Presto, nell’ora gialla del tramonto, Quando l’azzurro si spegnerà, Chiuderò gli occhi avidi un tempo, E così stanchi al momento. E quando sarò davanti a Dio, Io senza tremare gli dirò: «Sai, Dio, ho fatto del male a molti, E forse del bene a nessuno. Ma è buffo trovarmi col diavolo, Perché mi cucini nel calderone: Non c’è nell’inferno tormento tale, Che in terra non ce ne sia uno peggiore!»
Ecco la sera della vita. Tarda sera. Fa freddo e non c’è fuoco in casa. La lampada è spenta. Non c’è niente Per scacciare l’oscurità che aumenta. O raggio dell’alba, guarda alla mia finestra! Angelo della notte! Abbi pietà di me: Voglio ancora una volta vedere il sole – Il sole della prima metà del Giorno!
Sulle finestre coperte di brina Il gelo di febbraio ha tracciato Un intreccio di erbe bianco latte E di rose d’argento assonnato. Un paesaggio di estate tropicale Il gelo sui vetri disegna. Perché le rose? L’inverno, si vede, La primavera attende e sogna.
Sono nato perché un vecchio poeta Parlasse di me con versi dorati, Perché Dafni e Cloe a 14 anni Su di me mescolassero i fiati, Perché la fidanzata stringendosi a me, Celasse il rossore della promessa. Sono nato per fremere a maggio Nei ricci d’oro di una komsomolka. Bene accolto a corte o in un capanno, Dall’erba indorato e bagnato di rugiada… Se la morte passa in una bara comune, Frettolosa, su ruote sgangherate, Gli amici sulla bara porranno una corona, Perché i petali fremano nello sfacimento. Chi muore nella tomba non è così solo E sventurato, finché profumeranno i fiori. Ornando il letto dove un bambino piange E le pertiche che cingono la tomba, Io sono nato per consolare e indorare L’estasi d’amore e della morte il tormento.
Molto ho visto e molto ho conosciuto, Ho conosciuto l’odio e l’amore, Ho avuto tutto e tutto ho perduto E tutto nuovamente ho ritrovato. Ho conosciuto il gusto della Terra E, di nuovo avido della vita, Ho posseduto tutto e di nuovo Di perdere tutto ho temuto.
Solletico di labbra e frescura di denti, Fuoco che vaga nei meandri del corpo, Sudore tra i seni…E questo è l’amore? Questo è tutto ciò che volevi tanto? Sì! Passione che acceca la vista! Ma la notte passa, lieve, come uccello… E io ho pensato: l’amore è come il vino, E per sempre puoi ubriacarti con quello!
Ecco l’estate di san Martino – Giorni del caldo di commiato. Riscaldata dal sole tardivo, La mosca si è rianimata. O sole! Che c’è di più bello Dopo un giorno di gelo?.. Una trama di tenui ragnatele Avvolge un rametto troncato. Domani pioverà leggermente Da una nube che coprirà il sole. Le ragnatele d’argento Vivranno tre giorni soltanto. Pietà, autunno! Dacci la luce! Proteggi dal freddo buio! Pietà, estate di san Martino: Le ragnatele siamo noi!
Infelice, malato e viziato Nell’umido giardino vaneggio. Fischia l’usignolo di mezzanotte Sotto una finestrella. Fischia l’uccello maledetto Nel giardino sotto la finestrella: «Infelice, viziato e ubriaco, Quale destino vorresti? Di sorbo è amaro e di mirtillo Il trentesimo autunno nel sangue. Tu stesso la sorte ti sei dato, Accarezzala ora e campa. Ricordi quando nell’infanzia lieta Una stella si fregava gli occhi E sul giardino il vento era salato, Come le labbra di bimbo che piange? Ricordi quando nelle notti afose, Solitario tra le stelle e le querce, Io trillando ti profetizzavo Successo e amore?..» Taci uccello disumano! Cupo è il tuo amaro potere: Di più non si può scendere, Più in basso non si può cadere. Di sorbo e di amaro mirtillo I sentieri sono saturi nel bosco. Io stesso la mia pena mi sono dato E solo con essa sarò sepolto. Ma quando la terra dalla pala Rotolerà nella fossa, risonando, Tu diverrai un corvo, maledetto, Per avermi così burlato!
La casa è distrutta. A fiotti l’acqua Sgorga dalle condutture. Sul selciato masserizie ammucchiate, La casa è come un morto sezionato. La soffitta è bruciata. Come sipario La facciata si è mossa. Lungo i piani s’è divisa in tre, La vita nelle dimore si mostra. Nella casa ce ne sono tante. In una più in basso un pianoforte. Frammenti di note sui ripiani, La maschera di Liszt a una parete. In un’altra una veduta diversa: Parati di colore sgargiante, Un samovar rovesciato… Là il cuore della casa, qui l’interno. E sulle cose – una vecchia smorta E un giovane non più fresco di lei. La prima volta che siedono insieme, Inquilini di piani diversi! Adesso tutta la loro vita segreta E’ svelata. Appare ogni peccato… In ogni caso la bomba è democratica: Con una sola disgrazia rende tutti uguali!
Che fare? Mi siederò su una pietra, Ascolterò il pianto del rigogolo. Vedrò le case con le tavole inchiodate, Abbandonate dagli abitanti. Ancora non è un anno da quando Hanno taciuto i loro passi. Ma sembra che la natura sia felice Che la gente se ne sia andata. I vicini di notte furtivamente Hanno tolto gli steccati per fare legna, Sui lisci campi di cricket Cresce verde l’erba. Dimenticati gli ultimi proprietari, Tutta la casa s’è inselvatichita, Sulle pareti, sui tetti, sulle imposte Il muschio avanza senza fatica. Dal verde selvatico rampicante La soglia ormai è ostruita, Dappertutto imperversa la fragola, Che prima a crescere non riusciva. E se prima nei nidi gli stornelli Si ambientavano a stento, Adesso i fringuelli di primavera Fanno un chiassoso concerto! Sembra che dal nostro secolo Siano passati secoli di abbrutimento… Così la natura le tracce dell’uomo Fa sparire in un momento!
La piu grande biblioteca online di poesie in italiano