Tutti mi dicono che sono una donna e bella e che ho spalle ampie gambe robuste di ferro. «Cammina da sola ora». Io non cerco che una mano grande che mi copra tutta la faccia non mi faccia invecchiare. Giulia Rusconi
Io li conosco tutti i degenti di tutti i bar – c’è chi si abbandona a larghe risate chi costruisce filosofie complesse c’è chi piange su un amore finito c’è chi piange su un amore finito chi improvvisa buffi pezzi di teatro. Io tra loro sono la più sfrenata anch’io con il mio camice di ordinanza anch’io uguale agli altri e la follia arriva a tali livelli che vorrei infermieri a tenermi braccia a gambe un morso in bocca una benda – meno male che i farmaci qui sono legali ed economici e in sere fortunate trovo qualcuno che mi offre tutto. Ah bizzarra confusione delle sere in cui si è tutti insieme col bicchiere pieno – ultimi a lasciar la festa. Amici vedete io ho un male che mi ostino a curare da me – al bar la notte si perde dentro il mio bicchiere che è fondo, non vedo mai la fine. Non dite che fa male al fegato ai reni, non capite, qualcosa si dovrà pur sacrificare. Mi ricovero ogni sera in qualche bar mi dimentico mi perdo via: questa la mia cura e la mia malattia. Rusconi Giulia
(Venezia, 1984), daSuite per una notte(LietoColle-Pordenonelegge, 2014)
Il corridoio è un asilo per l’infanzia una danza di teste che mi arrivano alla vita ma è finita l’ora dei giochi qui si muore e sono tutti seduti sulla sedia a rotelle le mani gemelle posate sui grembi a scucire i lembi dei maglioni, ostinati a non mollare gli ultimi minuti, non incappare in un gesto troppo lento, attenzione, la morte è furba, non distrarsi, neanche un momento. Giulia Rusconi (Venezia, 1984), da Linoleum(Amos Edizioni, 2017) – consigliato da Maddalena Lotter
È sufficiente vederlo arrivare – e poi il tempo che concede: quell’immenso lago di pace. Quel calore vivo. È il suo corpo la mia cara casa, la mia cura. Giulia Rusconi (Venezia, 1984), da Suite per una notte (Lieto Colle – Pordenonelegge, 2014)
Chi mi ricorderà il suo nome di betulla nelle nere sere montane quando il vento è cauto e il lupo canta alla solida parete? All’abete sempreverde chiederò, alla civetta che dorme sul mio tetto. Chiederò al gatto nero che non dorme mai, agli aghi e ai muschi delle piane. Giulia Rusconi (Venezia, 1984), inedito
Che cosa gli dicevo? Prendiamo una suite per una notte come due fuggiaschi – Che cosa romantica, sì, come un tempo che non si poteva incontrare. Anche un motel andrebbe assai bene, una cameraccia in cui gridare le tue fatture, compresa quella ruga un po’ fonda e la pancia che ingrassa. Come resistere tra la gente, o in macchina, quando tutto chiama a te, tutto chiama all’amore più puro più sporco e noi impettiti, tu che ti riesce meglio io che chissà come con te fingo male e sembro sempre una che finge. Prenoto io, dicevo, pago io, tu non devi far altro che venire. E venire e venire. Giulia Rusconi (Venezia, 1984), da Suite per una notte (Lietocolle-Pordenonelegge, 2014)
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