Tu pur ti levi in provocante aspetto Tra gli aristarchi a lacerarmi intesi, E ingenuamente l’anima palesi Infiammata d’orgoglio e di dispetto. Dimmi: come, perchè dentro al tuo petto Tanto furor d’inimicizia accesi? In che ti nocqui mai? Quando t’offesi? Di che vuoi tu punirmi, o giovinetto? Pur sotto al velo del superbo stile La non velata mia mente indovina L’anima bella e ‘l cor franco e gentile. Ah l’umana follía saggio chi irride! Il sangue, il cor, l’età ci ravvicina, E l’arte, amor d’entrambi, ci divide.
Anch’io gl’intesi i primi inni guerrieri Sonar ne la città sacra a le genti, E scendere a fiumane i reggimenti Per le solenni vie belli ed alteri! Scendean raggianti, tempestosi e neri Fra i muti chiostri e gli alti monumenti, E le grida e i singhiozzi dei redenti Eran dell’onda armata i messaggeri; E mentre qui tra le fraterne schiere Rompea la folla, le invocate lame Baciando e i volti amati e le bandiere, Fuggìa di là stravolto e fremebondo, Coll’onta in core, il mercenario infame E rovinava sui suoi passi un mondo.
Bella turchetta coi cerchioni agli occhi Che scendi a lesti passi per la china E sgonnelli la veste cremesina E lunghe umide occhiate ai Franchi scocchi, Perchè, ligia al voler dei turchi sciocchi, Col tuo candido vel di monachina Copri il visetto bianco di farina Mentre mostri benissimo i ginocchi? Vedi cos’è passar lunghe giornate Con le gambette in croce sul cuscino! Bella turchina, hai le gambette arcate. Ma il piede è così dritto e così snello, E tutto, fuor che l’arco, è così fino… Ahi, me infelice, che anche l’arco è bello!
Scrivi e riscrivi, e nè cortesi accenti Nè il suon d’un plauso animator riscoti, E i versi tuoi non leggono che i proti E i vecchi amici e i prossimi parenti. Ed ogni via dell’arte invan ritenti E stilli e ponzi e t’agiti e t’arroti, E il grave incarco dei volumi ignoti Tra la folla che passa, urlando, ostenti. Invano, invano! Di tue veglie amare L’informe opera, morta anzi che nata, Nel gran mar dell’obblío tonfa e dispare; E più t’ostini, e con più alto riso E più sdegnosa man, l’inesorata Gloria ti sbatte le sue porte in viso.
T’ho vista al Circo, bruna maledetta, E m’hai messo le fibre alla tortura… Avevi indosso la tua veste oscura E un giglio al capo e al collo una crocetta Ed era ogni tuo sguardo una saetta Ed ogni riso una morsicatura, E con lasciva e perfida impostura Stavi al tuo sposo avvitichiata e stretta; E vedendo piegar sotto i lucenti Ferri la testa fulminata i tori, Le nari aprivi e digrignavi i denti; E fiutavi il sangue sulle arene, Bruna feroce, e ti fuggía dai pori L’inferno che ti bolle entro le vene.
Vago fanciullo biondo Dagli amorosi e grandi occhi severi Che guidi pei sentieri Il padre vecchio, cieco e vagabondo, Che tu sia benedetto, O fanciulletto pio, forte e gentile; Come mi sento vile, Come mi sento vile al tuo cospetto! Mentre l’obolo mio Ti porgo, umile tu levi il cappello… Ah no, non sei tu quello Che di noi due s’ha da scoprir: son io. Io che stempro in parole Gli affetti che in sublimi atti tu rendi; Io rifletto e tu splendi, Io son lo specchio e tu, fanciullo, il sole. Va, eroe dall’umil volto, Di sentiero in sentier, pensoso e muto, Col genitor canuto Nell’infinita oscurità sepolto; Va, fanciullo, e la brezza Dei monti a te sia mite e al tuo protetto E trova ad ogni tetto Una moneta, un pane e una carezza. E quando da la guerra Del mondo il padre tuo vinto ed oppresso Lasci il tuo breve amplesso Per l’amplesso immortale de la terra Che tu possa, indomato Lottator, d’ogni avversa ira più forte, Alla domata sorte Tutti i beni strappar che t’ha negato; E aver l’oro, e l’ebbrezza De la gloria, e d’un angelo la mano; Nessun trionfo umano Sarà più grande della tua grandezza. Va, fanciulletto pio. Guida pei monti il cieco vecchierello, Ma tieni il tuo cappello; S’un di noi due s’ha da scoprir, son io. E non è che uno stolto Vano pudor che mi trattiene il core Dal chiederti l’onore Il grande onore di baciarti in volto.
Salve, o gran mar! Come un eterno aprile Al canto sempre il riso tuo m’invita E mi fa ne la carne invigorita L’onda bollir del sangue giovanile. 5Salve, adorato mar! Sgomento al vile, Tripudio al valoroso, all’egro vita, Mistero immenso, gioventù infinita, Bellezza formidabile e gentile! T’amo allor che l’immane ira nei liti 10Frangi, dei lampi al funeral bagliore, Amo i tuoi flutti enormi e i tuoi ruggiti; Ma più assai de’ ruggiti il tuo susurro Lento e solenne che addormenta il core, O sterminato cimitero azzurro.
Addio, berberi, negri, arabi, mori, Palme gentili, carovane erranti, Bei cavalieri dai bianchi turbanti, Pianure immense vermiglie di fiori, Negre gemmate dagli ardenti amori, Opulenti pascià, schiavi tremanti, Torri cinte di teste sanguinanti E minareti dai mille colori! Addio. Passaste omai. Dal vostro impero, Dopo un anno d’ebbrezza e di tormento, Sprigionai, giubilando, il mio pensiero; Ma un subito dolor vinse il cor mio Come se immota e triste in quel momento Tutta una gente mi dicesse addio.
Che belle ore passammo, ardenti e lieti, Sulle rive del Bosforo divine, Tra le villette gialle e porporine, All’ombra dei leandri e dei roseti! Che belle ore sul mar, taciti e queti, Stretti alla barca, con le fronti chine, A guardar ne le bell’acque azzurrine Il bianco tremolio dei minareti! Che dolci sere, che superbe aurore Sull’immensa metropoli rosata Dai cento golfi e da le mille prore! Tu avevi il riso di quel ciel nel volto E aprivi al canto l’anima beata… Misero, e dopo un anno eri sepolto.
Scendi a torrenti, giù, pioggia feconda. Riga il ciel de le tua fila infinite, Ravviva i germi, suscita le vite Nel seno de la terra sitibonda! 5Scroscia ne la città negra ed immonda, Gorgoglia ne le piazze inaridite, Lava i sobborghi, spazza la mefite, Corri, schizza, ringorga, inaffia, inonda! Vedi, tutto si scote e si ridesta 10Sotto ai sonanti sprazzi cristallini, Tutto sgocciola, tremola e fa festa, E dai vetri t’applaudono i bambini E i fiori verso te levan la testa E le donne ti mostrano i piedini.
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