Giorgio Bolla
Assapora la lunga
schiera
dell’aria,
quasi sangue e sangue
laccato
sui nostri sguardi
attraverso erba e
fiotti di fredda luce.
Salterò il tempo
per toccarti.
Assapora la lunga
schiera
dell’aria,
quasi sangue e sangue
laccato
sui nostri sguardi
attraverso erba e
fiotti di fredda luce.
Salterò il tempo
per toccarti.
Tuo è il giorno
quando scendi al fiume
anche sotto lune
di ghiaccio
il sudore infilato nei guanti
e il mento elevato
dal vento del
bene
con davanti
il gioco della
libertà.
Allora volò l’ippogrifo
sulla schiena del
mio gatto
navigli fra pianeti
nascosti
discosti dal viaggio
dell’uomo
pianeti villani
e stelle abrase
dal volo degli
angeli.
Che la vita è sofferenza
me l’avevi fatto
capire
ma dove ti trovo
adesso,
ti ho perso quando
cominciavo a capire
e le verdi idee
del mattino
si accompagnavano
alla pietra
del ricordo
ti vorrei toccare
dove arriva la sera
e finisce il senso
di noi.
Oserei il giorno
dopo lunghi ricordi
bagnando scale di marmo
e di sole
nel crepuscolo di una città.
Finisce lì la collina
il saluto arriva freddo
ancora salottiero nella
sua falsità
è tutta la città
che prospera nella
falsità.
Non ammettere il sacrificio
è falsità.
Potrebbe avere un
senso
passare tra Maioletto
e il mondo
anche se lungo è
lo scavo
dello sguardo
magari quando
accade il passo
dei cieli
e tu rechi il
ricordo
al verde colle
dell’autunno.
(a Milena)
Ascolto un verso che ti arriva
dal suolo e
questo accade
quando scendi tra la neve
convinto del dopo
sui tramonti del fatto,
sciolte le rughe
del collo
e ancora credi.
Voglio sentire il tuo calore
nel panno che hai appena
lasciato.
Allora a Te,
nei meriggi e nelle notti
su balconi di sogni e aspettative
di purezza.