Juan Ramón Jiménez
Raggiunse la morte. Ma fu così viva la sua vita,
che sebbene giaccia qui putrefatto,
il destino lo sta vegliando, quieto.
Raggiunse la morte. Ma fu così viva la sua vita,
che sebbene giaccia qui putrefatto,
il destino lo sta vegliando, quieto.
Se ne va, se ne va, se ne va!
… Se n’è andato!
E col momento,
se n’è andata l’eternità!
Destino! Che albero invisibile e infinito
dà il tuo frutto, che l’anima
a volte raccoglie, maturo?
Quali di queste idee sono i tuoi rami,
di questi sentimenti sono i tuoi fiori,
di queste canzoni sono i tuoi uccelli,
di questi sorrisi i tuoi profumi?
Cosa alimenta le tue radici?
In che modo, da dove, come in questo limone
dalla mia finestra, tu entri
nella nostra stanza più interna
e lì sfiori, dolcemente, il cuore?
È cosi breve il nostro cammino
Nel sogno dell’amore!
Il mondo di una rosa!
Ma noi lo rendiamo
Immenso con soste
Di lunghi baci
Sulle foglie aperte.
I
Non te ne andare, ricordo, non te ne andare!
Volto, non svanire così,
come nella morte!
Continuate a guadarmi, occhi fissi,
come un momento mi guardaste!
Labbra sorridetemi,
come un momento mi sorrideste!
II
Ah fronte mia, datti da fare;
non lasciare che si sparga
la sua forma fuori del suo ambiente!
Comprimi il suo sorriso ed il suo sguardo,
fino a farli divenir mia vita eterna!
III
-Sebbene mi dimentichi di me stesso;
sebbene prenda il mio volto, nel soffrir tanto per lui,
la forma del suo volto;
sebbene io sia lei,
sebbene si perda in lei la mia struttura! –
IV
Oh ricordo, sii me!
Tu – lei – sii ricordo, tutto e solo, per sempre;
ricordo che mi guardi e mi sorrida
nel nulla;
e ricordo, vita con mia vita,
divenuto eterno cancellandomi, cancellandomi!
Il terreno, grazie a te,
piacevole, diventò
celeste.
Poi
il celeste, grazie a me,
piacevole, diventò
umano.
D’un tratto, mi dilata
la mia idea,
e più grande mi fa dell’universo.
Allora, tutto sta
dentro di me. Stelle
dure, mari profondi,
idee d’altri, terre
vergini, sono la mia anima.
E a tutto comando io,
mentre senza comprendermi,
tutto pensa a me.
…Allegro sì, che appena il conscià…
DANTE
Il tuo
sonetto,
come una donna nuda e casta,
accogliendomi sulle sue gambe pure,
mi abbracciò con le sue braccia celestiali.
Sognai, poi,
con lui, con lei.
Era una fontana
con due zampilli ad arco su una prima vasca, che poi li versava,
fini, in altre due…