale nel matrimonio serale di due storie volgari. Sai cos’è il tuo destino una vicenda d’addii di viaggiatori al confine d’un borgo metafisico e inanimato per poco un’elegia di ombre che si sapevano meravigliose e rinnegate, irriconoscibili in un paese selvaggio senza l’amore del vuoto il bagliore delle stelle del nulla
Se è morta la poesia professionista, non è facile la risposta non hai provato davvero a creare la rapsodia che pure potevi non abbastanza, cose popolari, vita sonora, canzoni indirette canzoni sfiorate nei loro attacchi tridimensionali gasati esilarati sebbene di lei poesia sappiamo soltanto il nome e la sintassi e le pause, e nei momenti migliori hai pensato, io credo io credo che il potere non esista questo lo devi ammettere io credo che il potere non esista, in realtà
Gennaio ha un grado di meno negli occhi un semitono nei colori in meno una voce di meno e gli occhi come stagni di non sai quale stagione di non sai quale età, la luce grigia limpida d’inizio d’una serie di cieli s’allarga nello spazio e diventa una storia chiama un gloria taciuto a un pomeriggio già tardo e già scuro, a cespugli s’espande come acqua pluviale come grazia della vita sensibile d’un’anima, d’un’anima segreta. Ora il corpo coincide soltanto in timidissimi sguardi con gli alti delle fughe del cielo – il corpo, lo sguardo – con un pensiero impossibile, con una forza immane di non pensiero ad altezza di nuvole, e l’anima è lì e in pensieri meccanici, amorosi, fino al centro dei luoghi serali, al respiro dei luoghi serali, in un giardino grigio. La fine del silenzio di questa voce inappartenente è un canto povero per il mondo appena creato per la vita che insegna le sillabe, l’umiltà della genesi del mondo e per la voce di questa luce bassa vegetale del mistero profondo che ora si chiama inverno e pomeriggio e ottica e flora
Da ragazzi il continente era solo una lunga striscia di costa dormivamo in alberghi dove tutto era sempre previsto dal nulla ogni sì della nostra innocenza, ogni no del nostro dolore, da quel tratto di costa dando le spalle al mare s’intuivano alberi bianchi, segreti non esotici di donna e giochi teatrici d’un altro cuore. Eppure uno stupore molto grande, in questo primo paese d’ovunque l’anima non poteva sopravvivere a lungo oltre la sua frontiera potevi credere che fosse soltanto il confine d’un corpo di ragazza ma non era così, era l’altrove il giorno il nuovo mondo c’era il sogno di nominarlo, di riconoscere i luoghi di quel mondo di capire il perché di quella luce senza tempo né luoghi ma bisognava lasciarlo respirarti ai confini del mare, chiamarti lasciare che fosse anche lui a confermare il tuo nome, un battesimo. Forse è così che hai creduto di vivere, da allora in un sogno geografico innocente, in un sogno di topologia in un sogno di topologia che non era soltanto un sogno donato ogni giorno al mare non appena placati gli occhi al ricordo del tempo del mare, del tempo marittimo
A volte pensi l’anima sia un’anima e invece sono anime sono prati all’inglese desolati e sono asfalti, cieli capovolti e sono specchi non creduti dei mimi non creduti le immagini sorprese di una verità. Acque del tempo glaciali e analogiche. Acque. Esiste un tempo già previsto nel tempo esistono tempi nel tempo le immagini nel tempo meraviglia luci cieche d’un uomo, misteri d’organismo nei luoghi soli del continente, comuni. E’ il senso di piccoli standard gocce di luce dentro gocce di brina e di rugiada nell’alba nei dintorni simbolici d’un restaurant periferico vegetariano compresa l’orchestrina. Inventare da lirici due standard minimo l’economia di due pezzi chiusi in poesia due ruote piccole di bicicletta you ain’t heard nothing yet voi non avete ancora sentito niente debole debolissimo odio debole debolissima o debolissimo oboe d’amore
Tu non puoi immaginare che male io senta qui in fondo al cuore nella fragile potenza della sera di Copenaghen nella stazione di Copenaghen, con i sognatori europei antichi suonatori di trombone e gente nera e sorrisi e un grande orologio che aspetta il tuo sguardo di sole. Ma in sere povere – potrebbero aspettare qualche diverso interprete, il barboncino Marx con il piattino al parco Tivoli o un sorriso danese e un pedigree o un fattorino pazzo o qualcosa di biondo oppure un cowboy canterino – andremo ad Elsinore e sbarcheremo ad Helsingborg
Accordo in una favola sofisticata piena di soprannomi e non ha niente a che vedere con questo inferno una volta le impronte digitali verdi di clorofilla e bianche scomparivano come sciami d’insetti sulle panche di marmo del giardino a volte le hai proprio riviste sopra una pagina di poesia. La lingua può divenire sempre più stretta e sempre più comprensibile, fisica e inventarsi dei libri scritti piano, a partire da pagina uno la lingua può imparare a memoria e aspettare la lingua del tempo è sufficiente qualcosa di diverso nella luce, le figure dell’ombra un segreto del tempo, i tuoi occhi che non ne parlano più
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