Definisci i Termini delle mie notti instabili E di giornate sature, svuotate in un flacone. Non c’è altra direzione che sappia dare ai miei passi, Tu, strada, Termini nella stazione. Ragazze, amici, occupazioni e amore languono sul filo della spada Che rende ognuno dei miei sogni inerme, atrofizzato tra le vie di Termini.
Però l’uomo ha sempre visto a colori, e uguale è il grido di ognuno che muore. A cosa, a chi sentirsi superiori? A ere passate e culture presenti? Cose superate, o semplicemente Rotte sconosciute dei venti. Invece di far luce sappiamo nascondere e, invece di conoscere, soltanto giudicare. Invece di esplorare ogni strada in quanto nuova sappiamo solo chiuderci a ogni alternativa.
Ci attira sopra ogni cosa la cosa che più reprimiamo E, così, l’uomo divora la donna, E, così, il popolo adora il tiranno. Così vai cercando l’accento straniero di quel bel ragazzo che ti terrorizza, Ti forzi a far odio del tuo desiderio; Ti sembra che io dica il giusto o il vero?
a tigre procede a testa alta nel tropico che la vede padrona di ogni foglia, di ogni sfumatura. Non perdona, ma non compie passo falso di abuso, di violenza verso gli altri, Nessuna; si compiace, anzi di essere la sola a poter aiutare. Non prova amore: Non ha vera forza All’infuori del sentirsi superiore. – Oltre al confine del tropico la tigre cercava una preda, Presa dalla solitudine di una vittoria ormai invisibile. Lei desiderava amare, davvero, Una creatura migliore, Senza mai aver imparato ad amare sé stessa, ciò che la rendeva uguale. Ma nella foresta di forme diverse, Di diverse leggi, diverse realtà, Volere solo vincere significava reggere Un metro diverso dal braccio di ferro. Chi si misura solo con la forza non sa mai cosa l’aspetta. Chi non ha forza se non nel confronto Nasconde la più grande debolezza. Disarmata, ascoltavo morire anche il grido Di una grinta spenta in eterno: Erano le lacrime di una tigre di fronte alla grazia del cervo.
Non ho mai chiesto più da certi sogni che mi lasciassero stare. Quando la guardia è bassa e non so interpretarli, le sale buie e accumuli di oggetti più che inutili. Non ho mai chiesto più dalla mia mente di non caderci ancora. Se è più facile perdersi, ben più che ritrovarsi, Io non saprò mai più dove mi trovo.
nessuno vuole stare Con qualcuno di così eccezionale ed egocentrico. C’è stato un tempo in cui morivo ogni giorno di devozione; Ora un silenzio in cui ascoltare cadere la cenere. Non amare la tigre la cui rabbia non ama, Che non ammira e non ha mire se non quella di arrivare prima. Sotto al suo morso muore la sfida di ogni creatura; Non amare la tigre che o ti ama o ti divora.
Le porte automatiche dell’Inverno fuori dalla stazione; ciò che prima ha condito la mia vita, vita mia Non ne hai lasciato nulla. Sarà più Primavera? Nei campi urbani della Tiburtina la gente loda il respiro dell’aria “Finalmente verde”, e i palazzi sghignazzano a braccetto, in lontananza. La vittoria del freddo incalza, noncurante, E io che vago, senza più una meta, Scrivo; Il blu del buio mi si addensa addosso. Sfrigolano le logoranti frustrazioni altrui ingoiate dalla città, Roma mia, che ne ridi.
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