Quattro date sono stato costretto a ripassare Nell’aprile del 2005 Quattro date del mio calendario. Nel ’58 Avevo dieci anni e il televisore Era entrato da poco in casa mia. A dottrina mi avevano insegnato che la gravissima responsabilità Avrebbe fatto tremare il designato: “Chissà come ha rifiutato…”, sussurrai. La nonna Gina, che non ci credeva, al contrario dell’altra – la Pina, Bigotta rosminiana – era vicino a me ad ascoltar l’Habemus. In quella congrega di cattolici colsi il suo sussurro Laico “Al gà par minga ver al panzun, sta’ sigür”, Che sconvolse non poco le mie convinzioni vaticane. Cinque anni dopo, a nonne morte, abitavamo di fronte a san Rocco, L’ultima tappa di Montini in pastorale Prima della partenza per la capitale. Nel ’63 ero alto e bello, turbato nella carne e nel pensiero. Mi trovai lì a passare proprio mentre un piccolo gruppo di inchinati Attendeva di baciare l’anello. Non capii al momento, Vidi la mano che si allungava, la strinsi E mi trovai l’anello contro il naso. Poi la mano mi carezzò la guancia, E l’indice sul lobo dell’orecchio nettamente percepii. Io credo ancora di aver capito tutto nell’istante In cui incrociai lo sguardo. Nel ’78 ero un allenato agli uomini ed al mondo Giovane ricercatore. Furono due le date, La prima rassicurante. Voce da checca estatica, pensai. Alla seconda restai perplesso. Dopo la costruzione Della piscina a CastelGandolfo e le foto di Karol al picnic Scrissi due settenari: “Ora che abbiamo un papa Eterosessuale”, Seguiti dalla annotazione (studiavo Adorno): Rigidità fisica sostitutiva di rigidà fallica Intervallata da icona tomistica, Il bue muto. Ma certo non pensavo che l’omofobia Sarebbe stato il marchio del suo pontificato. Dell’ultima elezione preferisco non dire, Il ghigno è da incubo notturno. E “se penso Alla Germania di sera, io Non riesco a dormire”.
Rammendi in cotone arancione Sul panno rosso di Lodève Del tuo pantalone da divisa di fanteria In bacheca al museo come Esempio di uniforme confezionata In panno locale. Particolarmente intenso Il rammendo sul cavallo Grossolano affrettato Fatto da te lungo la cucitura Prima della battaglia della Marna. Da Guerra, 2005
Come una spiga di grano matto serrata tra dita passando, o sul ramo della robinia le foglie verso la mano. La ghiaia con l’erba da conto nel giardino. Poltiglia carnosa lampadine le mutandine tra le gambe. Non difesa dal vetro, la pazienza dello scrigno usando come magazzino, alzava i piedi l’uno contro l’altro perché gli ornamenti nascosti conoscessero amanti, e cibo notturno divenissero di mani nere. Il suo nome non era che una confusione di sillabe. Semplice e muta come un mandarino Fermamente tenuta di pietà giusta la mano sulla nuca. E stava attaccata al telefono come un’ape piccola, ma il fiore lontano era incerto, considerava l’opportunità giocherellando coi gettoni. E il freddo non era più freddo soltanto, e il caldo caldo. Portava ogni giorno qualche altra domanda nelle ossa come una proroga al solstizio e poi di nuovo all’ombra. E le curve dei giorni sempre un po’ più ampie. Questa non è la mia casa, lo so. Me ne sono accorta da lontano, per la domanda difensiva d’offesa come carta coperta di muschio lasciata a posto per disciplina, ridotta in punta di piedi a lucciola bruna e d’angolo, senza distinzione al punto di luce visibile. C’era ancora abbastanza prato per la neve lì davanti piccozze brune rododendri. Aveva buchi nei polmoni e il fiato veniva come ghiaccio per lago d’acqua che tramonta. Timor di Dio non farmi respirare più. Da Suora carmelitana, 1997
Tecniche di indagine criminale Ti vanno – Oetzi – applicando ai capelli Gli analisti del Bundeskriminalamt di Wiesbaden. Dopo cinquanta secoli di quiete Nella ghiacciaia di Similaun Di te si studia il messaggio genetico E si analizzano i resti dei vestiti, Quattro pelli imbottite di erbe Che stringevi alla trachea nella tormenta. Eri bruno, cominciavi a soffrire Di un principio di artrosi Nel tremiladuecento avanti Cristo Avevi trentacinque anni. Vorrei salvarti in tenda Regalarti un po’ di caldo E tè e biscotti. Dicono che forse eri bandito, E a Monaco si lavora Sui parassiti che ti portavi addosso, E che nel retto ritenevi sperma: Sei a Munster E nei laboratori IBM di Magonza Per le analisi di chimica organica. Ti rivedo col triangolo rosa Dietro il filo spinato. E’ stato chiamato “Oetzi” e “Uomo del Similaun” (dal nome della località del Tirolo e del ghiacciaio in cui fu rinvenuto all’inizio degli anni Novanta) l’individuo vissuto nell’eneolitico i cui resti – straordinariamente conservati – sono tutt’ora oggetto di studio.
Tu intervenisti lì All’imbocco della valletta Dove ad un tratto muta la vegetazione, Solo licheni e tundra Per qualche ettaro… Forse la lingua di ghiaccio profonda Che formò il lago Lì sotto non si è sciolta, Resiste tra i detriti coi resti dei mammut. Forse il tempo tiene lì la poesia. Da Jucci, 2014
Come una preghiera per non violenti giorni Dal lago si estendeva ai colli circostanti, Sommergeva persino i già bisbigli Emessi dai risvegli, Era il cielo con due nuvole L’emissione della voce E a forma di labbra la pronuncia: Tu legno e io poliuretano espanso. Quando si dice i materiali antichi Destinati a durare E quelli innovativi… Cercavamo il sesso della morte Nelle pitture alpine. E’ maschio è maschio Ricordo che scoprivo. Franco Buffoni (Gallarate, 1948), inedito
Siede a destra di Cristo Giovanni Nel Cenacolo del Franciabigio Al Convento della Calza Su per la Porta di San Pier Gattolino, Non a sinistra come nelle Cene Più note e visitate, Ansiosamente ancella per Andrea del Sarto Al Cenacolo di San Salvi, Sleeping boy da Lullaby col Ghirlandaio Alla Badia di Passignano E ancora a Foligno il Perugino O Andrea del Castagno a Sant’Apollonia Con Giuda in primo piano Concupiscente e nero. Qui il Franciabigio pone Giovanni a destra Ed a sinistra Pietro Vecchio amministratore Delegato al governo Del Regno del Signore Dalla parte del cuore, Perché a destra il colore Di Giovanni stordisce Ben più della luce Di finestra in cornice Al grembo vòlto il rapito Da postura con Giove Ganimede imprigrito. da GUERRA
Un sampietro d’argento al colonnato Diverrà questa faccia rasata Ideologica quanto basta e temeraria Da vescovo armigero combattente Pronta con la truppa a ricacciare Nei cessi dei cinema I-forse-perché-più-sensibili, Misericordiosamente.
Una lunga sfilata di monti Mi separa dai diritti Pensavo l’altro giorno osservando Il lago Maggiore e le Alpi Nel volo tra Roma e Parigi (Dove dal 1966 un single può adottare un minore). Da Barcellona a Berlino oggi in Europa Ovunque mi sento rispettato Tranne che tra Roma e Milano Dove abito e sono nato. da ROMA
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