Quando sarò vecchia – se mai lo sarò – e mi guarderò allo specchio e mi conterò le rughe come delicata orografia di pelle distesa. Quando potrò contare i segni lasciati dalle lacrime e dalle preoccupazioni e il mio corpo risponderà lentamente ai desideri, quando vedrò la mia vita avvolta in vene azzurre in occhiaie profonde e scioglierò i miei capelli bianchi per andare a dormire presto – come si deve – quando verranno i nipotini a sedersi sulle mie ginocchia fiaccate dal passare di molti inverni, so che il mio cuore – ribelle – starà ancora ticchettando e i dubbi e i vasti orizzonti saluteranno ancora i miei mattini.
Il tuo ricordo mi avvolge come una coperta proteggendomi dal freddo, splende col mio corpo nel silenzio bagnato di questa sera in cui ti scrivo, nella quale non posso far altro che pensarti e pronunciare il tuo nome in segreto, dentro la mia bocca avvolgendolo nel recinto dei miei denti mordendolo fino a consumarne le lettere, fino a consumarlo tanto il nome tuo che mi ha accompagnato, per tornare a farlo rivivere cullandomi da me con la tua voce e i tuoi occhi, dondolandomi in questo tempo senza ore nel quale ti desidero in cui amo ogni minuto che è rimasto impresso nella mia memoria per sempre.
Io sono un nome che canta e si innamora dall’altro lato della luna, sono il prolungamento del tuo sorriso e del tuo corpo. Io sono qualcosa che cresce, qualcosa che ride e piange. Io, quella che ti ama.
Se sei una donna forte proteggiti dalle bestie che vorranno nutrirsi del tuo cuore. Usano tutti i travestimenti del carnevale della terra: si vestono da sensi di colpa, da opportunità, da prezzi che si devono pagare. Non per illuminarsi con il tuo fuoco ma per spegnere la passione l’erudizione delle tue fantasie Non perdere l’empatia, ma temi ciò che ti porta a negarti la parola, a nascondere chi sei, ciò che ti obbliga a essere remissiva e ti promette un regno terrestre in cambio di un sorriso compiacente. Se sei una donna forte preparati alla battaglia: imparare a stare sola a dormire nella più assoluta oscurità senza paura che nessuno ti tiri una fune quando ruggisce la tormenta a nuotare contro corrente. Educati all’occupazione della riflessione e dell’intelletto. Leggi, fai l’amore con te stessa, costruisci il tuo castello, circondalo di fossi profondi però fagli ampie porte e finestre. E’ necessario che coltivi grandi amicizie che coloro che ti circondano e ti amano sappiano chi sei, che tu faccia un circolo di roghi e accenda al centro della tua stanza una stufa sempre accesa dove si mantenga l’ardore dei tuoi sogni. Se sei una donna forte proteggiti con parole e alberi e invoca la memoria di donne antiche. Fai sapere che sei un campo magnetico. Proteggiti, però proteggiti per prima. Costruisciti. Prenditi cura di te. Apprezza il tuo potere. Difendilo. Fallo per te: Te lo chiedo in nome di tutte noi.
Dalla donna che sono Mi succede,a volte,di osservare nelle altre La donna che potevo essere Donne garbate,esempi di virtù. Non so perché tutta la vita ho trascorso a ribellarmi a loro. Odio le loro minacce sul mio corpo . La colpa che le loro vite impeccabili, Per strano maleficio mi ispirano; Mi ribello contro le buone azioni, Contro i pianti notturni sotto il cuscino, Contro la vergogna delle nudità sotto la biancheria intima, Stirata e inamidata. Queste donne,tuttavia,mi guardano dal fondo dei loro specchi, Alzano un dito accusatore,a volte,cedo al loro sguardo di biasimo e vorrei guadagnarmi il consenso universale, Essere “la brava bambina”,”la donna perbene”, La Gioconda irreprensibile, Prendere dieci in condotta Dal partito,dallo stato,dagli amici,dalla famiglia,dai figli E da tutti gli esseri che popolano abbondantemente questo mondo. In questa contraddizione inevitabile Tra quel che doveva essere e quel che è, Ho combattuto numerose battaglie mortali, Battaglie inutili,loro contro di me Loro contro di me che sono me stessa – con la psiche dolorante,scarmigliata, Trasgredendo progetti ancestrli, Lacero le donne che vivono in me che,fin dall’infanzia,mi guardano torvo Perché non riesco nello stampo perfetto dei loro sogni, Perché oso essere quella folle,inattendibile, Tener e vulnerabile Che si nnamora come una triste puttana Di cause giuste,di uomini belli e di parole giocose Perché,adulta,ho osato vivere l’infanzia proibita E ho fatto l’amore sulle scrivanie nelle ore d’ufficio, Ho rotto vincoli inviolabili e ho osato godere Non incolpo nessuno. Anzi li ringrazio dei doni. Non mi pento di niente,come disse Edith Piaf. Ma nei pozzi scuri in cui sprofondo al mattino,
Appena apro gli occhi, Sento le lacrime che premono, Nonostante la felicità che ho finalmente conquistato, Rompendo cappe e strati di roccia terziaria e quaternaria, Vedo le altre donne che sono in me,sedute nel vestibolo Che mi guardano con occhi dolenti e mi sento in colpa per la mia felicità. Assurde brave bambine mi circondano e danzano musiche infantili… Contro di me; Contro questa donna fatta,piena, La donna dal seno sodo e i fianchi larghi, che,per mia madre e contro di lei,mi piace essere.
Sono qui, nuda, sulle lenzuola solitarie di questo letto in cui ti desidero. Guardo il mio corpo,… liscio e rosato nello specchio, il mio corpo che è stato avido territorio dei tuoi baci, questo corpo pieno di ricordo della tua incontenibile passione sul quale hai combattuto sudate battaglie nelle lunghe notti di gemiti e di risa e di sudori dalle mie cavità profonde. Guardo i miei seni che sistemavi sorridendo nel palmo della tua mano, che stringevi come uccellini nelle tue gabbie di cinque sbarre, mentre un fiore mi si accendeva e arrestava la sua dura corolla contro la tua dolce carne. Guardo le mie gambe, lunghe e lente conoscitrici delle tue carezze, che ruotavano rapide e nervose sui loro cardini per aprirti il sentiero della perdizione proprio verso il mio centro verso la dolce vegetazione del campo dove hai ordito taciti combattimenti coronati dal piacere, annunciati da raffiche di fucile e da arcaici tuoni. Mi guardo e mi vedo, è lo specchio di te che si tende dolente su questa solitudine domenicale, uno specchio rosato, un calco vuoto che cerca l’altro suo emisfero. Piove a dirotto sul mio volto e penso soltanto al tuo amore lontano mentre difendo con tutte le mie forze, la speranza.
Sempre questa sensazione di inquietudine di attesa d’altro. Oggi sono le farfalle e domani sarà la tristezza inspiegabile, la noia o l’ansia sfrenata di rassettare questa o quella stanza, di cucire, andare qua e là a fare commissioni, e intanto cerco di tappare l’Universo con un dito, creare la mia felicità con ingredienti da ricetta di cucina, succhiandomi le dita di tanto in tanto, di tanto in tanto sentendo che mai potrò essere sazia, che sono un barile senza fondo, sapendo che ”non mi adeguerò mai”, ma cercando assurdamente di adeguarmi mentre il mio corpo e la mia mente si aprono, si dilatano come pori infiniti in cui si annida una donna che avrebbe voluto essere uccello, mare, stella, ventre profondo che dà alla luce Universi splendenti stelle nove… e continuo a far scoppiare pop corn nel cervello, bianchi bioccoli di cotone, raffiche di poesie che mi colpiscono tutto il giorno e mi fanno desiderare di gonfiarmi come un pallone per contenere il Mondo, la Natura, per assorbire tutto e stare ovunque, vivendo mille e una vita differente… Ma devo ricordarmi che sono qui e che continuerò ad anelare, ad afferrare frammenti di chiarore, a cucirmi un vestito di sole, di luna, il vestito verde color del tempo con il quale ho sognato di vivere un giorno su Venere.
E Dio mi fece donna, con capelli lunghi, occhi, naso e bocca di donna. Con curve e pieghe e dolci avvallamenti e mi ha scavato dentro, mi ha reso fabbrica di esseri umani. Ha intessuto delicatamente i miei nervi e bilanciato con cura il numero dei miei ormoni. Ha composto il mio sangue e lo ha iniettato in me perché irrigasse tutto il mio corpo; nacquero così le idee, i sogni, l’istinto Tutto quel che ha creato soavemente a colpi di mantice e di trapano d’amore, le mille e una cosa che mi fanno donna ogni giorno per cui mi alzo orgogliosa tutte le mattine e benedico il mio sesso.
Tra le tue gambe il mare mi mostra strane scogliere coralline rocce superbe coralli magnifici contro la mia grotta di conchiglia madreperlata tu mollusco di sale segui la corrente l’acqua scarsa scopre le pinne mare nella notte con lune sommerse il tuo ondeggiare brusco di polipo focoso accelera le mie branchie il mio pulsare di spugna i cavalli minuscoli fluttuanti tra gemiti aggrovigliati in lunghi pistilli di medusa Amore tra delfini a balzi ti tuffi sul mio fianco leggero ti accolgo in silenzio ti guardo tra bollicine le tue risa cerco con la bocca spuma leggerezza dall’acqua ossigeno dalla tua vegetazione di clorofilla Dagli occhi argentati fluisce il lungo sguardo finale ed emergiamo da corpo acquatico siamo di nuovo carne una donna e un uomo tra le rocce.
Frantuma la luna tra le tue mani Falla a pezzi E cospargiti della sua polvere Fine e scura. Proteggiamoci dai simboli E dai sogni Respingiamo le insidie della vita con un duro schermo di realtà. Accettiamo il giorno e la notte attraversando il tempo con spalle rette e occhi ben aperti.