I cancelli incatenati, la recinzione di filo spinato è lì come un’autorità di metallo contro la neve e questo grigio monumento al senso comune resiste alle stagioni. Ancora carica questa recinzione delle paure di sciopero, di protesta, di uomini uniti e della lenta corrosione delle loro menti. Al di là, attraverso le finestre rotte, si vede dove le grandi presse si sono fermate fra un colpo e l’altro e così, sospese nell’aria, restano prese al margine certo dell’eternità. Le ruote di ghisa sono ferme; si contano i raggi
La camera è sola Ognuno per sé Presenza nuova Si paga a mese Il padrone dubita Pagheranno Giro per strada Come una trottola Il rumore delle carrozze Il mio brutto vicino Che fuma un acre Tabacco inglese O La Vallière Che zoppica e ride Delle mie preghiere Tavolo da notte E tutti insieme In questo hotel Sappiamo la lingua Come a Babele Serriamo le porte A doppia mandata Ognuno porta Il suo solo amore
La camera è sola Ognuno per sé Presenza nuova Si paga a mese Il padrone dubita Pagheranno Giro per strada Come una trottola Il rumore delle carrozze Il mio brutto vicino Che fuma un acre Tabacco inglese O La Vallière Che zoppica e ride Delle mie preghiere Tavolo da notte E tutti insieme In questo hotel Sappiamo la lingua Come a Babele Serriamo le porte A doppia mandata Ognuno porta Il suo solo amore
Che le tue ricerche interminabili, i tuoi sogni della vampa, del grande fuoco, del momento in cui si schiuderà l’occhio dell’azzurro, non siano che un’illusione, un trompe-l’œil in più, una chimera come tante altre? Sei nelle Planty di Cracovia, ti stai avvicinando al castello dove abitano re, sogni e sciocche colombe. Vedi un magnifico faggio che è sprofondato senza scampo nell’autismo autunnale. I rami come ragnatela fanno da sipario alle torri della cattedrale, la vecchia campana dorme il sonno dei giusti. La pioggia leggera ha in sé un pizzico d’ironia come un commento dotto a un testo sacro. È risaputo che in questo quartiere finanche i bambini parlano piano, come se temessero qualcosa – e il Battifredo del Ladro, solido e massiccio, ricorda l’inevitabile scherno del mondo.
Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna E i nostri amori Me lo devo ricordare La gioia veniva sempre dopo il dolore Venga la notte suoni l’ora I giorni se ne vanno io rimango Le mani nelle mani faccia a faccia restiamo Mentre sotto Il ponte delle nostre braccia passa L’onda stanca degli eterni sguardi Venga la notte suoni l’ora I giorni se ne vanno io rimango L’amore se ne va come L’amore se ne va Com’è lenta la vita E come la Speranza è violenta quest’acqua corrente Venga la notte suoni l’ora I giorni se ne vanno io rimango Passano i giorni e passano le settimane Né il tempo passato Né gli amori ritornano Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna Venga la notte suoni l’ora I giorni se ne vanno io rimango
Ho colto questo filo di brughiera Ricordati che l’autunno è morto Non ci vedremo più sulla terra Odore del tempo filo di brughiera Ricorda ancora che io ti aspetto
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