Tutti i miei anni identici li lascio in fila nei cortili e sui balconi come i giocattoli che a fine pomeriggio rimangono per prendersi la notte e passano i mattini ad asciugare e perdono colore a poco a poco. Ogni volta che mi fermo faccio casa in ogni casa faccio i miei cortili di noia abbandonata che rimane. Forse possiamo vivere soltanto in queste due nature senza pace chi in ogni cosa abita e chi passa da sempre chi fa il vento e chi fa il muro. Isabella Leardini (Rimini, 1978), da Una stagione d’aria (Donzelli, 2017)
Sono nata a pugni chiusi e a pugni chiusi rimango a fare muro alle stagioni. Vorrei poter andare via con l’aria come i turisti che sciamano leggeri dentro la sera ferma dell’estate. Ma stringo sempre meno, tra i capelli raccolgo tutta l’acqua che non piove e quando i fuochi impazzano mi pianto contro le linee accese dei destini come l’ultimo boato senza luce. Isabella Leardini (Rimini, 1978), da Una stagione d’aria (Donzelli, 2017)
È questo che ancora ci tiene nei ritorni d’estate a mezz’autunno, il rumore d’erba e foglie il loro schianto. E lasciarsi al balcone alla magrezza del mattino quando il sonno non c’è stato è un colpo aperto agli occhi, forse il male di certa luce enorme che riapre in un’aria che si vede, il senso, il mare. Isabella Leardini (Rimini, 1978), da La coinquilina scalza (La Vita Felice, 2008)
Dovrebbe essere tutta un’altra cosa la giovinezza e non questo disperdersi d’estati un lungomare rasoterra. Prego ancora una corsa dei giorni, un tocco casuale che apra il cielo nel gioco che cambia in abbraccio, dovrebbe essere tutta un dieci agosto un gran desiderare la paura. Isabella Leardini (Rimini, 1978) da La coinquilina scalza (La vita felice, 2004)
Da piccola sbattevo le porte… Quando sono diventata una che resta seduta, che svuota le estati a guardare la stanza dal balcone per vedere se rientrando neanche l’ultimo fantasma se n’è andato? Ho un nuovo cane che dorme di fianco, ma tornano le stesse sere lunghe le porte che sbattono addosso senza la scossa accesa del fragore… Bisogna avere la natura di chi resta per saper tenere gli occhi sugli addii che durano di più a farli da soli. Isabella Leardini (Rimini, 1978), da La coinquilina scalza (La Vita Felice, 2008)
Così sparpagliate, le notti, respirate dall’alto a luce accesa un gioco scalzo dei giorni sul viso. Non volevamo noi morirci dentro come piante senza sete a rimandare l’ultima parola, credevamo di tremare più degli altri alla fine della festa, sotto casa… Sei sempre tu nella mia caccia di presagi anche il vento lungo i nastri della sagra è il mio perderti ogni volta un ritrovarti. Isabella Leardini (Rimini, 1978), da La coinquilina scalza (La Vita Felice, 2008)
Chi perde il tempo di essere felice per prima cosa perde le risate che tolgono il respiro, poi qualcuno scende dentro lo sguardo lo fa nero come l’argento chiuso nei cassetti. Sempre la stessa età lo stesso giorno. Chi perde il tempo di essere felice ha l’aria di una casa stagionale che si prepara a vivere e riempirsi. Tutta la fronte chiusa dentro un lampo che non si compie mai nel temporale. Isabella Leardini (Rimini, 1978), inedito
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